In Alessandria, nelle terre del quartiere Cristo, c’era una volta l’antica “Cascina della Boida”. Abbattuta nel 2024

Lungo la strada che porta ad Acqui, in zona Cristo, proprio adiacente all’attuale coso Acqui al civico n.223, ubicazione dell’ultima attività commerciale ivi esercitata (nota 1), si elevava un vecchio manufatto di rossi e talora un po’ vetusti mattoni. Era la cascina che da secoli gli alessandrini che transitavano per uscire dalla città e recarsi a Cantalupo o per andare verso il mare, incontravano immancabilmente sulla loro destra. L’ingresso abitativo era in mezzo ai campi per aggirare le costose gabelle imposte a chi cercava una comoda uscita sulla pubblica via. Dapprima si incontrava un lungo corpo di fabbrica che comprendeva il corpo abitativo e rustico che si prolungava infine verso i campi con una serie di strutture che faceva veramente piacere guardare per la bellezza e la possanza delle loro ardite articolazioni ad archi. Il corpo di fabbrica abitativo che aggettava sulla pubblica via possedeva due o tre vecchie serrande chiuse ormai da decenni. Aggirando queste mura si incontrava il grande cancello d’ingresso che dava l’accesso ai locali abitativi interni ed un altro accesso alla zona rurale con due imponenti pilastri in mattoni pieni che ancora affascinavano per la loro maestosità. La Boida era una presenza rassicurante che accompagnava gli alessandrini, del Cristo e non, che transitando da quei paraggi potevano pensare di avere una bella fortuna di potere ancora vedere dove e come vivevano i nostri vecchi. Anche per noi, che da bambini e giovani ragazzi, prima di diventare adulti, frequentavamo quei luoghi, la vecchia cascina era una presenza rassicurante. Passati molti anni, un brutto giorno si è sparsa la voce che un supermercato avrebbe preso il suo posto. Un giovane amico, la cui nonna abitava proprio in una casa di fronte, il prof. Matteo Timo, ci diede la sveglia avvertendoci-Renzo Penna ed io che scrivo- di avere fatto i suoi passi presso istituzioni ed enti competenti, ma aveva sempre ottenuto risposte interlocutorie e deludenti. Ci disse pure che aveva scritto un libro sulla “Intangibilità dei beni culturali”. Pertanto qualche competenza l’aveva ed aveva scritto alla Sovrintendenza citando le leggi da lui ben conosciute e descritte.

Quello che segue, dunque, è il resoconto un po’ affannato ed affannoso di come un buon numero di cultori del paesaggio e delle cose antiche hanno vissuto gli ultimi giorni di quella “nobile” antica presenza alessandrina. Chi scrive, in un primo slancio di incontenibile emotività, ha pensato bene di dare la parola a quella Cascina stanca, un po’ decadente ma stoicamente in piedi e ancora capace di coltivare le sue affettuosità abitative con tanto di buca delle lettere e nome e cognome di chi in essa trovava dignitosa e rassicurante dimora, come in una moderna abitazione.

Con parole affidate alla povera vecchia struttura, che finalmente può dire la sua, vediamo un po’ cosa ci dice l’antica Cascina alessandrina nel 2023.

Ascoltate bella gente /E prestatemi attenzione./Oggi sono ancora qua/ma domani, chi lo sa…?/Pensate che davanti a me/ son passati più soldati/che con il Grande Napoleone/nella piana di Marengo./Io c’ero quando i cavalieri/delle Grandi Potenze che/facevano la storia d’Europa,/baldanzosi assediavano la Città./Ero lì che soffrivo ed ansimavo./Le più belle e antiche /mappe del “seicento” /scrivono il mio nome/e disegnano i miei muri./Di me hanno parlato,/Gerolamo Ghilini ,/ Francesco Gasparolo/E il sindaco Basile./ Ancora adesso ho muri in piedi/ed archi possenti di rossi mattoni./Sono in mezzo a quei campi/che con me videro tante genti/con le armi dell’Europa intera./L’impatto sulla comunità/dell’insediamento commerciale??/Ma a me chi ci pensa?/Io son la vostra storia,/ eppur mi abbatteranno,/ senza affanno e senza gloria./Come chi sono… son La Boida!/Cugina dell’Aulara e della Moisa,/ma senza una voce convincente/ ,ad imprecar le mie ragioni./La mia residua unica gloria?/La leggerete su un libro di Storia: “Una volta al Cristo c’era la Boida/ ora c’è un bel supermercato.

