Solo l’unione di tutti i rami del sapere ha un significato o un valore.
( Erwing Schrodinger)
All’inizio era la relazione. Non ricordo il nome del filosofo che “tradusse” in questo modo l’inizio del Vangelo di Giovanni, parole che mi trovano completamente in accordo, così come mi trovo in accordo con le parole di Schrodinger.
Lo studio del cervello e della mente si è sicuramente arricchito con l’apporto di interazioni disciplinari fra medici, biologi, chimici, fisici, informatici, psicologi, psicoanalisti, sociologi, storici e anche fra prospettive politiche e religiose differenti.
Un importante matematico contemporaneo, Renè Thom, sollecitato in una conferenza dalla domanda se le leggi di natura siano scoperte o inventate, ebbe a dire che il lavoro scientifico si può paragonare a una sorta di psicanalisi, poichè si tratta di portare alla luce delle leggi che sono in noi, nei nostri corpi, nella materia di essi, la quale è formata dagli stessi mattoni che reggono l’universo.
Materia, energia, materia e coscienza: emergono.
Mi corrisponde la parola che usa il buddismo per parlare della nostra vita: “manifestazione”.
Le cose, la coscienza, tutto “emerge” dal grande “vuoto-pieno” per poi ritornare nel grande grembo, un movimento continuo, incessante, infinito: una danza cosmica.
Il cervello umano ha, tra le tante, un’ulteriore caratteristica: è in costante cambiamento, non è mai in uno stato uguale all’attimo precedente, è una struttura intrinsecamente dinamica. Ed è il cambiamento che permette quell’adattabilità dell’organismo all’ambiente di darwiniana memoria che perpetua la specie e ne determina la sopravvivenza. Ciò risulta confermato anche dalle ultime scoperte che sostengono che la mutevolezza e l’incertezza identitaria siano intrinseche alla vita stessa delle cellule.
Lo studio del cervello e della mente si è sicuramente arricchito con l’apporto di interazioni disciplinari fra medici, biologi, chimici, fisici, informatici, psicologi, psicoanalisti, sociologi, storici e anche fra prospettive politiche e religiose differenti. In tale confronto la voce critica della filosofia ha ancora il suo ruolo di guida nel porre domande là dove si vorrebbero vedere solo risultati e nel sollecitare a non ritenere la semplificazione sempre la soluzione migliore, là dove la complessità emerge in tutta la sua unicià ed equivocità e indica un cammino senza spazi per velleità di domini conoscitivi assoluti.
Propio l’equilibrio instabile e creativo tipico dell’essere umano, anche nella dimensione naturale della lotta per la sopravvivenza, è ciò che permette di adattare la condotta alle più lievi alterazioni interne e esterne.
Tale dinamica, che unisce causalità e casualità, com base materiale della meta cognizione, crea nel cervello le condizioni di ciò che i filosofi dell’antichità chimano libertà: e ancora oggi questa parola non è stata svuotata di significato. In quanto attività cosciente, infatti, l’attività mentale funziona in modo da essere un sistema autonomo che non è mai totalmente sottomesso in modo passivo al mondo esterno.
Essere persone significa qualcosa di più che essere singolo, significa essere rete sociale, ovvero relazione.
Ciò che entra nella rete porta cose reali e se non si pone attenzione alle azioni e le loro conseguenze, la rete può collassare.
E’ a livello sociale che emerge la responsabilità.
Una dimensione dialettica fra la necessità della sua corporeità materiale e la libertà della sua coscienza immateriale e/o spirituale, come irriducibile dimensione di pensiero e di autoconoscienza.
Qual’è il senso ultimo della conoscenza, e perciò di tutte le scienze, psicoanalisi inclusa?
” Solo l’unione di tutti i rami del sapere ha un significato o un valore”, afferma Erwing Schrodinger.
Ma non vorrei sembrare solo riflessiva, come una nuvoletta che vaga nel grande cielo, no quel che sempre mi chiamasono le domande che non ci fanno sentire sospesi nel nulla e che cosa può strapparci dal nulla, da questo crescente nichilismo quotidiano, se neanche la ragione, la morale, la saggezza sono sufficienti?
Così si chiede nel suo libro Julian Carron “Il brillio degli occhi. Che cosa ci strappa dal nulla ? ” edizione Nuovo Mondo .
La risposta di questo prete, che cita Tertulliano, è per me naturale, pur se sorprendente per molti: la carne.
La carne è il cardine della salvezza: caro cardo salutis. E cioè l’umanità ” una compagnia reale, carnale, storica; non le immagini non le nostre fantasie, non il virtuale , ma una carne” . ( Altro sono l’immaginazione, la creatività, necessarie alla parte simbolica della nostra Vita).
La grande sfida del cristianesimo sta in questo: Dio si è fatto uomo proprio per essere carne, ma – a mio profondo sentire – non agnello di sacrificio, ma agnello di gioia, di misericordia, di amicizia, di perdono, di amore.
Ecco perchè la mia quotidiana militanza non armata è quella di divenire sempre più umana: fatta di carne e di spirito .
(Queste mie riflessioni aiutate da alcuni brani tratti dalla pubblicazione di Moretti e Vitali : L’OMBRA, numero ultimo dedicato alla psicoanalisi e neuroscienze: per un manifesto antiriduzionista e dal libro di Carron : Il brillio degli occhi – che cosa mi strappa dal nulla. Nuovo Mondo Editore)
di Patrizia Gioia
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