Se il digitale manipola il voto

Possiamo solo augurarci che la stampa dedichi la necessaria attenzione alla – ennesima – uscita di Elon Musk a favore di AFD, il partito di ultradestra in Germania. Stavolta l’alleato di Trump non si è limitato a una dichiarazione, ma ha pubblicato su un giornale tedesco – il quarto per importanza nel paese – un articolo nella pagina degli editoriali. Direte voi, una libera opinione. Non proprio. Perché Musk, oltre che l’uomo più ricco del pianeta, è anche a capo di alcuni dei più importanti sistemi di comunicazione digitali globali, come Starlink e X (ex Twitter). E le comunicazioni digitali sono – almeno nelle nazioni democratiche – senza confine. Col rischio di ledere un caposaldo della legislazione elettorale: il divieto di influenze esterne.

Ne è la prova il fatto che le elezioni in Romania sono state di recente annullate da una decisione della Corte Costituzionale per sospette ingerenze russe attraverso il finanziamento di alcuni siti a favore di un candidato. La somma in gioco non era un granché – si è parlato di un milione di euro – ma il fatto che i soldi provenissero da una potenza straniera ha reso – secondo i giudici – illegittima l’elezione. Cosa succederà ora in Germania, con i duecento e passa milioni di follower che Musk ha su X? Quanto peseranno le opinioni di Musk, cittadino americano, veicolate attraverso la propria piattaforma social?

Tra due mesi in Germania si vota, una partita vitale per le sorti dell’Unione europea. E arriviamo – purtroppo – impreparati ad affrontare una novità sconvolgente per il futuro della democrazia: la possibilità della manipolazione digitale extraterritoriale del voto. Sappiamo ormai da tempo quanto sia diventata importante la comunicazione via web per orientare l’elettorato. In America, ogni quattro anni, i team dei due candidati spendono centinaia di milioni di dollari solo per la propaganda via internet. Sappiamo anche quanto accada – sempre più – spesso che le notizie che girano in rete possano essere falsificate, o inventate di sana pianta grazie ai dispositivi di intelligenza artificiale. Ma – al momento – l’unico rimedio sembra essere la vigilanza attiva dei media e dei militanti delle opposte fazioni. Con un solo limite considerato invalicabile: che in questo duello dell’influenza elettorale non intervengano quattrini stranieri.

Lo sanno bene quanti sono bombardati via mail da richieste di donazioni dall’uno o l’atro partito Usa, ma non possono elargire neanche un dollaro perché la legge americana lo vieta tassativamente. Se però un cittadino europeo – meglio se dotato di un seguito consistente – volesse spendere il proprio tempo e il proprio account su una qualunque piattaforma globale a favore di un candidato, passerebbe probabilmente inosservato. È vietata la dazione di danaro, fosse anche una manciata di dollari. Ma, invece, è consentito l’esborso in natura, perché la pecunia digitale – è proprio il caso di dirlo – non olet.

Il caso Musk dunque, in punto di diritto, non è diverso da quello che – probabilmente – già succede in rete da qualche tempo, con influencer di ogni ordine e grado che spendono tempo e autorevolezza per appoggiare un candidato in cui credono. E sempre più succederà, visto che la traduzione istantanea plurilingue sta eliminando l’ultima barriera che fino a ieri confinava gli internauti ciascuno nel proprio paese. La differenza col tycoon americano è l’entità della sua influenza attivabile per via digitale. Fin tanto che si limita ad esprimere la sua opinione su un quotidiano, molti si scandalizzeranno, come già sta avvenendo sui media tedeschi, e qualche politico – al governo – proverà a far sentire sdegnato la propria voce. Ma come in tutti i dibattiti a stampa, l’attenzione presto svanirà. In rete, invece, cosà succederà? Musk darà seguito sulla propria piattaforma agli enunciati del proprio articolo? Li trasformerà in influenza digitale?

Ieri Biden ed oggi – con maggiore convinzione – Trump minacciano di bandire TikTok dal suolo americano perché ritengono che la proprietà cinese della più popolare piattaforma globale possa fare una gestione impropria dei dati dei propri utenti. È probabile che in queste ore qualcuno alla Casa Bianca si stia chiedendo se anche X non stia prendendo una piega un po’ troppo spericolata.

di Mauro Calise.

(“Il Mattino”, 30 dicembre 2024).

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