(Puntualmente, guarda un po’ i casi della vita, quelle profetiche parole si stanno qui-nel 2025- materializzando.)

Nel 2023, senza neppure un reverente pensiero per un bene decisamente di interesse storico, terreno e costruzione sono stati oggetto di compravendita, con destinazione la costruzione di un supermercato. Ovviamente dopo il completo abbattimento delle possenti mura ancora esistenti dell’antica Cascina. La notizia si sparge e fa soffrire gli amanti delle costruzioni antiche alessandrine che un destino barbaro e crudele ha costantemente perseguitato. E i rompiballe, che non lasciano tranquilli i privati ed i loro affari, si fanno timidamente vivi. Finalmente si alzano delle voci contrarie all’abbattimento la cui autorevolezza è fuori discussione. Per la mia riconosciuta passione per le storie alessandrine anch’io vengo coinvolto da un ex praticante di successo su quello che si comincia a chiamare “il caso Boida”. Sentite un po’ cosa scrive il giovane amministrativista sensibile ai ricordi famigliari: “La nozione di bene culturale risente, ora, delle definizioni che della stessa hanno dato gli atti normativi internazionali. In modo particolare si tratta della Convenzione Unesco sulla protezione del patrimonio mondiale culturale e naturale del 1972, la Convenzione Unesco per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale del 2003 e la Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la società del 2005 […]. Il “bene culturale” è stato definito come “testimonianza materiale avente valore di civiltà. L’autorevole giurisprudenza del Giudice amministrativo legittima un’indagine storicistica per tutte quelle cose che presentano connessioni con le comunità, con la loro storia e con la loro matrice identitaria.” Ben detto amici legislatori e ben scavato vecchia talpa, Quando competenze e sensibilità si incontrano, non possono che nascere buoni frutti. Con la cultura non si mangerà ma con le leggi la cultura si difende e con le testimonianze materiali aventi valore di civiltà tutti dobbiamo fare i conti. Mica solo quelli della Sovrintendenza! Tranquilla Cascina Boida hai trovato uno che è capace di scrivere oltre 200 pagine sull’ “Intangibilità dei beni culturali”, e che ora prende le tue difese. Auguriamoci che tu, vecchia costruzione di rossi mattoni delle antiche fornaci alessandrine, possa passare l’esame della storia che ti deve dare la patente di “testimonianza culturale avente valore di civiltà”. Per te l’intangibilità è una parola grossa che non conosci di certo, ma è proprio questa la parola che dovrà essere pronunciata per salvarti. Prega e spera in una benigna interpretazione dei tuoi e nostri diritti.

Per intanto le tutele citate da questo studioso in diritto amministrativo ed attento alle cose del Cristo, sono diventate la voce della Boida e un ostacolo per chi la vuole abbattere. E per buona sorte dell’antica cascina è pure iniziata la girandola delle testimonianze di cronaca e di storia che si levano per tentare di costruire un argine contro l’abbattimento, nella speranza (purtroppo vana…) di arrivare ancora in tempo.

L’articolo del giornale Il Piccolo di Alessandria del 6 giugno 2023 fornisce alcuni dettagli documentali. In particolare, il “Progetto di deviazione del Tanaro” del 1593 elaborato da G. Battista Clarici, reperibile in: “Il territorio tra Tanaro e Bormida nei documenti d’Archivio.” – a cura dell’Archivio di stato di Alessandria; “Disegno della roggia d’Alessandria e dei due scaricatori senza i quali la spesa sarà sempre inutile (Dall’Archivio di stato di Milano) -Mappa riprodotta a pag. 10 in “Alessandria 850 anni di Storia, (prima edizione),” -a cura di “Associazione Città futura” – a corredo fotografico di un testo di Alberto Ballerino. Con il giornalista, studioso di cose e fatti storici della nostra Città, Penna ed io abbiamo trascorso una mattinata a discutere sul da farsi, alla ricerca di una strenua e forse tardiva difesa della povera “Boida. E alcuni fatti storici rilevanti sono emersi.

