La notizia del ripristino di alcuni servizi nel sobborgo di Casalbagliano è molto bella.
Ma l’agglomerato merita di più, piste ciclabili e podistiche, per godere del verde che lo circonda, e la riappropriazione della sua identità : il castello, o meglio, ciò che ne resta.
Residenza nobiliare nei secoli passati, è stato luogo di aggregazione ancora dopo il Secondo conflitto mondiale:qualche anziano ricorda i balli che si tenevano all’interno della cinta muraria nei giorni di festa.
Oggi a vederlo sembra un rudere senza storia. Eppure di storia ne ha .
Tutto è nato attorno alla torre medievale, punto di un sistema di comunicazione che collegava diverse torri di avvistamento (Teodolinda, Montecastello, Masio ecc.).
Con i Bagliani il luogo divenne una residenza fortificata. Carlo Branciforte, nel XIX secolo, lo trasformò in una raffinata residenza di campagna, arricchita da dipinti e sculture di Mensi e Caniggia e dotata di un esteso parco ricco di molte varietà di piante e fiori.
Nel XX secolo iniziò un lento ma inesorabile declino che vide gli ultimi proprietari cannibalizzare l’edificio, privandolo perfino dei gradini di marmo delle scale interne.
Oggi è una proprietà del Comune di Alessandria, ma in quali condizioni. Sarebbe bello e giusto, per residenti e alessandrini in generale, che si mettesse mano ad un recupero di ciò che resta e dell’area circostante.
La torre può essere restaurata e resa accessibile al pubblico. I muri perimetrali del restante edificio devono essere messi in sicurezza , per l’incolumità di visitatori e residenti. Il contesto, una volta sistemato, potrebbe essere messo a disposizione di eventi, con conseguente vantaggio per le casse comunali.
Chissà che dal restauro non salti fuori qualcosa di interessante dal punto di vista archeologico.
Il tutto dovrebbe essere completato con un’area verde, cancellando quello squallido piazzale.
È una corsa contro il tempo, perché l’edificio è pericolante e il clima muta: sono sempre più frequenti le violente tempeste che si abbattono sulla nostra città e una di queste potrebbe essere fatale, soprattutto alla torre.
Fra il 1998 e il 1999, grazie all’impegno di “Città nuova” e al lavoro degli amici Roberto Livraghi, Franco Ferrando, Carlo Pesce, Mario Mantelli e altri, fra cui il geometra Guazzotti, venne organizzata una serata di sensibilizzazione presso la SOMS e allestita una mostra, nei locali della Galleria Guerci, sul Castello, prima e dopo un ipotetico intervento di recupero.
Per l’occasione l’Associazione stampò anche una cartolina, che venne spedita a tante istituzioni ed enti. Ne fu inviata una anche al presidente della repubblica.
Dopo di allora calò quasi l’oblio.
Un recupero dell’area potrebbe essere un’opportunità economica, soprattutto se si creasse un circuito comprendente Forum Fulvi e il castello di Redabue.
Nel 1998 si ipotizzò un possibile intervento, dai costi contenuti, che avrebbe dovuto coinvolgere il Comune, proprietario e autore di un progetto, la Scuola Edile, fornitrice della manodopera, e la Regione, fornitrice dei materiali. Ma rimase un’idea, forse non era appetibile.
Egidio Lapenta
Commenta per primo