Italiani…imprevedibili. Umbria e Emilia Romagna al centrosinistra

La Giorgia nazionale si danna l’anima girando mezzo mondo con tenute firmate, solitamente chiarissime, tagli di capelli accurati e padronanza dell’inglese messa in mostra in ogni occasione possibile  e gli italiani…il popolo a cui lei guarda con affetto materno le fa brutti scherzi. Davvero poco riconoscenti del “lavoro ch’avemo fatto noi“.  Ma dovrà rassegnarsi.

Come davvero imprevedibile, per la Premier come per molti anche a sinistra, è stata  la vittoria in Umbria della combattiva Stefania Proietti già sindaco di una città complessa come Assisi, anello di collegamento di una serie di aree non sempre in sintonia (basti pensare ai continui attriti tra Cinque Stelle e PD) con programmi spesso in disaccordo su aspetti economici, sociali e strategici importanti. Una Sindaco che, come si dice, “ha saputo fare sintesi”. Specialmente su alcuni punti fondamentali, lasciando il resto alla dialettica dei vari Gianfranco Mascia (capolista di Alleanza Verdi Sinistra) e di tutti gli altri “vertici” di partito che hanno avuto le loro rivincite in questa tornata elettorale. Conosco Gianfranco (Rosario) da una vita e sono contento per lui, ma qualcosa non quadra nell’insieme e, prima o poi ci sarà l’occasione per riprendere l’argomento. E di qualche contraddizione proviamo a trattare anche qui a fondo editoriale.

Tre sono stati gli assi portanti della vittoria della proietti: una ferma difesa della sanità pubblica, dimostrando – dati alla mano – quali ritardi e quali problemi abbiano toccato pure la “santa” Umbria. Poi i criteri di inclusione, in una regione da sempre attenta agli stranieri (Perugia è sede di una delle più antiche Università per Stranieri d’Europa) considerati “risorsa” importante,  “interfaccia” e non “problema” da eliminare o, peggio, respingere in modo discutibile. Per terza, e forse progressivamente diventata “prima” come argomento clou l’attacco all’unità nazionale, ad alcune prerogative della Costituzione con un “salto nel buio ”  ben percepito dagli amici e dalle amiche dell’Umbria. Che, sarà pur vero,  non ha votato in massa come altre volte ma, comunque, ha tenuto fede agli impegni ed ha superato il 50 per cento degli aventi diritto. Di questi tempi un risultato che fa onore alla regione di San Francesco, dei cento comuni con mille e più anni di storia e, metaforicamente, del “lupo di Gubbio” tornato  a più miti consigli.

Non ce ne voglia il neo presidente De Pascale che a Bologna ha compiuto un altro miracolo, visto che non era poi così sicuro che il “buon governo” di Bonaccini e Schlein, sarebbe stato compreso e apprezzato. Non ce ne voglia se non ci dilunghiamo su di lui, ma lo faremo presto, perchè – citando Pierluigi Bersani – “i campi erano già stati arati bene”. E non sarebbe stato difficile continuare un percorso già tracciato con abbastanza convinzione e sicurezza. Usiamo il termine “abbastanza” perchè l’Emilia Romagna ha mostrato in questi mesi tutta la sua fragilità dal punto di vista idrogeologico, frutto di autorizzazioni a valanga per cementificazioni a volte inutili, per complessi di capannoni da periferia milanese, per rettificazioni e restringimento di fiumi “tanto non è mai esondato l’Idice (ne citiamo uno dei tanti)”,  con i risultati che ben conosciamo. E, se andiamo a vedere, le colpe risalgono su su negli anni… e il colore di quelle Giunte non era quello del governo nazionale oggi al potere. La regione di Caorso (in provincia di Piacenza), dove c’è la più grande centrale nucleare italiana, proprio a fianco del PO sarà una di quelle indicate per il rilancio del nuovo nucleare italiano…e allora vedremo come ci si comporterà. Una centrale (quella Westinghouse nucleare PWR di Caorso) che nei quindici anni di funzionamento produsse molto meno di quanto è costata complessivamente e che ci ha lasciato scorie a gogo. E, ancora, il provincia di Bologna, nel pieno degli Appennini più belli e rigogliosi un’altra “macchia” di quei decenni di “buon governo” di cui Schlein e Bonaccini sono in qualche modo eredi: la centrale sperimentale del Brasimone, vera idrovora di finanziamenti statali ed europei, mai entrata in funzione e perennemente in condizioni di allerta. E ci fermiamo qui, perchè oltre alle contraddizioni energetiche,  il passaggio dal sistema delle cooperative a qualcosa di più moderno ed efficace è ancora in corso e tutti ne aspettano i risultati concreti. Vedremo. Per ora limitiamoci ai dati certi.

