I giovani di fronte a “Fascismo, Resistenza, Costituzione”

      In questo periodo sullo scenario politico è tornata puntuale la polemica intorno alla Resistenza al nazifascismo, alla Festa della liberazione e al rapporto tra la Resistenza e la Costituzione della Repubblica. In altri termini si tratta ancora dell’annosa questione, mai del tutto risolta, dell’antifascismo come paradigma fondativo della nostra Costituzione, della nostra identità nazionale e della nostra religione civile.

      Nel 1995 (ormai quasi trent’anni fa) ebbi modo di curare un’indagine tra i giovani studenti della scuola secondaria intorno a Fascismo, Resistenza e Costituzione. Il rapporto di ricerca fu pubblicato e tuttavia non suscitò un gran dibattito né grande preoccupazione, nonostante avvisaglie allarmanti che conteneva circa la trasmissione alle giovani generazioni della memoria della nostra identità nazionale e della nostra religione civile. Successivamente, nel 2015, realizzai un rifacimento del rapporto stesso, con una grafica totalmente rinnovata e diverse nuove elaborazioni. Quel rifacimento, per motivi vari, non ebbe molta diffusione. Visto l’interesse mostrato da alcuni amici, acconsento ora a pubblicare su Città Futura il rapporto rivisto, poiché credo che – seppure ormai assai datato – esso sia ancora piuttosto utile per comprendere per lo meno l’entità delle problematiche che si ponevano già allora e che sono rimaste irrisolte. È purtroppo possibile che la situazione attuale, a distanza di più di una generazione, sia ulteriormente peggiorata rispetto al 1995. A distanza di trent’anni, lungo tutta la Seconda Repubblica, nulla è stato fatto seriamente per consolidare la nostra identità nazionale e per elaborare una religione civile condivisa.

      Concordo pienamente con queste parole, scritte una decina di anni fa, di Giovanni de Luna: «La memoria pubblica è un “patto” in cui ci si accorda su cosa trattenere e cosa lasciar cadere degli eventi del nostro passato. Su questi eventi si costruisce l’albero genealogico di una nazione. Sono i pilastri su cui fondare i programmi di studio per le scuole, i luoghi di memoria, i criteri espositivi dei musei, i calendari delle festività civili, le priorità da proporre nella grande arena dell’uso pubblico della storia, le scelte sulla base delle quali si orientano tutti i sentimenti del passato che attraversano la nostra esistenza collettiva. I fondamenti di quel “patto” cambiano a seconda delle varie “fasi” che scandiscono il processo storico di una nazione. Vent’anni fa, la classe politica uscita dal crollo della Prima Repubblica venne chiamata a una complessiva opera di “rifondazione”. Si trattava di rinnovare un intero apparato simbolico. Vent’anni dopo prendiamo atto di un vero fallimento» (Giovanni de Luna, La Repubblica del dolore, Feltrinelli, 2011).

      Il rapporto in questione è un fascicolo di più di 130 pagine con molte illustrazioni, per cui non è conveniente pubblicarlo qui come articolo/ saggio da sfogliare. Chi fosse interessato può scaricarlo, in formato PDF, utilizzando il link che si trova in fondo alla pagina.

      Riporto qui sotto una sommaria sintesi dei principali risultati dell’indagine. La sintesi non sostituisce la lettura del rapporto, permette tuttavia un rapido orientamento circa le considerazioni che possono interessare il lettore. Nel rapporto si trovano ampie illustrazioni e numerosi approfondimenti che permettono di interpretare efficacemente i diversi risultati ottenuti.

      Sintesi e conclusioni (1995). Sollecitati a pronunciarsi circa la loro esperienza scolastica, i ragazzi hanno espresso un medio interesse per la storia, intesa come materia: la modalità di risposta più diffusa è stata “abbastanza”. Tra i vari periodi storici che si studiano a scuola, la storia contemporanea interessa in generale di più, soprattutto nel caso dei ragazzi più grandi. Dei tre argomenti proposti nel questionario, fascismo, Resistenza e Costituzione, i ragazzi si dichiarano più interessati alla storia del fascismo e meno interessati alla storia della Costituzione. L’interesse dei ragazzi per la storia contemporanea e le sue problematiche sembra dipendere fondamentalmente dai circuiti culturali entro cui essi sono inseriti. La scuola, pur svolgendo un ruolo di informazione, non ha il potere di sostituirsi alle sollecitazioni ambientali e non riesce a creare interesse ex novo, in maniera indipendente. Si nota addirittura una certa impermeabilità, una certa difficoltà della scuola a interagire con gli orientamenti storico interpretativi che provengono dall’ambiente.

      Richiesti di auto valutare la loro conoscenza circa la recente storia italiana, i ragazzi hanno dichiarato di sentirsi poco preparati. Ciò contrasta particolarmente con altre risposte dei ragazzi, da cui emerge invece per lo meno una diffusa informazione da svariate fonti: evidentemente l’informazione è diffusa ma rimane a livello piuttosto superficiale.

      In particolare è stata scandagliata la genesi dell’informazione posseduta dai giovani sul fascismo e sulla Resistenza: sono argomenti di cui si parla abbastanza diffusamente, a scuola e fuori della scuola. Tuttavia sembra che i circuiti della cultura comune in senso lato non coincidano con i circuiti scolastici e culturali in senso stretto. A un’informazione diffusa ma superficiale, tipica dei mass media, fa da riscontro, nell’esperienza dei ragazzi, un’informazione approfondita, ma poco diffusa.