Si sono trovati fondamentali documenti: “Alessandria assediata dall’armi di Francia, li 17 luglio 1657”, contenuto nel volume “Alessandria nelle antiche stampe”, pag. 64, a cura di Pier Luigi Portinari e Anna Bianchi, Giorgio Tacchini Editore. Lo stesso avvenimento storico militare è riprodotto in un prezioso disegno a penna ed acquerello su carta a cura di G. F.Pert (In Asal, serie III- Ascal cat.XVII, n.2262/2. In “Alessandria dal risorgimento all’Unità d’Italia” -Vol. I-Ed. Cassa di Risparmio di Alessandria spa. Fondazione CRAL, a pag. 39, a corredo fotografico del testo di Paola Bianchi, “La cittadella di Alessandria fra sette e ottocento”. Si precisa che in tale documento la cascina Boida è disegnata con un significativo schizzo che, a ben vedere, delinea le sembianze attuali.

Nel volume/fascicolo “Vittorio Amedeo Ghilini secolo XVIII” redatto da Francesco Gasparolo, edito nel 1898 e conservato in disparate biblioteche (fortunatamente anche nella mia) si può leggere pag.42 ove, in nota 1, lo storico fa una descrizione fondamentale, dal punto di vista storico documentale, della cascina Boida nella sua consistenza fattuale a far tempo dal 15 novembre 1729. E’ il tempo dell’acquisto da parte della famiglia Ghilini. L’insigne storico alessandrino precisa il nome del precedente proprietario, tal Bartolomeo Sardi, canonico della Cattedrale, del fu Sargente Maggiore Carlo. Un Sardi viene citato dal Ghilini nei suoi famosi annali del 1666 ed indicato quale insigne condottiero alessandrino.

Orbene il Gasparolo ci dice che alla data del 15/novembre/1729 “la massaria della Boida consiste in un corpo di case civili e rustiche, con chiesa e cassina cintata da muro all’interno”, La Chiesa della Boida era “posta quasi nel centro delle loro abitazioni”, non era officiata e pertanto nel 1807 gli abitanti del Cristo si rivolsero al Vescovo perché pregasse il Ghilini ad aprirla pubblicamente , essendo troppo gravoso il recarsi in città alla parrocchia di Santa Maria della Neve e della Corte. (L’attuale chiesa di San Lorenzo)”. Questo scriveva don F.Gasparolo nel 1889.

Innumerevoli sono le indicazioni topografiche successive in cui la cascina Boida è ben presente nella consistente sua struttura, molto simile all’attuale. Ma c’è di più: a cura dell’Archivio di stato di Alessandria esiste un significativo documento digitalizzato dal “Ministero della Cultura- Direzione Generale Archivi” – Roma (Archivio digitale.icar.beniculturali.it…) che è così titolato: “Fiume Bormida, località quartiere Norberto Rosa; cascine Moisa e Boida”. Catalogato alla serie III del Catasto Sabaudo, Mappe- Cantone Gamondio. Al foglio 3 è riprodotta la copia della parte del foglio catastale 8/2, con puntuale rilievo della Cascina Boida ai mappali 1909-1910- con rilievo molto simile all’attuale sistemazione della cascina in questione.

Ma è mai possibile che con tutti questi elementi storici pubblicamente riconosciuti, per quelli della Sovrintendenza debba essere necessario lo scritto di un perito, cioè una relazione peritale di uno che abbia l’imprimatur di storico sopra ogni ragionevole dubbio? Mah, misteri delle leggi e della giurisprudenza che le interpreta. Comunque tranquilli: nel 2024 la povera Boida l’hanno buttata giù. Tanto per la precisione storico-antropologica alessandrina. E noi suoi strenui ed ingenui e forse un po’ tardivi difensori dobbiamo accontentarci di avere tenuta alta l’attenzione su un problema storico ambientale, diciamo così, di rilievo. Ma le tante fotografie che abbiamo scattato Renzo Penna ed io, sono nei nostri archivi, pronte a diventare visibile se non tangibile testimonianza di cosa ci siamo persi. Se ancora ci saranno le mostre fotografiche- in questi nostri tempi tristi, stanchi di portare quotidiani pesi di nuove paure esistenziali, che fanno passare in secondo o terzo piano i fatti di cultura-, i nostri scatti sono a disposizione. Sono frammenti di immagini che si dispiegano come una dolceamara poesia alla nostra amata Boida. La poesia procede per frammenti di immagini, appunto.

°°°

Noterelle a margine di una descrizione della Cascina Boida che più che la storia di una Cascina alessandrina è la narrazione di un momento di vita cittadina vissuto emotivamente come una “violenza” ad un bene culturale avente valenza di civiltà. Beninteso per pochi illusi amanti delle cose antiche di casa nostra che stanno ancora in piedi da sole, con dignità e in fiducioso silenzio.

