Nel 1978, anno cruciale per le nostre vite, uscì uno tra i molti conturbanti libri di Milan Kundera:
il libro del riso e dell’oblio. Fu proprio l’uscita di questo libro che, nel 1979, gli costò la perdita della cittadinanza cecoslovacca e di ogni possibilità lavorativa nella sua terra.
Diventò così del 1981 cittadino francese, nazione dove tutt’ora vive e dove ha pubblicato gli altri suoi libri, certamente l’insostenibile leggerezza dell’essere, rimane il più famoso.
Ma torniamo a :il libro del riso e dell’oblio, che mi sono ritrovata a leggere in questi giorni,( forse per ritemprarmi con il coraggio delle molte Primavere nate e subito ammazzate dall’ignoranza di ogni potere), trovandovi pagine d’una attualità sconcertante.
Kundera lega pateticamente insieme “sette smaglianti variazioni”. Figlio di musicista, studiò musica e in ogni suo libro la si sente, la sua musica . Sono storie in cui la biografia di un paese dilaniato, si insinua attraverso ogni spiraglio che le macerie del ricordo consentono.
Kundera sa toccare i nostri sentimenti sapientemente, come il pianista fa con i tasti del suo pianoforte; sa essere ironico e ambiguo, crea ogni storia col suo particolare spartito d’ambiguità, dove erotismo, epica, ironia e follia danzano dentro i suoi personaggi che si sfaldano nella realtà, assumendo forma e concretezza solo nel dolore e nella memoria.
“Sappiamo già da James Joyce – fa dire a uno dei personaggi di questo libro – che la più grande avventura della nostra vita è l’assenza di avventura .Odisseo che ha combattuto a Troia, che attraversa i mari pilotando egli stesso la barca, che ha un’amante in ogni isola, no, non è questa la nostra vita. L’Odissea di Omero si è trasferita dentro di noi. Si è interiorizzata. Le isole, il mare, le sirene che ci seducono, Itaca che ci chiama a sé, oggi non sono altro che le nostre voci interiori.
…………..Scrivo. ( dice un personaggio)
………….Per i suoi figli? ( chiede l’altro )
Sorrise con amarezza.
I miei figli?Non li interesserebbe affatto. Scriviamo libri perchè i nostri figli non si interessano a noi. Ci rivolgiamo al mondo anonimo perchè nostra moglie si tura le orecchie quando parliamo…………..
Dobbiamo chiarirci il concetto di grafomane e di scrittore.
La donna che ogni giorno scrive all’amante quattro lettere non è una grafomane, è una donna innamorata. Ma il mio amico che fa le fotocopie delle lettere d’amore che spedisce per poterle un giorno pubblicare, è un grafomane. La grafomania non è il desiderio di scrivere lettere, diari, cronache di famiglia ( cioè scrivere per sé o per le persone più vicine ), ma lo scrivere libri ( cioè avere un pubblico di lettori sconosciuti). In questo senso la passione dell’autista e di Goethe sono identiche. Quello che distingue Goethe dall’autista non è una passione differente, ma un differente risultato della passione.
La grafomania ( l’ossessione di scrivere libri ) prende fatalmente le dimensioni di un’epidemia di massa quando il progresso di una società raggiunge tre condizioni fondamentali:
- l’alto livello del benessere generale che permette alla gente di consacrarsi a un’attività inutile
- l’alto grado di atomizzazione della vita sociale e il conseguente isolamento degli individui
- la radicale mancanza di grandi cambiamenti sociali nella vita interna di una nazione ( da questo punto di vista, mi sembra sintomatico che in Francia , dove non succede assolutamente nulla, la percentuale degli scrittori sia ventun volte maggiore che in Israele. …………..E’ proprio questa assenza di contenuto vitale , è questo vuoto il motore che spinge a scrivere ) .
L’isolamento generale crea la grafomania, ma la grafomania di massa generalizza e aggrava a sua volta quell’isolamento. L’invenzione della stampa permise un tempo agli uomini di comprendersi a vicenda. Nell’epoca della grafomania universale, il fatto di scrivere libri assume un significato opposto: ognuno si circonda dei propri segni come di un muro di specchi che non lascia filtrare alcuna voce dall’esterno.
……………Siamo sottovalutati, gelosi,feriti e ci auguriamo la morte dell’altro.
L’irresistibile aumento della grafomania tra uomini politici, autisti di taxi, partorienti, amanti, assassini, ladri, prostitute, prefetti, medici e malati mi dimostra che ogni uomo, senza eccezione, porta in sé lo scrittore come una sua potenzialità. Tutta la specie umana potrebbe a buon diritto scendere per strada e gridare: siamo tutti scrittori !
Poichè tutti soffrono all’idea di scomparire senza essere stati visti né uditi in un universo indifferente e vogliono, finchè c’è ancora tempo, trasformare sé stessi in un universo di parole.
E il giorno (vicino ) in cui dentro ogni uomo si sveglierà lo scrittore, saranno tempi di sordità e incomprensione generali.
Inutili altre parole sull’attualità d’oggi. Buona lettura.
Patrizia
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