Quando gli anni ’70 volgono al termine Paolo Zoccola, direttore del “Piccolo”, promuove un  dibattito sulla situazione economico-produttiva di Alessandria prendendo a riferimento gli studi del Cedres, curati da Carlo Beltrame, e le analisi di Francesco Adamo. 1
Nel dopoguerra, ricorda il direttore, la città era segnalata come “al centro del triangolo industriale e nodo ferroviario di primordine”. Inoltre, qualche anno dopo, nel pieno del  boom economico, si prefigurava che il “polo alessandrino” avrebbe accolto le industrie genovesi sacrificate tra l’Appennino e il mare, mentre fondamentali “piani piemontesi” attribuivano ad Alessandria il ruolo di area di riequilibrio interregionale. 2
Le ricerche citate, però, offrono una realtà molto differente che vede, a partire dal ’74, Alessandria e la provincia perdere occupazione industriale in maniera significativa, trovare equilibri in agricoltura a più ridotti livelli occupazionali e incrementare di molto un terziario poco qualificato. Un contesto che induce a un ripensamento sul ruolo di un’area e alle prospettive che ad essa venivano assegnate. E i giovani che se ne vanno, o restano sovente senza lavoro, inducono il direttore del Cedres a parlare dell’area di Alessandria  come del “ventre molle” del cosiddetto triangolo industriale. 3
A fine settembre ‘79, sulle condizioni dell’economia alessandrina, il bisettimanale ospita l’opinione di Claudio Simonelli, Assessore alla Programmazione della Regione Piemonte.
Dopo aver constatato che Alessandria è la provincia piemontese che dispone di un maggior numero di analisi socio-economiche si dice preoccupato per la situazione industriale. In particolare la tendenza alla specializzazione dell’industria, avvenuta per l’espansione del comparto metalmeccanico, si stava accentuando, ma come conseguenza della caduta di tutti gli altri settori. Nello stesso tempo evidenzia la povertà di nuove iniziative imprenditoriali rispetto al dinamismo manifestato in passato. 4
Mi sono giovato di questi riferimenti, datati una quarantina di anni fa, per constatare che il declino del capoluogo alessandrino non riguarda il breve periodo, dove, se mai, si è accentuato, e dipende da ragioni complesse, alcune delle quali di natura strutturale.
In questo senso l’andamento della popolazione e il suo graduale invecchiamento offre un’altra conferma. Alessandria raggiunge, con 102.500, il picco degli abitanti nel ’71 e li mantiene attorno ai 100 mila sino alla fine del decennio. Poi scende progressivamente
toccando i 91 mila nel 1991 e poco più di 85 mila all’inizio del nuovo millennio. Negli anni
più recenti la popolazione si è attestata attorno alle 93/94 mila unità, grazie al saldo positivo degli immigrati. Per quanto attiene, poi, all’industria, oggi, non possiamo certo parlare di espansione e neppure di tenuta del comparto metalmeccanico, in generale, fortemente ridimensionato e nel capoluogo decimato dalle ristrutturazioni degli ultimi due decenni del secolo scorso, dove si è anche registrato l’azzeramento dell’intero comparto argentiero e la chiusura di tutte le attività della Fiat/Fca o ad essa collegate.
Riguardo, infine, alla situazione dei centri di documentazione e di ricerca della provincia non siamo più in grado di confermare il lusinghiero giudizio di Simonelli. Non sono certo mancati gli studi di Giancarlo Subbrero, l’attuale responsabile del Cedres, come nella terza parte del libro di Guido Barberis “La famiglia economica alessandrina”, del 2008, o i contributi ai “Quaderni di storia contemporanea” dell’Isral. 5 Così come il volume del
professor Bruno Soro “Liguria e basso Piemonte tra declino e sviluppo”, pubblicato nel 2006 a cura della Camera di Commercio. Ma il pesante ridimensionamento delle Province ha di molto penalizzato l’attività e i lavori del principale Centro di documentazione e ricerca economica e sociale del territorio. Una carenza che si avverte quando si cercano i raffronti e si analizzano gli andamenti economici, produttivi ed occupazionali dell’alessandrino in differenti periodi e nei diversi settori.
In previsione del rinnovo amministrativo del Comune, che cade nella primavera del ’22, e avendo presente il contesto sopra delineato, come “Città Futura”, una Associazione le cui caratteristiche fondative sono, insieme, politiche e culturali, riteniamo di poter contribuire alla necessaria e urgente ripresa di Alessandria attraverso una serie di idee, di indicazioni
programmatiche volte a delineare un percorso virtuoso e delle priorità in grado di arrestarne il declino. Compito, va detto, tutt’altro che semplice, in quanto bisognoso di unitarie e determinate iniziative che, al momento, sono difficili da riscontrare.

