Elon Musk: un eroe del nostro tempo?

A pochi giorni dall’insediamento di Donald Trump, grande è l’attesa per le prime mosse effettive del Presidente eletto. Ci si aspetta una forte discontinuità, di cui tutti sono pronti a misurare la portata.

A corroborare questa impressione non contribuiscono soltanto le sparate più o meno propagandistiche di The Donald dopo la vittoria elettorale, comprese le ultime sulla Groenlandia o il Canale di Panama. E’ anche – se non soprattutto – la presenza di una figura la cui importanza rischia di travalicare persino quella del Presidente eletto: Elon Musk.

Musk è uno di quei personaggi che vanno studiati attentamente, perché esprimono nella propria persona lo Zeitgeist, lo spirito dei tempi. Sono un prisma attraverso il quale leggere il mondo. Appartengono a quella categoria ristrettissima di individui che nel corso della storia conferiscono la tonalità ad un’epoca: figure come Steve Jobs o Henry Ford, che non esprimono soltanto il proprio progetto individuale, ma segnano un passaggio epocale, una frattura con il passato che sconvolge le regole del gioco fino a quel momento conosciute, dando il via ad una partita completamente nuova. Forse ad un mondo completamente nuovo.

I fili che si intrecciano nella figura di Musk sono numerosissimi e perturbanti, e costituiscono un gomitolo intricato che non può certo essere dipanato da un singolo articolo.

Qualche osservazione, però’, occorre cominciare a farla, per prendere le misure del fenomeno, che appare inedito sotto molti profili.

Con Musk ci troviamo ovviamente di fronte ad un gigantesco protagonista del processo di digitalizzazione del mondo, ma questo non è una novità. Da oltre un ventennio siamo dentro l’ enorme mutazione che ha modificato le nostre esistenze e portato alla ribalta personaggi come Jeff Bezos, Mark Zuckerberg, lo stesso Steve Jobs, e molti altri: soggetti che sintetizzano nella loro persona tecnologia e denaro, comunicazione e finanza, scienza e business. Sono ricchissimi e potentissimi, e naturalmente capaci di esercitare pressioni enormi sul potere politico.

E tuttavia Elon Musk non appare esattamente come loro. Sembra costituire una figura inedita, un anello evolutivo ulteriore della sinergia tra potere tecnologico e potere politico, che sconvolge gli equilibri fin qui consolidati.

Prima di tutto, a differenza dei tecnotycoon precedenti, Musk esplicita con ostentazione il proprio posizionamento politico.

Il suo appoggio alla candidatura di Trump non si è limitata al tradizionale sostegno finanziario in campagna elettorale. E’ andata molto oltre. Mai si era visto organizzare a beneficio del candidato una lotteria giornaliera con un milione di dollari in palio tra i suoi elettori. Così’ come raramente un tecnotycoon aveva assunto posizioni tanto esplicite a favore del partito neonazista tedesco Allianz fur Deutschland -“unica speranza per la Germania “- o si era spinto alla calunnia contro un leader importante di un paese amico come il laburista Ken Starmer, definito “un dittatore da cui gli inglesi devono sbarazzarsi al più presto”. Bizzarrie di una personalità megalomane o deliberato comportamento di una soggettività politica inedita, strapotente, per cui la libertà consiste nel diritto di dire e fare tutto ciò che vuole? L’ avversione verso la cultura woke e il politically correct si spinge in Musk fino a disegnare un teatro politico in cui vale tutto e i potenti non sono tenuti a rispettare alcun limite, alcuna decenza?

Per ritrovare un posizionamento così esplicito da parte di un tycoon occorre risalire a Henry Ford e al suo sostegno al movimento filofascista America First, prima della Seconda guerra mondiale. Ma, nel caso di Musk, più che un richiamo al passato, sembra il disegno di nuovi confini per un futuro ormai incombente.

Un altro aspetto è ancora più sostanziale.

