Sono le ultime parole dell’articolo che stamane Magris ci offre sulle pagine del Corriere della Sera.
Il nome che titola l’articolo è quello di Ezra Pound, certamente uno tra i poeti più contraddetti e contraddittori della nostra contemporaneità, e quel che Magris ci aiuta a vedere è la distanza che molto spesso vive tra la Poesia e la Vita.
Ma non solo ci aiuta a vederla, ci aiuta anche a comprenderla con quella “pietas” di cui Magris è sempre più gran maestro. Pietas per l’uomo, che quando cade preda dell’ideologia, qualsiasi ideologia, ne subisce spesso il fascino diabolico, perdendo di vista quel che la poesia gli suggerisce dal profondo e che lui stesso porta a tutti noi come conoscenza e nuova apertura di coscienza.
Pensiero e azione non è detto che si sposino, anzi, troppo spesso è sempre tradimento la loro relazione.
L’articolo di Magris mi ha fatto riflettere, ho sempre amato l’uomo capace di tenere insieme poesia e vita e, per un certo verso, pensavo che la poesia di tale uomo fosse disonesta, parola bugiarda, dato che l’uomo non faceva quel che la sua poesia diceva.
Sappiamo bene che la parola, il verbo ( al principio era il verbo ) è “energon”, cioè energia e se non crea la realtà che dice è parola vana.
“Sarai chiamato e giudicato per ogni parola vana che avrai detto”, dice il Vangelo.
Ma ascoltando le parole di Magris, lasciando scivolare in me l’energia che quelle parole di pietas toccava, anche il mio pregiudizio si è sgretolato; cosa mi stava dicendo? Per chi quella pietas?
Sostando, come liberata, in questa domanda mi sono venute alla mente alcune riflessioni di Raimon Panikkar, sulla nuova innocenza, una innocenza che, come la prima, possiamo ogni volta perdere per la mancanza di rispetto verso il mistero, ma soprattutto per una conoscenza svincolata dall’amore.
“ Il comandamento divino – scrive Panikkar – è la voce della trascendenza”.
Si tratta però di comprendere bene di chi è quella voce, perchè, come ha scritto lo stesso Magris in un altro articolo: “spesso scambiamo Dio con i nostri fantasmi “.
Tornando alla poesia e alla ideologia, credo che stia proprio qui la grande differenza delle loro voci: la poesia ha in sé uno sguardo amorevole sul mondo, sull’uomo e il mistero che ci vive, mentre l’ideologia ha uno sguardo cieco perchè privo d’amore.
L’ideologia, e anche la religione lo può diventare quando crede d’essere l’unica e la sola che conosce il bene e il giusto, uccide . Per difendere le proprie idee l’uomo che fa dell’ideologia il suo dio è costretto ad impugnare la spada e si sa che è solo nel disarmo che la potenza dell’amore si mostra in tutta la sua autorevolezza, un disarmo che ci mette nella condizione di farci vedere che siamo “poveri e unici”, bisognosi di tutto, ma soprattutto bisognosi dell’altro.
Scrive ancora Raimon Panikkar: ” se so che non mi posso conoscere pienamente, se ho riconosciuto il ruolo corrosivo dell’intelligenza senza amore, se so che ci sono interrogativi e ombre nella mia vita, se so che non ho, nè posso avere la certezza assoluta in nessuna cosa, allora comincio a essere uomo e non angelo, incomincio a scoprire che mi devo fidare di qualcosa o di qualcuno che non sono io; incomincio a scoprirmi come una relazione costitutiva; incomincio a capire che senza fede moriremmo o non potremmo vivere”.
E la Fede è una fiduciosa apertura al Mistero, non ha oggetto ma orecchio, sa ascoltare in umiltà quella parola non vana che è la parola della vera Poesia, parola che ci trascende, perchè trascende il mentale e ci lascia nudi e disarmati la: dove la Vita vive.
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