– A) Il contesto sociale ed economico.
Propedeutica e utile alla definizione delle proposte è la conoscenza dettagliata e lo studio degli attuali abitanti del Capoluogo: sia per quanto riguarda le caratteristiche personali (età, sesso, nazionalità) che le attività (lavoratore dipendente o autonomo, imprenditore, disoccupato, pensionato) e, per gli attivi, i settori di riferimento (agricoltura, industria,
artigianato, terziario tradizionale e avanzato). Tutti elementi che possono consentire una aggiornata analisi sociale ed economica della popolazione.
Nel merito delle proposte quelli che seguono sono solo i titoli di alcuni dei possibili argomenti da approfondire e singolarmente definire con un profilo progettuale.

– B) Gli elementi strutturali prioritari nell’iniziativa di “Città Futura”.

1) La riorganizzazione e il rilancio dell’area dello Scalo ferroviario Rfi di “Alessandria

Smistamento” per le merci, come base strategica di collegamento con i porti Liguri (Ge, Sa) e l’Europa. Una ripresa che può determinare un significativo incremento di occupazione diretta (Rfi) e indiretta (lavori movimentazione merce). Per i passeggeri il ritorno ad un collegamento ferroviario veloce e diretto Torino-Alessandria-Roma che, utilizzando l’interconnessione di Piacenza Est, si immetta sulla linea ad alta velocità Torino-Bologna.
Permettendo, oltre a un risparmio di tempo per astigiani e alessandrini, di poter andare e tornare in giornata dalla Capitale senza i disagi delle coincidenze e dei trasbordi.

2) Lo sviluppo della sede di Alessandria dell’Università del Piemonte Orientale, in coerenza e unità con le altre sedi l’Ateneo tripolare, perseguendo l’obiettivo di “Alessandria città universitaria” con le sue ricadute culturali, sociali ed economiche. Dopo la conquista dell’autonomia nel ’97 e l’avvio dei corsi dell’ “A. Avogadro” nel ’98, la sede alessandrina,
per diverse ragioni, pur raggiungendo significativi risultati sia nella didattica che nella ricerca in entrambi i dipartimenti (Digspes e Disit) ha registrato un minor numero di iscritti rispetto a Novara e, soprattutto, risulta carente nei servizi per studenti e docenti (residenze studenti, foresteria docenti, mensa, …) nei confronti sia di Novara che di Vercelli. Inoltre la sede del Digspes di Palazzo Borsalino ha problemi di spazio e presenta difficoltà nell’utilizzo della biblioteca. Per risolvere tali problematiche “Città Futura” ha proposto la cessione all’UPO della ex caserma dei carabinieri di via Cavour di proprietà della Provincia, ma già prevista per l’Università e la ristrutturazione del palazzo degli ex sordomuti in piazza Santa Maria di Castello da destinare a residenza degli studenti. Per l’obiettivo di “città universitaria” l’esempio cui fare riferimento è quello seguito con successo dalla città di Trento.