Musk non soltanto influisce sul potere politico, ma è il potere politico. Ne rappresenta in modo diretto un pezzo importante. E’ tecnica che si è fatta potere dello stato. Questo costituisce un salto di qualità che non ha precedenti e configura un mondo dalla fisionomia ancora sconosciuta.

Qualche banale esempio è sufficiente a togliere ogni astrattezza a questa affermazione. Un’azienda come Space X è ormai un pezzo imprescindibile della NASA, perché è l’unica in grado di fornire prestazioni che l’Agenzia americana statale, altrimenti, non sarebbe in grado di fornire. Space X è ormai la Nasa

Oppure, prendiamo Starlink. Gli ultimi dati disponibili ci dicono che il numero dei suoi satelliti in orbita è di circa 6400. Tutti gli altri satelliti riconducibili ad enti statali, organizzazioni pubbliche, fondazioni non superano i 5200. Il progetto europeo di produzione satellitare – il cosiddetto IRIS2- si dà come obiettivo di raggiungere intorno al 2030 tre/quattrocento satelliti in orbita. I numeri sono eloquenti: Starlink rappresenta già ora un soggetto privato egemonico nel sistema di comunicazioni satellitari. Se pensiamo che si tratta di una infrastruttura essenziale per l’esercizio stesso della potenza geopolitica abbiamo l’idea della posta in palio: i fili del gioco mondiale possono essere tirati da un singolo individuo di smisurata potenza che dal suo studio può interferire con i grandi conflitti geopolitici in atto. E’ successo con l’Ucraina che, nelle prime fasi del conflitto, ha potuto difendersi dai russi, proprio perché Musk ha reso possibile l’ utilizzo dei suoi satelliti all’esercito di Kiev. In caso contrario, oggi l’Ucraina sarebbe completamente nelle mani dei russi. Che succederebbe se una mattina il proprietario di Starlink si svegliasse e decidesse di negarne l’uso?

E’ difficile dunque negare ciò che Musk rappresenta: il potere tecnologico che si è fatto potere politico, fattore geopolitico e struttura pubblica. Ancor più della ricchezza sterminata colpisce la potenza di un singolo individuo in grado di concentrare nelle proprie mani una fetta così’ grande del potere mondiale.

Questo gigantesco mutamento di paradigma ha un colore politico? Qualcuno già definisce Musk come il leader transnazionale della tecnodestra. E chi – come chi scrive – vede qualcosa di inquietante in questa trasformazione può limitarsi a ridurla a semplice fenomeno politico, a ideologia che utilizza la tecnologia per affermare il proprio disegno? In altri termini, è riconducibile alla dicotomia classica destra versus sinistra?

Sarebbe riduttivo, e porterebbe lontano dal centro del problema.

Certo vi è un’ evidente discontinuità rispetto ai tycoon tecnologici precedenti sul piano dell’ orientamento culturale in senso stretto. In passato, la Silicon Valley nel suo insieme sembrava avere una matrice liberal. Per alcuni, costituiva addirittura una filiazione della controcultura americana degli anni’60, quella delle marce antimilitariste e delle droghe psichedeliche, teorizzate da Timothy Leary.

Con Musk – per quanto il personaggio non sia certo estraneo all’uso delle droghe – siamo su un altro pianeta, ideologico e culturale. Però incarna un mutamento, una frattura del tradizionale rapporto tra tecnologia, realtà e potere che non è connotato ideologicamente . Non è né di destra né di sinistra, ma trasversale, perché riguarda tutti. E’ – come detto all’inizio – spirito dei tempi. Appartiene alla nostra epoca come suo carattere fondamentale, ed è vano pensare di demonizzarlo, ai fini di una pura resistenza politico-ideologica. E’ invece opportuno, se non indispensabile, cercare di comprendere ciò che sta accadendo, e forse è già accaduto.

“Conoscere per deliberare”, scriveva Luigi Einaudi in altri tempi. Parafrasandolo, si potrebbe oggi dire “comprendere per governare, per orientare’, provando ad impedire che la radicalità dei cambiamenti in atto si traduca in beneficio per pochi e in danno per la maggioranza.

di Massimo Rostagno

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