Cancellare il debito. Christine Lagarde dice “no”

Cosa fare con il debito pubblico contratto dall’inizio della pandemia Covid-19? Già, bella domanda, e il bello è che non riguarda solo l’Italia ma un po’ tutti. La questione deriva dal fatto che le spese sanitarie sono schizzate a livelli mai visti prima, interessando Stati “robusti” come la Francia, la Gran Bretagna, l’Olanda, la stessa Inghilterra con variazioni di spesa, rispetto al 2018 anche del duecento per cento. Di lì la presa di posizione forte di un centinaio di economisti di vaglia, tra cui Thomas Piketty e l’ex ministro belga Paul Magnette, che hanno fatto appello alle istituzioni europee per chiedere la cancellazione del debito. Il dettaglio è terrificante: alla fine del 2020, era vicino al 120% del prodotto interno lordo (PIL) in Francia, 20 punti in più rispetto al 2019, 160% in Italia e 100% in media nella zona euro. Ma la proposta è stata accantonata da Christine Lagarde, presidente della Banca centrale europea durante un’intervista al JDD (Journal du Dimanche). Per la dott.ssa Lagarde si tratta di un’ipotesi del tutto fuori discussione, che costituirebbe “una violazione del trattato europeo”. La presidente della BCE ha motivato il suo secco no nel corso di un’intervista televisiva, in cui ha parlato della regola che andrebbe violata in questo caso come di “uno dei pilastri dell’Unione europea” :

Sarebbe una violazione del trattato europeo che proibisce in modo categorico il finanziamento monetario degli Stati. Questa regola costituisce uno dei pilastri fondamentali dell’euro”.

In più, ha replicato le sue posizioni anche in un successivo intervento sui “social” (sia su Tweet che su Linkedin), dove ha etichettato l’eventuale mossa proposta da oltre 100 esperti come “priva di senso economico”: Per l’inflessibile Christine, infatti “la cancellazione del debito pubblico da parte della BCE sarebbe illegale, come ho già detto in una recente intervista. È vietato dal trattato che governa l’Unione europea e non avrebbe inoltre nessun senso economico.” Questo perché – sostiene la presidente della BCE – se è vero che tutti i Paesi dell’area dell’euro usciranno dalla questa crisi con livelli di debito molto elevati, è certo che “tutti riusciranno a ripagarlo, visto che i debiti si gestiscono nel lungo periodo”.

Ma dove è nata quest’ idea?

Venerdì 5 febbraio, quasi 100 economisti di tredici paesi europei hanno firmato una piattaforma per la cancellazione dei debiti “garantiti” dalla Banca centrale europea, in cambio di un “piano di investimenti a livello europeo”. La richiesta mirava, evidentemente, a facilitare la ricostruzione sociale ed ecologica dopo la pandemia Covid-19.

Il forte aumento del debito pubblico a tutela di famiglie e imprese è all’origine dell’operazione. Di fatto ” i cittadini stanno scoprendo, alcuni con sgomento, che quasi il 25% del debito pubblico europeo è ora detenuto dalla loro banca centrale“, hanno segnalato gli economisti. “Questi importi ora ammontano a quasi 2.500 miliardi di euro per tutta l’Europa“. Dichiarazioni che hanno fatto in breve il giro del mondo  e che sono state riprese soprattutto da  Le Monde (Francia), El Pais (Spagna), La Libre Belgique, Der Freitag (Germania) e Avvenire (Italia ).

Utile, al proposito riportare cosa ha detto la presidente Lagarde, solo in parte riportato dalla stampa nazionale: “la ripresa creerà posti di lavoro, e quindi andrà a migliorare la situazione dell’Unione. Ci stiamo muovendo verso un’altra economia, più digitale, più verde, più impegnata nei cambiamenti climatici e nel mantenimento della biodiversità“, ha detto ancora.

Si ritiene sicura che  “il 2021 sarà un anno di ripresa. La ripresa economica è stata ritardata, ma non compromessa. È pertanto attesa con impazienza“. Tuttavia, avverte che gli Stati non torneranno ai livelli di attività economica pre-pandemia fino alla metà del 2022.

È possibile cancellare il debito?

I 100 economisti, all’origine della richiesta, affermano che la cancellazione non è esplicitamente vietata dai Trattati europei e che la storia “ci ha più volte dimostrato che le difficoltà giuridiche sfumano davanti agli accordi politici”.

Ma, a quanto pare, l’establishment brussellese ha altre intenzioni e, per il momento, non intende mettere in discussione nulla.

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