Giacomo Matteotti. continuiamo a lasciarlo solo

Ogni tanto, ad uso e consumo o di questo o di quello, riappare sui giornali l’immagine del bel volto di Giacomo Matteotti.

Due occhi neri e profondi, uno sguardo fiero e pacato, uno di quegli sguardi che ti riportano al cuore le 4 virtù cardinali oggi dimenticate e tradite: la prudenza, la giustizia, la fortezza e la temperanza. E voglio sottolineare che la cattiva traduzione della parola “prudenza” ci ha fatto troppo spesso cadere nell’ignavia, mentre prudenza significa “capacità di discernimento”, che unita alla giustizia, alla fortezza e alla temperanza corrobora l’anima di quell’essere che, nonostante tutto, continua a volersi sentire umano e dunque sempre progetto in divenire.

Torno a Giacomo Matteotti, perchè ogni volta questo parlare di lui mi ha sempre insospettita, come se lo si volesse continuamente tenere a mezz’aria, come i santi in quelle  immaginette che ritroviamo per caso in qualche vecchio libro del nonno o di una zia.

Quando non sappiamo che fare di qualcosa che ci tocca profondamente spesso lo facciamo diventare mito, un pettegolezza invecchiato.

Anche se si parla di Matteotti come di un Uomo che ha dato onore alla nostra specie, oggi tanto disonorata, il mio sentire è che ogni volta lo lasciamo nuovamente solo, solo come in quella mattina, in quell’auto nera, nella violenza di un tempo in cui non abbiamo fatto ancora ritorno per finalmente tradurlo e non tradirlo.

Ma ci basta davvero la bella corona sull’altare e la fanfara? Ci bastano davvero quelle sterili parole che nulla hanno di quella passione politica ( polis, una delle cinque dimensioni di cui siamo fatti: corpo, anima, spirito, polis e cosmos) di cui Matteotti ci è nuovamente testimone?

Il raccontare che lo stesso Mussolini si prese la responsabilità di quell’assassinio e l’annunciò in Parlamento, passa ancora oggi come un banale incidente di percorso.E ci interroghiamo poi sulla banalità del male! Mettendolo sempre sull’altro ed elidendo la nostra Ombra che oggi è presente con il suo più alto prezzo.

Certo non mi meraviglio vedendo cosa è diventato il nostro Parlamento, luogo di risse da beoni e concerto di fine anno.

Un luogo per me sacro, come il Teatro alla Scala di Milano, come i resti degli antichi monumenti, le regali foreste, una sorgente d’acqua, luoghi che parlano di noi, della nostra storia, dei nostri avi, dei nostri sogni. Luoghi che dovrebbero accogliere quei valori solidali e pacificati che ci fanno incamminati verso l’Umano.

Abbiamo robusti esempi di Uomini e Donne che illuminano la retta Via, certo con i suoi perigli e rischi, del resto la Vita è un’avventura radicale a cui tutti siamo invitati. Invece prendiamo esempio da influencer già trasformati in marionette dalla cieca e prepotente regia dell’intelligenza artificiale, una follia perchè aimhè usata da folli incapaci di vedere il lato demoniaco che in ogni cosa vive.

Abbiamo caparbiamente cambiato anche le parole alla preghiera più amabile della nostra tradizione religiosa, mentre era proprio quel “non indurci in tentazione ” l’insegnamento : saper tenere insieme la polarità che siamo e che non sappiamo più tenere in equilibrio.

I valori sono correlati ai viventi, la morale non basta, il super io è spesso sadico, ha spesso esigenze più alte di quelle che possiamo vivere, scriveva Freud e la Cultura è una elaborazione creativa del rapporto con la vita, un rapporto generativo e non distruttivo.

Non annacquiamo il tanto che abbiamo e che ci hanno lasciato, non lasciamolo morire nell’indifferenza, nuovamente torniamo a fischiare per le strade e a cantare le canzoni che ci hanno fatto vivere, torniamo a fidarci dell’altro, a vederne la luce che rifrange in noi.

La Pace, scrive Raimon Panikkar, è paradossalmente mai raggiungibile, perchè vive in un continuo quotidiano cammino pacificato, dove la Vita è valore che non si lascia ridurre a quantità e morte. Ed è fragile, dunque preziosa e richiede cura e amore.

di Patrizia Gioia

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