Lungi da me l’idea di paragonarmi ad Emile Zola, il grande maestro, però ogni tanto è bene avere uno slancio verso la Verità.
Il primo j’accuse è contro gli Stati Uniti d’America, questo gradasso intercontinentale che fa la voce grossa in tutte le circostanze, commette errori paradossali in politica estera e non ne vuol pagare le conseguenze.
Cacciato a pedate dal Vietnam, venticinque anni dopo cerca vendette in Iraq ed Afghanistan, sbagliando clamorosamente il bersaglio.
Ma tant’è: finchè ci son soldi c’è speranza…
Gli uomini di Bush, una banda di dilettanti, ma pronti a scatenar guerre a destra e a manca.
Sull’altro fronte la Russia sempiterna, quella pronta a menar le mani contro i Tatari e gli Ottomani e, se non basta, pronta a sventrare il fratello minore, l’Ucraina, di cui comunque la Russia si dichiara consanguinea.
Nel piccolo Putin possiamo scorgere un clone del baffuto Stalin, che il primo cerca di copiare in tutto e per tutto, e gli occidentali lo lasciano fare, tanto chi lo può fermare?
Un j’accuse va anche all’Europa, quella delle quote rosa, in cui il quartetto delle ragazze pop sembra ricevere amichevolmente a Bruxelles sia amici che nemici, in un vaudeville parigino.
L’Europa delle grandi cifre, dei miliardi a bizzeffe che vengono sparsi a piene mani per finire in un buco nero, dal quale si evince ogni giorno la sua debolezza.
E per finire un j’accuse anche all’Italia, piena di galli canterini incapaci di raggiungere un tono sinfonico, ma occupati a beccare al suolo quello che riescono ad arraffare, destra e sinistra che si uniscono in questa operazione, mentre dall’alto Crosetto riassume con soddisfazione i contratti di armamenti che si impilano sul suo tavolo.
Cari signori, secondo me non c’è oggi una necessità di leader, che sembra la richiesta del giorno, quanto il bisogno di persone “cum grano salis” che sappiano essere buoni amministratori.
E non fatemi rimpiangere, ancora una volta, il Novecento…
Viator
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