Figura controversa, ma molto amata e rispettata da chi ne capiva (e ne voleva capire) le istanze, Pier Paolo Pasolini è stato probabilmente l’ultimo e vero intellettuale militante che l’Italia abbia avuto.
Non dimentichiamo Leonardo Sciascia, Dario Fo, Umberto Eco e tanti altri intellettuali che hanno lavorato per migliorare il paese Italia, ma Pasolini aveva una forte, sentita e tragicamente pagata tensione intellettuale, che osava colpire i vizi e i peccati del nostro Stato borghese.
Pasolini, partito come poeta, ha sempre disperatamente cercato il mezzo migliore di comunicazione: la sua versatilità in campo artistico era una vera e propria ricerca del mezzo e della parola giusta per comunicare al pubblico le storture che caratterizzavano lo Stato italiano, ma non solo.
Pasolini ha vissuto il boom economico italiano in pieno e le sue testimonianze erano denunce aperte al sistema capitalista che si stava sempre più sviluppando.
Una voce fuori dal coro, controcorrente, vivace e malinconica al tempo stesso, che tramite la poesia, la prosa e poi il cinema (senza dimenticare i suoi pungenti articoli, come il ben noto Io so…) ha criticato aspramente i problemi reali del paese, passando da tematiche di carattere sociale (la condizione dei diseredati, di cui ci può venire in mente Accattone) a tematiche più strettamente civili (Comizi d’amore ne è un esempio lampante).
Pasolini conosceva bene le passioni dei suoi concittadini e ne amava alcune sfaccettature, come nel caso dello sport: amante del ciclismo, parimente seguiva la squadra di calcio di Bologna, città che gli dette i natali e dove studiò.
Forse di Pasolini si ricorda molto bene il controverso “martirio” del 2 Novembre 1975, avvenuto durante la lavorazione del libro incompiuto Petrolio e dopo la realizzazione del turbato e controverso film Salò o le 120 giornate di Sodoma, dei veri e propri atti di accusa contro il sistema Italia e accorati appelli contro quel fascismo che colpiva lo Stato italiano e con cui lo Stato non ha mai fatti veramente i conti.
Intellettuale marxista, dall’anima profondamente cristiana, Pier Paolo Pasolini è l’intellettuale che manca all’Italia odierna, dove svettano figure tristi e fondamentalmente inutili alla società: l’apparenza e la non autenticità di siffatti soggetti, di cui risparmierò i nomi per evitare di perder tempo, sono allarmanti.
Pasolini parlava chiaramente, urlava contro il deserto che si trovava di fronte: ma quello di oggi cosa è allora?
Il deserto si estende, i politici italiani sono inconsistenti e i presunti intellettuali (tranne poche lodevoli eccezioni) ne cantano qualità che il sottoscritto non riesce a vedere.
Pasolini, sì, sapeva cantare, ma una Bellezza autentica, quella sognata di un mondo giusto e inclusivo, tollerante ed antinazionalista.
Cosa manca di Pasolini? Tutto questo: il reale ottimismo per degli ideali alti, il tragico e palesemente cupo pessimismo dell’uomo emarginato, dell’uomo controcorrente, dell’intellettuale che vuole puntare allo sviluppo della società, apparentemente invano.
La morte lo avrà reso un martire, ma i poeti come Pasolini, come sosteneva Moravia, nascono raramente: ad oggi non se ne vede una traccia simile a quella segnata da Pasolini.
Ma, giustamente gramscianamente, bisogna pur essere, assolutamente sì, pessimisti nell’intelletto, ma ottimisti nella volontà…
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