Ha ragione in nostro civis Bruno Soro quando ci ricorda che “nel ’94 ci furono 71 morti in tutto il Piemonte di cui 13 ad Alessandria, ma che anche se il rischio zero non esiste, da quella esperienza é nata la legislazione nazionale per i danni da eventi alluvionali; é sorta la Protezione civile; sono state create le Autorità di Bacino, che hanno promosso studi idrogeologici a seguito dei quali in 20 anni sono stati eseguiti lavori per la messa in sicurezza, sono state trasferite in altre aree attività produttive ed é stata rivista la normativa urbanistica.” Un richiamo alla realtà dei fatti, ad una legge (quella istitutiva delle Autorità di Bacino del 1983) che ha dovuto affrontare le forche caudine della drammatica alluvione del Novantaquattro per iniziare ad essere seriamente realizzata. Un riferimento, freddo, ai numeri di quella durissima prova, frutto anche di sottovalutazione dell’evento, di fax inviati e scomparsi, di timori nell’avvertire per tempo le popolazioni, quando erano chiare le dimensioni della tragedia. Giusto anche il riferimento al servizio di “Protezione Civile” che, finalmente – dalla metà degli anni Novanta del secolo scorso- ha cominciato a funzionare “ a rete “ mettendo in collegamento tutte le realtà locali, più o meno volontarie, con le autorità civili e militari che hanno questo compito nel mansionario. Un compito, quello dell’analisi degli eventi, della loro prevenzione e della messa in atto di azioni efficaci di sgombero, trasferimento proprietà, animali e abitanti, rilevantissimo dal punto di vista sociale e politico, nel senso più ampio del termine. Forse avrebbe dovuto aggiungere che il decisore politico, il sindaco, il presidente di commissione competente, gli stessi consiglieri, avrebbero dovuto avere informazioni aggiornate riguardo ai fatti, alle motivazioni e ai possibili sviluppi. La politica amministrativa, tranne che nei suoi vertici (vedi Sindaco, Presidente di Circoscrizione, Presidente di commissione competente) ha seguito pedissequamente quanto veniva suggerito dalle autorità di governo nazionale (soprattutto le Prefetture) più ancora che dai deboli segnali provenienti dall’Ente Regione. Una “gestione di garanzia” (non mi permetto di usare il termine “blindata”) che doveva portare a due obiettivi prioritari: il massimo della sicurezza possibile con interventi puntuali sul territorio prossimo e l’utilizzo di interventi grandiosi di insieme (come le regimazioni d’alveo in zone economicamente poco interessanti o le mitiche aree di laminazione) solo in casi di particolare necessità.
Secondo il nostro Presidente di associazione Renzo Penna la necessità esiste, eccome. Infatti, in una sua reazione alle recenti gravissime esondazioni in centro Europa ci ha ricordato….” ma ad Alessandria, citta’ fra due fiumi che ha gia’ subito un tragico evento nel novembre ’94, cosa aspettano il Comune, la Provincia, le forze politiche, i media locali, i cittadini a rivendicare con la massima forza alla Regione e al Governo l’urgente realizzazione delle previste “casse di laminazione” a monte della citta’ per ridurre la portata delle future e prevedibili piene? Non si imprechi e ci si lamenti dopo, si agisca subito! Con l’aumento e l’intensita’ dei fenomeni climatici estremi il futuro e’ già scritto!” . Parole che ci sentiamo di sottoscrivere.
Cosa è di nuovo successo…?