I risultati elettorali

La coalizione di centrosinistra, con la candidata presidente Stefania Proietti, ha vinto le elezioni regionali in Umbria. Alle ore 19:30 di lunedì 18 novembre Proietti, supportata da Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi-Sinistra, Più Europa, Azione e Italia Viva, ha preso il 51,6 per cento dei voti, sconfiggendo la presidente uscente Donatella Tesei (45,6 per cento). Le sezioni scrutinate sono poco più della metà, ma secondo tutte le proiezioni il divario tra le due candidate non è più colmabile.

Al voto ha partecipato il 52,3 per cento degli aventi diritto, una percentuale più bassa rispetto al 64,7 per cento registrato alle elezioni regionali del 2019, quando Tesei è stata eletta presidente per la prima volta. L’affluenza a queste elezioni regionali è stata la più bassa di sempre in Umbria: il record negativo precedente è stato quello del 2015, quando votò il 55 per cento degli aventi diritto. 

E ora che succederà?

Probabilmente salterà qualche testa e si farà il solito gioco dello “scaricabarile” anche se sembra che il centrosinistra abbia imparato la lezione e sembra maturo per passi fino a sei mesi fa inimmaginabili.

Andiamo per ordine… Sulle questioni economiche in più dibattiti si è notata una certa convergenza su posizioni “draghiane” da parte di entrambe le aree. Sostanzialmente un “lasciate fare ai tecnici, a chi se ne intende, a chi è abituato a muoversi in contesti internazionali e state buoni“. Qualcosa di simile a quanto si è visto qui in Piemonte con le posizioni del Sindaco Lorusso (Torino Città Metropolitana, quasi una regione autonoma,  non a caso) sempre più attento a seguire quelle che sono le indicazioni classiche del capitalismo moderato/liberale. Niente di male a dirlo o a scriverlo…basta solo sapere che il trend è quello. Si punta sul turismo d’elite, sulle città d’arte sempre più “cittadelle per pochi”, una “logistica” di cui le regioni italiane sono solo un momento di passaggio e molto altro.  Si sta andando verso  quel tipo di approccio…così come la trasformazione delle tradizionali “cooperative” (più o meno “rosse”) in centri di produzione specializzata con tanto di pedigree universitario e riverbero mediatico di qualità. 

Insomma siamo solo all’inizio di un cambiamento che, per le premesse messe in campo , è solo di facciata e che attende la verifica dei fatti. Intendiamoci…siamo ben contenti della doppia vittoria (insperata) e dell’altrettanto importante vittoria in Sardegna ma i contenuti, la chiarezza di idee, la capacità di fare che scelte a volte difficili, per ora non sono ben definiti. E vogliamo usare un eufemismo.   

La vicenda dell’energia, di come produrla senza ricorrere al “fossile” e, a volte, al carbone, con un ritorno al “Nucleare di quarta generazione”, piccolo e (secondo una propaganda tendenziosa) non inquinante, è una delle questioni scottanti che aspettano indicazioni univoche. Sbagliatissimo cavalcare le proteste di chi non vuole l’eolico per partito preso o fa mille distinguo sul solare…anche se alcuni dei partiti che hanno permesso la vittoria a Perugia, a Bologna e a Sassari, basandosi su questo per raccimolare voti. Sbagliatissimo perchè si creano aspettative errate a cui non si potrà dare seguito. Pure l’idroelettrico, in certi comizi, è stato dipinto come un mostro pronto a distruggere tutto con le sue acque ” invasate da sprovveduti e tangentati” (sentito ad un comizio della Todde in Sardegna a Iglesias qualche mese fa… ) ripetendo una manfrina che va a confondere tutto. I lavori si fanno come Dio comanda, secondo leggi e decreti applicativi precisi, con l’aiuto delle forze dell’ordine e di controllo non “sparando a vanvera”. Q”ul qualunquismo è direttamente proporzionale alla svogliatezza dell’elettorato che, semplicemente, “non ci crede più”. . Così non si va da nessuna parte e, prima o poi, queste contraddizioni, questi tentennamenti, si pagano.

 

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