“Analisi”
Stiamo assistendo all’aggravarsi della crisi climatica, ed in Europa parecchi attivisti continuano nella loro opera di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla grave calamità che ci sta colpendo, denunciando la paralisi politica.
L’Ucraina non fa eccezione e gli incendi sono sempre stati un problema crescente.
Ma l’enorme aumento di incendi nel Paese a partire dal 2022, non è tanto legato al cambiamento climatico, ma all’invasione su larga scala da parte della Russia.
L’estensione degli incendi verificatisi nel corso del 2022 è stata la più vasta degli ultimi anni, e questo forte aumento degli incendi stava aggravando ulteriormente le condizioni in cui si trovavano le persone e il territorio del Paese.
Se ci pensiamo, la guerra in Ucraina non solo ha causato migliaia di morti, ma ha arrecato danni incalcolabili all’ambiente.
Un terzo della Biosfera europea passa dall’Ucraina, ma il conflitto continua a minare la sopravvivenza di migliaia di piante ed animali. Soprattutto incendi, campi minati e metalli pesanti nel suolo hanno messo in ginocchio l’agricoltura, e le emissioni si stanno impennando.
La devastazione ecologica causata dalla guerra in Ucraina, nel primo anno di guerra ha pochi precedenti nella storia. L’impatto dei bombardamenti e dei combattimenti su flora e fauna è gravissimo, così come sono state terribili le conseguenze sull’agricoltura e le emissioni.
La guerra in Ucraina è in primis una tragedia umanitaria, ma purtroppo anche ambientale. Le due cose non vanno separate, dal momento che i danni ecologici di oggi sono la minaccia per ulteriori catastrofi umanitarie di domani.
Possiamo parlare tranquillamente di “ecocidio”in Ucraina, anche perché la guerra ha continuato a mettere in ginocchio uno degli ecosistemi più ricchi e fragili d’Europa, con tutte le conseguenze del caso per il pianeta.
In particolare foreste, paludi, steppe ospitano oltre settantamila specie di animali e vegetali, di cui millequattrocento sono protette. Ecco perché possiamo tranquillamente affermare che la guerra ha causato un vero e proprio ecocidio. Un altro aspetto importante riguarda l’aumento degli incendi boschivi e campi in Ucraina, causati dagli attacchi russi su vasta scala.
La guerra rende più complicato contrastare questi incendi, tra carenza di risorse e pericoli legati alle mine. Negli ultimi decenni, gli incendi di boschi e di altri ambienti naturali sono diventati sempre più frequenti e estesi in Europa, e il riscaldamento globale li renderà ancora più comuni in futuro. Non è affatto una coincidenza che gli incendi del 2022 sono stati provocati dai colpi di artiglieria e dai lanci di missili, che hanno finito per scatenare fiamme nei boschi e nei campi.
L’impatto degli incendi non si ferma però al confine del paese in cui si verificano, perché oltre a inquinare l’atmosfera e a devastare il territorio,gli incendi rilasciano emissioni di gas nocivi che contribuiscono ad aggravare ulteriormente il riscaldamento globale. La situazione è precipitata durante il primo anno di guerra con il bombardamento ed il successivo crollo della diga di Kakhovka sul bacino del fiume Dniepr, che ha costretto migliaia di persone a evacuare l’area.
A parte i danni arrecati alle infrastrutture e alla vita delle persone, l’inondazione causata dalla distruzione della diga ha provocato un’inondazione che ha distrutto in modo permanente i vecchi habitat animali, e una miriade di specie vegetali che si trovano lungo le rive del fiume. Questa regione ospita una quantità significativa di flora e fauna, e secondo i dati raccolti dalle istituzioni ucraine, il danneggiamento della diga e il successivo allagamento rappresenta uno dei danni ambientali più critici dallo scoppio della guerra del febbraio 2022. Da ricordare che il territorio dell’Ucraina per il 70% è destinato all’agricoltura, e che la maggior parte della flora e della fauna sono concentrate lungo i fiumi. Le immense distese di grano e girasoli che si estendono appena varcato il confine dell’Ucraina ormai sono solo un ricordo, dove i bombardamenti, le mine, le linee di trincea e incendi hanno “sfregiato” i terreni. L’invasione dell’Ucraina da parte russa ha causato costi altissimi per l’ecosistema, dove circa 150 milioni di tonnellate di anidride carbonica e altri gas serra dispersi nell’aria solo nei primi diciotto mesi di guerra.
