Cominciamo col superare i “nazionalismi”

La redazione ringrazia per questo contributo originale che pone sulla graticola soprattutto Giorgia Meloni, sbrigativa e concreta come non mai. Un po’ perplessi sul finale, con un superamento dei “nazionalismi” a vantaggio di strutture federali più agili e vicine al territorio. Vedremo…anche perchè un’esperienza di quel tipo potrebbe essere una soluzione accettabile per le terre contese del Donbass e della Crimea.

Ci sono tanti motivi per non votare Fratelli d’Italia, quindi Giorgia Meloni, alle prossime elezioni politiche.

Vorrei prima di tutto sottolineare il fattore nazionalista, che è una malattia endemica dell’Italia dai primi del ‘900.

Ricordiamoci la formidabile influenza che ebbero i vari Corradini e Federzoni nell’entrata in guerra dell’Italia nel maggio 1915.

La gran parte della popolazione era contraria o indifferente, il Parlamento contrario, ma le piazze furenti dei retori dell’interventismo quali i nazionalisti ed i vati di allora, quali Gabriele D’Annunzio, riuscirono, con i loro infiammati ed infiammanti discorsi, a portare l’Italia in guerra.

Il risultato fu un’ecatombe di morti e feriti che distrusse letteralmente una generazione.

Ogni volta che passavo accanto a Redipuglia, mi fermavo per una sommessa preghiera rivolta ai quei 100.000 caduti, che rappresentavano non soltanto la loro armata, ma anche una gioventù spesso incapace di comprendere le ragioni vere di quella guerra, condotta per la conquista di territori di cui molti di essi non conoscevano neppure il nome o l’entità.

Molto probabilmente alcuni di quei territori, attorno a Trento e Trieste, sarebbero stati concessi dall’Impero Asburgico pur di evitare la guerra su due fronti, ma con i Se non si fa la storia.

Comunque, per me, il nazionalismo sfrenato è il Male e, se anche posso apprezzare i toni trionfalistici di una grande vittoria sportiva, non credo ci sia niente di positivo in qualcosa che ti fa guardare l’Altro dall’alto in basso ed incrina il dialogo.

Un altro elemento che mi disturba notevolmente nella retorica della Meloni è l’uso di slogan, slogan che ripetono incessantemente il valore di essere italiani, cristiani e patrioti, come se l’assenza di uno di questi attributi fosse un fattore negativo o respingente.

L’importante è, invece, essere brave persone e cioè avere una propria coscienza di libertà, di etica, di carattere, che non vada ad intralciare o sottomettere quella del prossimo.

In una società come questa, fondata sul capitalismo ed intrisa di retorica, di immagini e di false speranze, la mia prospettiva è chiaramente un’utopia, ma le utopie sono appunto questo, una meta ideale che si vuole raggiungere ad infinitum.

La Meloni vorrebbe rifare il tragitto di Benito Mussolini alla rovescia, e cioè, partendo da Roma per arrivare a Milano, conquistare i grandi industriali, i grandi gruppi finanziari, quelle entità che aiutarono potentemente il fascismo nel suo decollo.

Il progetto è ambizioso, ma non irrealizzabile: visto il basso livello culturale dei suoi interlocutori, la Meloni potrebbe, con il suo guazzabuglio retorico facilmente smontabile, trovare dei supporters in tutte le regioni italiane; non le sarebbe troppo difficile.

Ma le persone bennate, quelle dotate di buon senso, sia teorico che pratico, come potrebbero reagire?

Sfrondando dalla politica tutto quello che non serve, si potrebbe proporre o, meglio, riproporre uno stato federale, che ha un senso in quanto le regioni esistono.

Le regioni rappresentano la democrazia dal basso, quella in cui tradizioni, lingue, costumi, cucine creano una entità originale e, evidentemente, in Italia, di tali entità ne esistono molte.

Ricordiamoci il vecchio Carlo Cattaneo, che, dalla Svizzera, ove risiedeva, proponeva un modello che lo stato sabaudo ereditava, in realtà, dal centralismo Napoleonico.

Contro un potere centrale, che assorbe ed inghiotte tutto, ci vuole una realtà federale fatta di regioni autonome forti, come nella Svizzera dei Cantoni, nella Germania Federale, negli Stati Uniti d’America.

D’altronde, l’Italia fascista, la Germania nazional-socialista, l’Unione Sovietica stalinista, ci fanno capire come una forza centripeta porta inevitabilmente al centralismo assoluto, alla dittatura, alla guerra.

Non dico che un’Italia federale sarebbe una soluzione per tutti i mali della penisola, ma sostengo che un’alternativa in tal senso potrebbe essere un tentativo più democratico rispetto alla tradizione sabauda o ad una Repubblica mai compiuta, questo evidentemente senza cadere nella fitta rete dei campanilismi.

Un’Italia finalmente federalista ed internazionalista, che non sia guardata dall’alto in basso dalle altre nazioni europee.

Giorgio Penzo

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