Dopo settimane di precipitazioni che avevano già saturato i suoli, circa 150 mm di pioggia in una giornata hanno innescato la piena. Un disastro la cui entità evoca scenari da Sud Est asiatico, quando invece ci troviamo in Germania. Un episodio dovuto alla persistenza per giorni sulla stessa area geografica di una specifica condizione metereologica, coerente con i cambiamenti climatici in corso e l’inadeguatezza dei territori verso fenomeni sempre più estremi. Antonello Pasini fisico climatologo del Cnr, insegna fisica del clima e sostenibilità ambientale ci ricorda, in breve cosa è avvenuto: “Innanzitutto eravamo reduci da un anticiclone che ha invaso il Nord Europa determinando una situazione in cui il mare era molto caldo, una problematica diventata abbastanza tipica con il riscaldamento globale che porta più energia in atmosfera e che ha di fatto esteso verso Nord una circolazione di tipo tropicale, quindi questi anticicloni ora riescono ad arrivare anche a latitudini elevate. In questo caso c’è stata quella che noi chiamiamo “goccia fredda”, una grande quantità di aria più fresca che è calata da Nord per controbilanciare l’aria calda proveniente da Sud, e che si è installata sulla Germania. Inoltre noi a queste latitudini siamo abituati a vedere la circolazione atmosferica che va da ovest verso est, dei treni di onde in transito che portano a giorni di tempo buono, poi un po’ di variabilità, poi due giorni di tempo meno buono ecc. Quanto accaduto in invece è dovuto ad onde molto più lunghe che si innalzano dai poli verso l’equatore e viceversa; quando sono così lunghe le onde si fermano e fanno permanere sul territorio una situazione come questa anche per giorni. È quella Pasini definisce “una situazione di ‘blocco’ che può riguardare anche il fenomeno opposto, quello delle ondate di calore che sono molto forti e molto lunghe. Sicuramente al disastro avvenuto in Germania concorrono anche altri tipi di fattori, ma dal punto di vista climatico si è trattato di un fenomeno impressionante”
Per concludere…nel passato la frequenza di eventi di questo tipo si calcolava fosse di uno ogni 20.000 anni. Nelle condizioni attuali si calcola potrebbe avvenire ogni 400 anni. Ma se la temperatura aumenta di due o tre gradi, può succedere anche ogni 20 anni”. D’altra parte ne conosciamo le cause: aumento gas serra, deforestazione, agricoltura e allevamento non sostenibili, possiamo quindi fare qualcosa affinché gli effetti dannosi di queste attività vengano ridotti. Dal punto di vista di principio, anche politicamente, in Europa ci stiamo muovendo in un modo senza precedenti. L’influenza di determinate lobby è ancora forte e mette dei limiti a quella che deve essere una vera e propria transizione ecologica globale, non solo energetica. Ma sarà dura. A confermarlo è Luca Mercalli, da poco presidente del Comitato Scientifico nazionale dei Verdi italiani che ci ricorda senza giri di parole che tra una trentina d’anni chi vive nel Delta del Po o nella laguna veneta dovrà scappare perché “avrà il mare nel salotto di casa”. Anche in Italia, come in molte altre aree del pianeta, ci saranno profughi climatici.
E pensare che tutti i modelli di simulazione climatica descrivevano lo scenario che si sta ora concretizzando. Tra l’altro non era necessario attendere le catastrofi di questi giorni per fare queste considerazioni: in Italia il 3 ottobre del 2020 una grave alluvione ha colpito le Alpi Marittime, tra il Piemonte e la Francia, dove sono caduti 500 millimetri di pioggia in un solo pomeriggio. Per fare una proporzione, in Germania ne sono caduti tra ieri e oggi tra i 150 e i 200. Nei prossimi anni possiamo aspettarci solo un peggioramento della situazione, possiamo però scegliere di quanto peggiorare. L’accordo di Parigi dice chiaramente che se interromperemo l’emissione così massiccia di gas serra potremo contenere l’aumento della temperatura nel limite di due gradi entro la fine del secolo. Se invece non faremo nulla e continueremo ad adottare un modello economico predatorio e inquinante l’aumento della temperatura, entro il 2100, sarà di 5 gradi. Si tratterebbe di uno scenario catastrofico soprattutto per le generazioni future. Ma, a quanto pare, interessa poco…fino a quando succedono disastri come quello ultimo in Germania.
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