      La superficialità delle conoscenze e dell’atteggiamento complessivo verso la storia è ulteriormente testimoniato dall’incertezza con cui i ragazzi hanno risposto ad alcune delle domande del questionario. Richiesti di pronunciarsi sull’attualità del fascismo, i ragazzi si sono divisi e molti di loro hanno affermato di non sapere come rispondere. L’informazione posseduta sulla RSI è piuttosto limitata (solo la metà dei ragazzi ha espresso con sicurezza un’opinione) e di conseguenza il giudizio storico sul periodo della “guerra civile” è piuttosto incerto (tanto da far pensare a una sorta di rimozione collettiva, non tanto dei ragazzi, quanto da parte degli adulti con cui essi sono stati a contatto).

      L’immagine dei partigiani di cui i ragazzi sono portatori sembra più rispondente alla verità storica, anche se la maggior parte dei ragazzi ne ha tuttavia una visione piuttosto generica. Prevale, infatti, una visione popolare dell’antifascismo, un po’ mitica e imprecisa. La scarsa solidità delle conoscenze possedute emerge anche nel raffronto tra i giudizi sul fascismo e sulla Resistenza: nel giudizio complessivo emerge che un quarto dei ragazzi non ha le idee del tutto chiare.

      Il dato forse più sconcertante, tra quelli raccolti ed esaminati in questo rapporto, è che solo il 38,5% dei ragazzi è in grado di collegare la Resistenza con la Costituzione della Repubblica. E, ancora più sconcertante, è il fatto che il riferimento scolastico non sembra essere stato particolarmente efficace nel bene indirizzare i ragazzi. Nonostante questi limiti piuttosto seri nella conoscenza della genesi della Costituzione repubblicana, molti ragazzi si dichiarano tuttavia insoddisfatti dell’attuale Carta costituzionale e la considerano, seppure con sfumature diverse, superata.

      Rispetto al neofascismo, il questionario non ha rivelato molte adesioni attive, anche se è apparsa manifesta una specie di area di consenso, accanto a una ancor più ampia area di indifferenza (coloro che reagirebbero in qualche modo a una manifestazione di neofascisti ammontano a un quarto circa). I comportamenti politici non sono dunque sempre del tutto coerenti con la visione intellettuale. Si può sapere cosa è stato il fascismo, si può approvare la Resistenza, ma poi simpatizzare o, più frequentemente, essere indifferenti nei confronti dei neofascisti.

      Dal questionario è emerso che i valori della democrazia sono assunti piuttosto superficialmente, senza una profonda conoscenza critica. Del resto non si conoscono i sistemi politici degli altri paesi e non ci si sente in grado di fare raffronti significativi con i nostri ordinamenti. Dall’indagine emerge anche che i ragazzi sono assai pessimisti circa il futuro della democrazia, tanto più che non sembrano avere prospettive chiare di cambiamento o, meglio, non danno l’impressione di sentirsi protagonisti di un eventuale cambiamento. Per quanto riguarda i cambiamenti costituzionali, non amano lo Stato presente, ma non sembrano neppure troppo entusiasti delle nuove proposte che si stanno dibattendo.

      I risultati di questa indagine, nel loro complesso, segnalano una pericolosa rottura nel processo di formazione dell’identità civile dei nostri giovani, una rottura che si esprime sostanzialmente in un misconoscimento del legame con il passato, oppure nel riconoscimento di un legame con il passato che rimane però solo generico o retorico e che non è quindi in grado di orientare concretamente l’identificazione dei problemi del presente e l’azione politica consapevole. Va sottolineato che non si tratta tanto di una mancanza di informazione, si tratta piuttosto di una abbondanza di informazione superficiale, scarsamente strutturata, che crea per lo più solo l’illusione di sapere.

      D’altro canto le informazioni storiche e la conseguente capacità di elaborazione critica intorno al proprio passato sono diffusi fra i nostri giovani in maniera piuttosto diseguale, una diseguaglianza culturale che ricalca le diseguaglianze sociali nell’accesso all’istruzione e/o nel possesso di un adeguato capitale culturale. La scuola pur con la sua presenza generalizzata non sembra in grado di intaccare questi meccanismi riproduttivi perversi. In tal modo proprio coloro che più avrebbero bisogno di una fondazione storica della propria identità di cittadini più ne rimangono privi, diventando così vittime delle informazioni e dei modelli massificati.

      La carenza di una fondazione storica della propria identità di cittadini rende il comportamento politico incerto ed esitante, il riferimento ai valori diventa vuoto e retorico, buono per tutte le ideologie, l’interpretazione degli avvenimenti politici quotidiani si fa difficile e le prospettive per il futuro oltremodo oscure.  Così si forma una massa di incerti in cerca di rassicurazioni e magari di promesse. Una cittadinanza illusoria insomma, al posto di quella che sarebbe possibile e auspicabile in una vera democrazia.

      Questo rapporto avrà raggiunto il suo scopo se saprà comunicare ai giovani, ai genitori, agli insegnanti, agli operatori culturali e a quanti altri, l’urgenza di una inversione di tendenza, l’urgenza di un intervento culturale ed educativo che, attraverso il recupero della memoria della storia recente, sappia fondare autenticamente l’ethos del cittadino democratico.

 

Il rapporto di ricerca completo in formato PDF di 138 pagine può essere scaricato da Google Drive a questo link:  Fascismo, Resistenza e Costituzione

 

 

 

 

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