Damasio e “Lo strano ordine delle cose”

Antonio Damasio è un notissimo medico, professore universitario e scienziato portoghese che opera da decenni negli USA e rappresenta una delle figure di maggior rilievo a livello internazionale nell’ambito delle neuroscienze. È autore di autorevoli pubblicazioni sul morbo di Alzheimer, sulla memoria e sulla fisiologia delle emozioni. Inoltre Damasio è membro di prestigiose associazioni, quali l’European Academy of Science and Arts e l’American Neurological Association; fa altresì parte dei comitati scientifici di importanti riviste dedicate alle neuroscienze. Suoi, libri tradotti ed editi in Italia dalla Casa Editrice Adelphi, sono: L’errore di Cartesio, Emozione e coscienza, Alla ricerca di Spinoza, Il sé viene alla mente, nonché il testo più recente, pubblicato quest’anno, ossia: Lo strano ordine delle cose.

In quest’ultimo saggio ‒ non certo solo rivolto agli addetti ai lavori ‒ il Nostro si e ci pone una serie di interrogativi più o meno problematici (e talvolta davvero inquietanti) a cui cerca di rispondere puntualmente ma non con velleità esaustiva o con la pretesa di poter dire l’ultima parola sull’argomento, bensì percorrendo piuttosto la strada dello svolgere un’argomentazione razionale, documentata e soprattutto pacata. Il che non è poco in questi nostri tempi di fake news, pseudo-ragionamenti, carenza di fonti attendibili e prese di posizioni ideologiche o peggio ancora idiosincratiche. Queste le domande/questioni essenziali: Come e perché sono sorte le culture? Come si spiega lo sviluppo di pratiche, strumenti e idee quali le arti, l’indagine filosofica, le regole morali/comportamentali e le fedi religiose, la giustizia, i sistemi di governo, l’economia, la tecnologia e la scienza?

Perlopiù si tende a rispondere a tali interrogativi invocando una caratteristica peculiare della nostra specie, il linguaggio verbale, insieme ad altri tratti quali l’elevato grado di socialità e un intelletto superiore. Una spiegazione a prima vista ragionevole, eppure carente, giacché trascura il ruolo fondamentale che i sentimenti e le emozioni svolgono nel motivare le azioni individuali e collettive che danno origine alle culture. Anche per il fatto che i sentimenti traggono il loro potere da un principio di regolazione della vita, l’omeostasi ‒ considerata indispensabile da Damasio onde spiegare l’evoluzione della vita sulla Terra ‒ e ritenuta, sempre dal Nostro, riscontrabile in ogni tipo di organismo. L’omeostasi gli consente in effetti non soltanto di perdurare, mantenendosi in vita, ma di prosperare. Purtroppo la parte di omeostasi riguardante il prosperare/prevalere raramente viene riconosciuta/considerata, anche dagli uomini di scienza. Ma essa, nota Damasio, garantisce che la ‟vita sia regolata entro un intervallo che, oltre a essere compatibile con la sopravvivenza, favorisca la prosperità e renda possibile una proiezione della vita nel futuro di un organismo o di una specie”.

Essa è altresì il filo invisibile che unisce le nostre menti al brodo primordiale in cui la vita ebbe inizio. Scopriamo così, non senza stupore, che i batteri‒ organismi unicellulari privi di mente e di cervello ‒ hanno regolato per miliardi di anni la propria esistenza seguendo uno schema automatico che prefigura comportamenti usati successivamente dagli esseri umani nella costruzione delle culture, incluse forme avanzate di socialità e di cooperazione. Se le cose stanno così, l’inconscio umano affonda le radici più in profondità e più lontano di quanto Freud e Jung abbiano mai immaginato. Se riflettiamo poi sul fatto che già diversi miliardi di anni fa (e ben prima dunque della comparsa dell’uomo sulla Terra) certi organismi unicellulari adottavano comportamenti sociali i cui schemi risultano simili agli aspetti dei comportamenti socioculturali umani evoluti, possiamo solo giungere a contraddire l’idea popolare (ed errata) che solo la mente è in grado di creare una qualche gestione intelligente dell’esistenza collettiva. ‟Per comparire” ‒ afferma Damasio ‒ ‟le strategie cooperative non dovettero attendere menti sagge e mature. Esse sono probabilmente antiche quanto la vita, e mai furono esibite più magnificamente che nel patto di convivenza celebrato tra due batteri”. Tali riflessioni ci portano a prendere atto d’un ulteriore aspetto scarsamente considerato/osservato, ovvero che: ‟né le singole parti del sistema nervoso né il cervello nel suo insieme siano gli unici produttori e fornitori dei fenomeni mentali”. In parole povere, ciò vale a dire che corpo e cervello stanno nella stessa barca e che comunque solo insieme rendono possibili le cosiddette attività mentali superiori. Le piante però, che una vera mente non hanno, sono lo stesso in grado di rispondere agli stimoli ambientali e di comunicare fra loro sia pure in modo diverso dal linguaggio umano. I vegetali inoltre (come d’altronde perfino i più piccoli tra gli insetti) da sempre riescono a trasmettere alla loro progenie il comportamento ottimale da tenere per vivere al meglio. Eppure esse dispongono appena di quegli umili (aggettivo che deriva giusto dal termine latino humus: terra) strumenti che Damasio chiama i precursori della mente, del sentimento e della coscienza. Anche una fogliolina d’erba, allora, è a suo modo sensibile, cooperante coi suoi simili e intelligente.

 

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