Più di un quarto della sostanze nocive diffuse nell’ambiente viene generato in maniera diretta dalle operazioni militari, a partire dal consumo del carburante utilizzato per lo spostamento dei mezzi, fino alla dispersione delle componenti tossiche presenti nelle munizioni. Inger Andersen (direttrice esecutiva del programma ambientale della Nazioni Unite (Unep) ha affermato che:
“ La priorità è che questa distruzione insensata finisca subito, in quanto l’ambiente riguarda le persone, si tratta di mezzi di sussistenza, salute pubblica, aria e acqua pulite. Si tratta di garantire un futuro sereno per gli ucraini ed i loro vicini, e assolutamente non si devono fare ulteriori danni”. Secondo alcune stime, durante il primo anno di combattimenti sul suolo ucraino si sono verificati incendi su un’area paragonabile a un milione di campi da calcio, concentrati soprattutto sul
confine col Donbass. Una considerevole parte delle zone devastate dagli incendi si concentra lungo l’ “Emerald Network”, una catena di parchi e riserva protette considerate di notevole interesse per la presenza di specie rare e in via d’estinzione.
A detta di esperti si potrebbero avere ripercussioni per i prossimi cento anni.
Questo ecocidio sta infliggendo duri colpi alle biodiversità presenti in Ucraina, e gli effetti si hanno a migliaia di chilometri di distanza. L’Associazione degli ornitologi del Kashmir indicano riduzioni importanti del percorso degli uccelli migratori come causa correlata del conflitto, dell’inquinamento provocato e dalla paura di
altri attacchi. Si rilevano danni rilevanti al bacino di Seim, nella regione di Sumy dove un cospicuo sversamento di sostanze dannose provenienti da uno stabilimento industriale della città russa di Tyotkino ha distrutto tutta la biodiversità fluviale.
Tutti dobbiamo interrogarci su come gestire le successive fasi di ricostruzione, che si riveleranno cruciali per gli equilibri ambientali dell’Ucraina e dei Paesi vicini.
Per ricostruire le città distrutte, si stima l’emissione nell’aria di circa 50 milioni di tonnellate di CO2 , senza contare l’abbattimento di tutti quei fabbricati danneggiati dai combattimenti, e la bonifica dei terreni minati, provocheranno il rilascio di ulteriori sostanze dannose per l’ambiente. Ad inizio 2023 una risoluzione del Parlamento europeo sull’istituzione di un Tribunale per il crimine di aggressione contro l’Ucraina, riconosce il legame tra la guerra e i danni a lungo termine
perpetrati contro l’ecosistema e il clima. A fronte degli aiuti all’Ucraina ancora stabilmente presenti nell’agenda europea con la nuova legislatura, è stata organizzata in Italia per il 2025 la “Conferenza per la Ricostruzione” dove si dovrebbero delineare le linee chiave per il futuro dell’Ucraina. Purtroppo negli ultimi avvenimenti di guerra, i danni arrecati all’ambiente sono stati innumerevoli, come testimoniano i bombardamenti della Nato contro la Serbia ed il Kosovo nel 1999.
Più precisamente per 64 giorni,la popolazione di quelle terre è stata bombardata con bombe all’uranio impoverito. I proiettili all’uranio impoverito, sono prodotti con materiale radioattivo di scarto, messo gratuitamente a disposizione dei fabbricanti d’armi, i quali li trasformano in proiettili, mine e granate.
La produzione di questi proiettili è finalizzata allo sfondamento di obiettivi corazzati.
Al momento dell’impatto i proiettili liberano tra il 40 e il 70 per cento di particelle di ossido di uranio, e queste essendo invisibili si inalano principalmente respirando.
Immaginate i danni irreparabili causati da questi ordigni sulla salute dell’uomo. Ma anche l’utilizzo di questi micidiali proiettili, aveva creato danni ingentissimi all’ambiente. Infatti la polvere radioattiva si depositava anche attraverso grandi distanze, cosa che produceva una penetrazione degli elementi radioattivi nel terreno, nell’acqua e in ultimo nella catena nutritiva.
Proiettili di questo tipo, sono stati utilizzati per la prima volta dagli alleati, durante la prima guerra del Golfo nel 1991.
Per anni nel deserto iracheno si sono rinvenuti questi tipi di proiettili radioattivi, soprattutto nel sud del paese a Bassora, e nelle vicinanze delle zone dove avevano avuto luogo i combattimenti.
Graziano Canestri
(grazianocanestri@gmail.com)
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