3) Per quanto riguarda la sede alessandrina del Politecnico, che dopo aver interrotto la didattica ha continuato ad operare con laboratori e attività di ricerca, vanno:
a) meglio delineate le sinergie con il vicino Disit dell’UPO mettendo, ad esempio, in comune la ricerca per ottenere fondi europei;
b) occorre verificare la dichiarata volontà del Rettore del Poli di investire sulla ricerca nell’area delle materie plastiche in collaborazione con il consorzio Proplast.

– C) Le Attività produttive
Per la popolazione attiva del Comune di Alessandria, suddivisa secondo settori economici, riporto i dati assoluti del 2001 (gli ultimi trovati): agricoltura n. 909 (2,7%); industria n. 10.231 (29,8%); terziario n. 23.154 (67,5%). Per capire i cambiamenti intervenuti, nel 1961
erano: agricoltura n. 3.663 (9,9%); industria n. 16.986 (45,7%); terziario n. 16.502 (44,4%).

1) Verifica della situazione dei settori industriali (meccanica – chimica – gomma plastica –abbigliamento) dopo le ristrutturazioni e le chiusure che hanno fortemente ridimensionato il comparto metalmeccanico.

Analisi dello stato e le prospettive delle Zone industriali e artigianali:
a) la D3, area artigianale di 59 ettari di superficie è situata a ridosso della tangenziale e prossima al casello autostradale Al-Sud. Costituita alla fine degli anni ‘70 è stata inaugurata nel 1983. Vi sono insediate imprese non solo artigianali, ma anche commerciali e di servizio;
b) la D4, area industriale collocata nella zona sud del Cristo, a ridosso dello scalo ferroviario. Avviata nella seconda metà degli anni ’70 e completata dieci anni dopo;
c) la D5, area industriale di 242 ettari è prossima al sobborgo di Spinetta Marengo. Dalla fine degli anni ’60 si è insediata la Michelin che è entrata in produzione nel ’71. Qui, nel 1980, si è trasferita la Borsalino ed è presente lo stabilimento della Guala Dispensing, mentre quello della Guala Closures si trova nella vicina D6, prossimo al complesso della società Aral, con annesso il sito della vecchia discarica.

2) La condizione del commercio tra nuovi centri commerciali, grande e media distribuzione e i negozi tradizionali del centro storico in crescente difficoltà. Nel piccolo commercio, secondo la Camera di Commercio, nel 2019, si sono persi in città 228 posti di lavoro. Il calcolo è fatto sulle cento attività chiuse che in media avevano 2,4 dipendenti.
E’ opinione diffusa, confermata dagli esperti, che Alessandria, in rapporto alla potenziale utenza, abbia un notevole eccesso di centri commerciali e grande distribuzione.
Supermercati troppo vicini tra loro, cresciuti in maniera disordinata e senza una programmazione, finiscono per contendersi una stessa zona e uno stesso bacino di utenti.
E si fanno la guerra a colpi di promozioni, vendite sottocosto che finiscono per peggiorare le condizioni dei dipendenti, costretti a orari ridotti e cassa integrazione.   Ciò nonostante le aperture proseguono.

