Ho gustato la cucina di Paul Bocuse

Bocuse è un classico del XX secolo.

Forse il più grande cuoco di Francia, il creatore della “Nouvelle Cuisine“.
Per questo motivo è diventato famoso in tutto il mondo.
La cucina di Bocuse proveniva dalla Borgogna, questa parte della Francia che ha dato i natali a tanti importanti chefs, quali Les Frères Troisgros, La Pyramid, Le Père Bise…
Questi erano i classici della cucina borgognona, prima dell’avvento di Paul Bocuse.
In realtà, verso il 1980, questi aveva preso il sopravvento, creando appunto la Nouvelle Cuisine, che doveva spazzar via quei temi classici, che, da Ritz a Escoffier, avevano caratterizzato la grande cucina francese, dall’800 in poi.
Ma io devo descrivere la mia esperienza personale: mi trovavo in quel periodo in Francia per motivi di lavoro e non potevo sottrarmi all’obbligo di sperimentare questo grande chef, il cui ristorante si trovava nei pressi di Lione, a Collonges-au-Mont-d’Or
Si trattava di una sorta di castelletto, diremmo “chatelet“, che dava al ristorante un tono rustico, ma al tempo stesso signorile.
Arrivai dinanzi al ristorante, con la mia rombante Alfa Romeo, e osservai che, fortunatamente, c’erano soltanto poche vetture.
Entrai nel tempio del Meilleur Ouvrier de France e fui accolto come un principe, da un maitre elegante ed ossequioso.
Mi fu assegnato un grande tavolo circolare a sei posti ed iniziò la cerimonia.
Decisi di scegliere un menù gastronomique, ad un prezzo fisso, che includeva, caso raro in Francia, sia i cibi che i vini.
Ero letteralmente assediato da un cameriere e alle mie spalle si collocò il sommelier con il suo piccolo taste-vin, pronto ad ammannire consigli, mentre il maitre correva di qua e di là fra i tavoli per controllare che non ci fosse nessun problema.
Incominciò quindi la lunga serie di portate fra entrées di vario tipo, soprattutto regionali, quindi includenti vari tipi di terrines, con l’eccezione di un piccolo foie-gras.
La selezione era ampia e ben meditata, e per essa il sommelier mi consigliò un vino speciale di Borgogna.
Come sapete, in Francia sovente si passa dal pesce alla carne per il piatto forte, così accadde pure in quell’occasione.
Ad una specialità del Rodano venne gemellato uno Chablis armonico, a cui seguì, come si usava allora, una sorta di sorbetto, che dava il preludio ai piatti di carne.
Qui accadde l’incidente: seduto come un principe, assistito dal cameriere, con il sommelier alle spalle, assaggiai un prodigioso Civet de Bécassine, ma, purtroppo, i pallini erano rimasti nel corpo dell’uccello, quindi me li ritrovai inaspettatamente in bocca.
Dovevo sputarli ad ogni costo, ma non sapevo come fare, con tutti quei “cortigiani” attorno, per cui lasciai cadere il tovagliolo, mi lanciai sotto il tavolo, sputai i due pallini, poi ritornai a galla, seguito dallo sguardo stupito degli astanti.
Proseguì la sinfonia del banchetto, sino ad arrivare al gran finale, cioè un paio di dessert, preceduti dai soliti formaggi molli, infine un Saint Honoré.
Tutto questo fu innaffiato da un vino classico della Borgogna, il Nuits-Saint-Georges.
Un gustoso Armagnac, di mio gradimento, chiuse la serata.
Mi apprestavo a pagare il conto, quando, con mia sorpresa, il Maestro Paul Bocuse e la moglie, un’algida bionda, si presentarono al mio tavolo per conoscere le mie impressioni sulla cena.
Quando dissi loro che ero italiano e che la famiglia di mio padre veniva da Venezia, il grande Paul ebbe un moto di sorpresa, poi, sorridendo, mi disse che lui stesso aveva passato dei mesi a Venezia, lavorando in un grande hotel del Lido.
Ci ritrovammo amici, quando scoprimmo che entrambi conoscevamo bene Cipriani, il suo Harry’s Bar e che entrambi avevamo cenato sul tavolo di Ernest Hemingway, assaggiando il suo piatto preferito, il San Piero.
Confermai al Maestro che la cena era stata di mio gusto e gli promisi che sarei sicuramente ritornato in un’altra stagione.
Lui e la signora se ne andarono, lenti e sussiegosi.
Pagai il conto, qualche centinaio di Franchi, onestamente non troppo di fronte a quanto avevo assaggiato, e pensai che tutto quel parlare di Nouvelle Cuisine era in fondo ingiustificato o esagerato.
Quello che avevo assaggiato era in fondo una Cuisine du Terroir, cioè una cucina borgognona rivisitata, lievemente ridotta in quantità e pesantezza, ma non in gusto.

Lievemente eccitato e brillo, montai sulla mia Alfa Romeo e mi persi nella notte, in cerca di nuove avventure.

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