Nota 1) A pag.57 del saggio di Penna Renzo “Vittime Dimenticate si legge una interessante testimonianza di Pierino Barbarino: Aveva sei anni ed abitava con la madre Teresina Testore, in via Belloni numero 3, proprio di fronte alla Cascina ‘Boida’, da dove si affacciava, su corso Acqui, il negozio di commestibili di Caviggiola. “Ricordo anch’io,-dice l’indimenticabile Pierino pasticciere- negli anni del dopo guerra, quell’omone perennemente fasciato da un grembiule bianco, affacciato all’uscio o appoggiato al bancone della sua bottega”. Nell’annuario della Provincia di Alessandria del 1950/1951, alla voce commestibili in Alessandria si legge: “Caviggiola Edoardina, via Acqui 43”.

Nota 2) Il nome Boida pare perdersi nella notte dei tempi, potendo derivare da una nobildonna alessandrina discendente dall’importante famiglia dei Boidi di Castellazzo, quel Gamondio cofondatore di Alessandria(1168). Il Nobile Pietro Civalieri nelle sue “Memorie storiche di Alessandria”, curate da R.Livraghi, Gl.Ivaldi, e Gian Maria Panizza, nella parte prima, (anni 1759-1821), a pag. 38, ci dà un ‘ampia descrizione di alcuni Ghilini. Di D.Tommaso, morto nel 1770 all’età di 76 anni, tra le altre cose scrive: “Figlio di una ereditiera che aveva messo in qualche agio la famiglia. Si è di lui che dicesi che molti B. abbiano concorso a dargli fortuna. La Bormida con corroder rapidamente le sponde opposte gli aumentava un’isola che egli aveva fra essa ed il Tanaro, il di lui fattore di nome Barsella con ingiuste opere di fatto sulle sponde di quei fiumi ne coltivasse la corrosione alla riva opposta. Nella famiglia vi era entrata un ‘eredità portata da una Boidi. La Bassetta gli fu ognor propizia”. Una bassetta di nome Boidi in epoca remota aveva portato beni al patrimonio immobiliare di famiglia. Li il Civalieri si ferma ma personalmente posso aggiungere che dalle mie ricerche catastali sui beni della mia famiglia nelle terre di Gamondio ho trovato alcune terre confinanti indicate come di proprietà di una certa Nobildonna Laura Boida, e non Boidi. A proposito di una Boidi Bassetta mi piace ricordare che c’era, a duecento metri di distanza dalla grande Boida, una cascina che si chiamava “Boidina”. Infine rilevo che in una cartina dei luoghi del 1593, denominata “Progetto di tagli del Tanaro” a cura di G.Battista Clarici, lungo la strada che esce dalle mura di Alessandria e prosegue diritta, denominata strada di Savona, si legge sul lato destro della strada: “Cascina della Boida”. Segno evidente che nel 1593 la Cascina veniva attribuita ancora alla proprietà di una certa signora Boida.

Nota 3) La zona tra settecento e ottocento. La Boida era così tanto importante che ancora nel censimento del 1858 viene gratificata del riconoscimento comunale di “zona (o isolato) della Boida”, nella quale erano individuate e censite ben tredici cascine con i relativi fuochi. Alla “Cascina Grande” venivano attribuiti tre fuochi, cioè tre famiglie.

Nota 4) Tra tanti riferimenti storici per tenere vivo il ricordo della Storica Cascina Boida mi pare utile riferire che c’è pure chi dice che secondo rilievi con il geo goniometro(fatti da chi, quando, mistero), sotto le sue spoglie ci sarebbero tracce di una “mansio romana”, stazione di posta per cavalli, nonché una sede dei Templari. In totale assenza di prove certe mi limito a segnalare il fatto che ho letto in Facebook. Auspico che la curiosità di tanti possa portare a qualche approfondimento scientifico e documentato.

Sui Templari in Alessandria ho letto saggisti come: Massimo Centini, Bianca Capone, Loredana Imperio, Enzo Valentini ed infine Pierluigi Baima Bollone. Tante e suggestive sono le supposizioni e le ipotesi. Addirittura si parla di due cascine intorno e dentro Alessandria e di una località posta davanti alla Caserma Valfrè. Il cenno mi pare doveroso viste le fatiche delle mie ricerche per trovare riscontri che purtroppo non ho reperito in quella consistenza che ritengo doverosa.

di Mario Volante

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