D) La Cultura

1) Il Teatro Comunale. Sono trascorsi dieci anni dalla chiusura del Teatro a causa della perdita di amianto. Era il 2 ottobre 2010. In seguito, nonostante i lavori di una impegnativa bonifica, terminata nel gennaio 2016, la struttura è stata utilizzata solo nell’ultimo anno della Giunta di Rita Rossa. La nuova amministrazione, subentrata nella primavera del 2017, non ha ritenuto utile e necessario interessarsi del Teatro che continua a rimanere chiuso senza alcuna cura e custodia. Ricordo che, in particolare, la sala Ferrero era stata non solo bonificata, ma interamente riallestita e potrebbe, da sola, rispondere a diversi utilizzi. E in maniera analoga, per eventi di capienza minore, le sale Zandrino e Foà.
Per non parlare del palcoscenico la cui vastità ha già permesso e potrebbe nuovamente consentire la contemporanea presenza di attori e pubblico. 6
2) La Biblioteca Civica. E’, o dovrebbe essere, uno degli elementi fondamentali della cultura della città. La Biblioteca di Alessandria per la crisi e il successivo dissesto del Comune ha, per diversi anni, dovuto fare i conti con scarsissime risorse finanziarie e carenze di personale che ne hanno fortemente limitato la fruizione e la piena attività.
Inoltre, dal 2011, il “deposito librario” di via Scazzola (ex Legrand) è stato spostato nei magazzini del Provveditorato di via S. Giovanni Bosco, dove libri, giornali e riviste sono rimasti chiusi in scatoloni. Per comprendere l’importanza anche quantitativa del “deposito” basti sapere che, se nella sede di piazza Vittorio Veneto sono contenuti 6.000 metri lineari di materiale ordinato, consultabile e controllato sotto il profilo della sicurezza,
mentre nel magazzino di via S. Giovanni Bosco si trovano accatastati circa 3.100 metri lineari di materiali librari. La mancanza di un Deposito librario aggiuntivo ha avuto numerosi effetti negativi, perché non ha permesso:
a) di acquisire nuove donazioni librarie e documentarie per mancanza assoluta di spazio;
b) di osservare le disposizioni del Ministero dei Beni e le Attività Culturali che individuano la Biblioteca Civica di Alessandria come la sede dell’archivio della produzione editoriale
edita nella provincia;
Nei primi mesi del 2017 l’Amministrazione aveva individuato per il “deposito” la nuova sede, di proprietà del Comune, in via S. Giovanni Bosco, nelle vicinanze del magazzino comunale dove si trovano i libri, ma non risulta che il trasferimento sia stato eseguito.
3) Musei e Pinacoteche. La gestione dei musei comunali risente delle poche risorse a disposizione e non si ricordano iniziative di particolare rilievo. Come conseguenza il numero dei visitatori non è elevato. Dove negli anni, in particolare, l’Ente Provincia ha significativamente investito è Marengo, sia per il “Marengo Museum” che per le manifestazioni legate all’anniversario della battaglia. Ma in maniera episodica e senza riuscire a dare continuità all’insieme. La stessa ultima realizzazione della “piramide”
all’ingresso del museo non pare essere particolarmente riuscita.
L’elenco dei musei comunali: – a) Le Sale d’arte di via N. Machiavelli sono divise in quattro sezioni espositive:

1) Il Medioevo e la civiltà comunale ospita il ciclo di affreschi ispirati alle
storie di Artù; 2) L’Ottocento, rivisitato attraverso la pittura di Giovanni Migliara;

3) Il Novecento, visto attraverso l’opera dell’alessandrino Alberto Caffassi; 4) L’ultima sala ospita le mostre temporanee;
– b) Il Marengo Museum racconta la storia della campagna d’Italia del 1800 di Napoleone e, in particolare, la battaglia di Marengo. Un elemento significativo nella successiva storia europea e per il processo italiano di unificazione nazionale;
– c) Palazzo Cuttica di Cassine è situato nel cuore settecentesco della città. Il percorso museale propone una selezione di opere e oggetti d’arte provenienti in prevalenza dall’area alessandrina;                                                  – d) Il Teatro della Scienze in via 1821. La sezione espositiva comprende collezioni: paleontologiche, mineralogiche, ornitologiche, entomologiche e il laboratorio di astronomia.
Di maggiore risonanza le iniziative tenutesi di recente a Palazzo Monferrato, struttura della Camera di Commercio, con la realizzazione del museo permanente delle biciclette e la mostra sulle statue lignee “Alessandria scolpita”. Vivace, assidua e aperta ai contributi esterni la gestione dei volontari del museo della Gambarina che registra sempre una buona partecipazione agli eventi. Mentre per il Museo del Cappello si è in attesa della sua nuova sistemazione, ad opera dei privati, sempre a palazzo Borsalino.

