Si sente talvolta dire: “i salari italiani sono più bassi perché la produttività dei lavoratori è più bassa rispetto agli altri paesi europei. Una grande menzogna. Intanto (basta leggersi la rivista di economia critica , on.line, “Sbilanciamoci” – che ha dedicato molto spazio al tema) l’orario annuale medio di lavoro in Italia è sensibilmente più alto di altri paesi, soprattutto della Germania. Dove si lavora più di duecento ore in media meno dell’Italia. Ma in Germania la produttività è nettamente più alta. Quindi non è certo colpa dei lavoratori. Sbilanciamoci ha fatto anche una analisi storica per dimostrare le vere cause della bassa produttività. Partendo dal 1995, anno in cui furono fatte privatizzazioni in serie, smantellando completamente il sistema delle industrie e delle banche pubbliche, che avevano rappresentato la intelaiatura su cui si era basata la crescita economica italiana nel secondo dopoguerra, provocando processi di de-industrializzazione, la scomparsa della grande industria, con assoluta mancanza di politiche industriali. Bassissimi investimenti in ricerca e sviluppo e nell’innovazione. Avvio della precarizzazione del lavoro. Per cui nel nord abbiamo avuto un sistema di imprese medie che lavorano per le grandi aziende tedesche, sono dipendenti da esse, e rendono dipendente dalla Germania tutto il sistema industriale “Padano”. Si è poi ampliato il settore, per definizione a bassa produttività, del commercio, degli stabilimenti balneari, della ristorazione, dove spesso i lavoratori sono super – sfruttati con salari da fame e orari di lavoro molto lunghi. Il tutto si inquadra poi nel processo di precarizzazione del lavoro ed in sistema di leggi tutte a favore delle imprese ed a sfavore dei lavoratori. Studiosi seri come i compianti Giorgio Ruffolo e Luciano Gallino, hanno ampiamente dimostrato come le varie forme di flessibilità riducono la produttività del lavoro. Di tutte queste cose sono stati responsabili, con maggiore o minore intensità, tutti i governi che si sono succeduti in questi trent’anni, al di là degli schieramenti politici. C’è poi una tendenza endemica del capitalismo italiano o di parte di esso, ad essere competitivi abbassando salari e tutele. Ma prima era fortemente controbilanciato da un sindacato forte e dalla presenza di imprese pubbliche. Insomma un limite forte dell’economia italiana sta in quella che viene chiamata la variabile “schumpeteriana”, il basso livello di innovazione. Che verrà ancora più abbassata dal presente disastroso governo, che tende a favorire i settori a bassa produttività, a legiferare per accrescere i contratti precari. Giustamente Landini ha messo in evidenza come le stesse statistiche sulla disoccupazione applicate in Itali sono farlocche, venendo considerato occupato anche uno che lavora un’ora alla settimana. Gallino mise in evidenza come la signora Thatcher per dimostrare che l’occupazione aumentava cambiò 15 volte i criteri per calcolare la disoccupazione, per dimostrare che poi l’occupazione cresceva. E veniva considerato occupato un giovane che distribuiva volantini pubblicitari due volte alla settimana. Lo stesso avviene in Italia. Qui si avverte la assenza di una opzione laburista da parte di quella che dovrebbe essere la sinistra italiana. Dare centralità alla soggettività del lavoro. Che comporta alcuni corollari: drastica riduzione (sul modello spagnolo) dei contratti a termine; contrastare le privatizzazioni nella sanità, e favorire ed ampliare il welfare pubblico con forti assunzioni di personale. Forti investimenti pubblici nella transizione ecologica , nel combattere il degrado del territorio, accrescere gli investimenti in ricerca e sviluppo, favorire i trasporti pubblici e in particolare le reti ferroviarie regionali. L’obiezione è pronta: “ma con il debito pubblico che abbiamo non possiamo fare investimenti se non con lo scostamento di bilancio“, credi che uno scostamenti di bilancio sarà necessario, certo non per fare la bufala del Ponte sullo Stretto di Messina (che non si farà mai). Ma non c’è solo lo scostamento di bilancio. Per finanziare investimenti pubblici, ci vuole la leva fiscale, ristabilendo la progressività, combattendo la gigantesca evasione (giustificata da questo governo che parla di “pizzo di stato), ma anche aumentando la base imponibile, tassando rendite e patrimoni, in una realtà dove cresce sempre di più la disuguaglianza tra redditi e patrimoni, e l’aumento della povertà.
Potenza, 4 ottobre 2023
Giuseppe Giudice
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