– E) Tutela ambiente e sicurezza
1) Gestione rifiuti. Alessandria è agli ultimi posti nella Regione Piemonte per i risultati nella gestione dei rifiuti solidi urbani. Sia per la bassa percentuale di raccolta differenziata che per l’alta quantità totale di rifiuti indifferenziati non riciclabili destinati alla discarica.
Oltretutto, una discarica, quella di Solero-Quargnento, prossima all’esaurimento.
Situazione dovuta a gravi errori politico-amministrativi. Nella primavera del 2007 l’AMIU, la società pubblica che nel 2005 aveva avviato in Alessandria la raccolta domiciliare dei rifiuti, annunciava che la città aveva superato il 51% nella RD e prevedeva di raggiungere il 60% entro la fine dell’anno. La nuova giunta che si insediò in Comune a metà del 2007 decise, per rivalsa, di vanificare il lavoro di due anni, con l’obiettivo di riportare i contenitori dei rifiuti nelle strade. Commettendo un doppio tragico errore: di natura ambientale ed economico-industriale. Ambientale perché la raccolta domiciliare “porta a porta”, oltre a liberare le strade dalla presenza dei rifiuti e a favorire la pulizia e il decoro urbano, rappresenta l’unico modello di gestione che permette di ridurre i rifiuti totali, favorisce il riciclo e consente il calcolo della “Tariffa puntuale”, più giusta per i cittadini.
Economico-industriale in quanto l’AMIU per passare dalla raccolta stradale al “porta a porta” aveva investito in mezzi, attrezzature, contenitori e formazione del personale.
Conseguenza di questa scelta sbagliata il fallimento della Società partecipata e il suo salvataggio da parte di AMAG. Oggi l’azienda si muove senza un preciso indirizzo, la qualità della gestione è pessima e l’attuale amministrazione, invece di correggere gli errori, annuncia, a fine mandato, un costoso investimento in cassonetti “intelligenti”, bidoni elettronici in grado di aprirsi solo con una carta magnetica. Vista cosa è successo con i
contenitori interrati in piazza della Libertà c’e da essere preoccupati.

2) Qualità dell’aria. Le classifiche di Legambiente che monitorano la qualità dell’aria delle città collocano Alessandria ai primi posti per inquinamento da polveri sottili (PM10 e PM2,5). Avendo il capoluogo la stragrande maggioranza degli impianti di riscaldamento a metano risulta evidente che una responsabilità significativa dell’inquinamento è dovuta al traffico delle auto e dei camion che in maniera disordinata occupa tutti gli spazi del centro e dei quartieri. Alessandria è l’unico capoluogo della regione che destina a parcheggio le due principali e centrali piazze. Da qui la necessità di un “piano del traffico” più volte studiato, annunciato e mai applicato, con la realizzazione di parcheggi periferici, zone controllate a traffico limitato, altre riservate ai pedoni e piste ciclabili, favorendo un diverso ruolo del trasporto pubblico. In questo contesto non è da escludere un ritorno ai
tram e all’utilizzo dei collegamenti ferroviari per le zone più distanti.

3) Sicurezza idraulica. Una città situata tra due fiumi e che nel 1994 ha subito una  disastrosa alluvione non può in alcun modo sottovalutare il rischio idraulico. E neppure pensare che i lavori fatti per mitigare il ripetersi di fatti analoghi siano tali da renderla sicura al 100%. Specie se nel frattempo nuovi centri commerciali sono sorti dove nel ’94 l’acqua aveva raggiunto un’altezza di 1,90 metri sul piano campagna. 7

In particolare poi il recente nubifragio che ha sconvolto il cuneese e altre parti del Piemonte ci dice che tali fenomeni estremi sono molto più frequenti che nel passato. Nel novembre 2016, ricordiamolo, Alessandria è andata molto vicina al ripetersi dell’alluvione quando, per fortuna, la piena del Tanaro è risultata inferiore a quella del ’94. Mentre stanno aumentando le frequenze delle esondazioni della Bormida nella zona Sud-Ovest della città.
Diventa quindi urgente liberare, da insediamenti e infrastrutture, le aree di naturale esondazione dei due corsi d’acqua e ridurre, in caso di piene, le portare a monte dell’abitato della città creando adeguate casse di laminazione, dove il Tanaro e la Bormida possano ridurre senza fare danni le loro portate.
3) Bonifica Amianto. Il ciclone che in estate ha interessato la città scoperchiando i tetti di moltissime abitazioni, oltre a causare ingenti danni, ha evidenziato la presenza di numerose coperture in amianto. Anche in strutture pubbliche. E, nel contempo, si è registrata una evidente impreparazione dell’Ente Locale nel farsi carico della bonifica.
Esiste la mappatura dei siti, ma manca, insieme alle risorse che dovrebbe mettere a disposizione la Regione, un progetto e una programmazione degli interventi. Insieme a un piano di informazione per i cittadini sulla pericolosità dell’amianto e sul come realizzare, in sicurezza, le bonifiche.
4) Solvay. Da più di un secolo Spinetta Marengo convive con un importante complesso chimico che nel 1988, il recepimento della “Direttiva Seveso”, ha classificato tra le aziende a rischio di incidente rilevante. Più di recente, nel 2008, i controlli di un privato nei terreni dell’ex zuccherificio hanno messo in luce un annoso e diffuso inquinamento delle falde da cromo esavalente, di responsabilità dell’impianto. L’intervento della magistratura e il processo in Corde di Assise d’Appello di Torino, che ha fatto seguito, ha dimostrato le responsabilità di Montedison e Solvay per l’avvelenamento doloso delle falde acquifere con condanne a dirigenti. Una sentenza che la Corte di Cassazione ha confermato nel dicembre 2019. E’ giusto ricordare che, tra le organizzazioni sindacali, solo la Camera del Lavoro ha ritenuto di costituirsi come Parte Civile nel processo. Di recente la Solvay, la multinazionale belga che è subentrata alla Montedison, ha richiesto alla Provincia di poter incrementare la produzione di cC604. Sostanza classificata dall’Agenzia Europea delle sostanze chimiche come tossico e non biodegradabile; probabilmente un derivato dei più noti e pericolosi PFAS. Per ottenere l’aumento la Solvay ha, in tutte le sedi, dichiarato che in presenza di un diniego avrebbe trasferito altrove le produzioni. Diverse associazioni
ambientali e, in particolare, Legambiente del Piemonte, Pronatura e i giovani di “Fridays For Future” hanno manifestato e dichiarato di continuare ad opporsi.

– F) Salute e Formazione
1) Sanità e Assistenza. La presente pandemia, la sua diffusione e persistenza ha, tra l’altro, drammaticamente evidenziato i guasti delle politiche europee di austerity. Le quali nell’affermare prioritario il rigore nelle politiche di bilancio e di contenimento del deficit hanno pesantemente ridimensionato lo stato sociale. Le risorse destinate alla sanità e all’assistenza invece di essere considerati investimenti in salute e sicurezza sono stati ritenuti dei costi da contenere e tagliare. Il modello culturale, poi, dell’impresa privata imposto nei settori della sanità, con l’obiettivo dichiarato di ridurre inefficienze e sprechi, unito alla spinta verso la privatizzazione dei servizi, ha causato i guasti e le impreparazioni che stiamo drammaticamente subendo. Negli ultimi dieci anni 37 miliardi di aumenti di spesa sanitaria sono stati tagliati. Nel 2012 il Governo Monti annunciò un taglio della spesa sanitaria per i tre anni successivi pari a 25 miliardi. Dal 2015 al 2019 altri 12 miliardi di aumenti previsti sono stati cancellati. Così le strutture sanitarie del nostro Paese si sono trovate a fronteggiare le conseguenze del Covid avendo a disposizione mezzi, strutture e personale decisamente inferiori a quelle in dotazione alla Germania e alla Francia. Un po’ paradossalmente i timori e le paure innescate dalla pandemia, mettendo a nudo le logiche del libero mercato, possono aprire nuovi spazi al rafforzamento della sanità pubblica, con l’implementazione e la qualificazione di quella territoriale, la rivalutazione della medicina generale di base e il potenziamento dell’assistenza domiciliare. Questo vale, soprattutto, per le strutture alessandrine (Ospedali e Distretti) che, nell’occasione, non hanno certo dimostrato di brillare per efficienza. Da qui può concretamente nascere lo studio e la programmazione del nuovo Ospedale.
2) Scuola, Università e Ricerca. Un comportamento analogo a quello della sanità ha riguardato la scuola pubblica, l’università e la ricerca. Tra il 2008 e il 2012 sono stati dieci i miliardi tagliati a scuola e università durante i governi Berlusconi, con Tremonti ministro del Tesoro e Gelmini dell’istruzione. In particolare la “riforma” della ministra (Legge 133/2008), nel sostenere che il personale era in eccesso, introdusse il blocco totale del
turn-over e di nuove assunzioni per 10 anni, oltre a ritenere che la scuola privata o paritaria meritasse più risorse di quella pubblica. Tagli che hanno prodotto il sacrificio di quasi 100 mila cattedre in tutti i gradi delle scuole, dalla materna alle superiori. Nel frattempo è aumentato il rapporto tra insegnanti e alunni, sia nella scuola che nell’università. Questa è la causa principale dell’aumento delle cosiddette “classi pollaio”, cui si cerca, oggi, di porre rimedio per rispettare gli spazi e le distanze di sicurezza per scolari, studenti e docenti. Così in Italia, il numero degli insegnanti è calato del 39;11,1%, e le loro retribuzioni sono state congelate, risultando tra le peggiori in Europa.

G) Urbanistica e Piano Regolatore
Questo argomento finito in fondo deve, però, essere affrontato prioritariamente perché molti degli aspetti trattati dipendono dalla sua corretta definizione. A questo tema dedica uno specifico approfondimento l’ultimo “Quaderno di Storia Contemporanea” dell’Isral. 8
A iniziare dagli anni ’80 il piano regolatore è stato soppiantato dal singolo progetto che, però, non offre una veduta complessiva. Da qui lo sviluppo della città diffusa con alto consumo di suolo dove la speculazione e la rendita hanno finito con il prevalere e l’urbanistica ha perso il suo ruolo di soggetto della programmazione. Anche per Alessandria le norme dell’ultimo piano regolatore, quello del 2000, non sono più adeguate
a uno sviluppo di città che sappia muoversi in direzione della ristrutturazione e del ricupero dell’esistente, ponendo al centro la sostenibilità ambientale e zero consumo di suolo.

1 Francesco Adamo: ““Una periferia industriale di Nord-Ovest: la Provincia di Alessandria”. Edizioni dell’Orso,
settembre 1979
2 Paolo Zoccola: “Alessandria nel ruolo di eterna cenerentola” – “Il Piccolo” del 20 ottobre 1979
3 Carlo Beltrame, direttore CEDRES, da “Il Piccolo” del 20 ottobre 1979
4 Intervista di R.M.: “La nostra Provincia non è più un’isola felice” – “Il Piccolo”, 29 settembre 1979
5 QSC “Industria, Ascesa e Declino”, n. 54 del 2013 – Edizioni Falsopiano per l’Isral                                                                                                                       6 “Memorie del gelso”: Spettacolo di Marco Baliani con la compagnia “I pochi”, dedicato alla storia e alle storie di Alessandria, 1991.                          7  Fabio Luino, ricercatore Istituto per la Protezione Idrogeologica di Torino. Da “Il Piccolo” del 13 ottobre 2020

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Quaderno di storia contemporanea n.67

Renzo Penna

Alessandria, 19 ottobre 2020