La grande opportunità di votare per i 5 referendum: esprimiamoci!

Con questo breve intervento mi rivolgo a chi ha dei dubbi sul quesito numero 5, riguardante la Cittadinanza e sta pensando di stare a casa per protesta. Hai ragione! Ad avere dei dubbi. La penso come te. Ma ci sono ottime ragioni per andare a votare anche sul quinto quesito, se ci pensiamo un momento. Vediamo quali.

Partiamo dai 4 referendum sul Lavoro che sono, obiettivamente, quelli più importanti. Con estrema chiarezza ed efficacia il professore Zagrebelsky, insigne giurista, ha spiegato il significato dei 4 referendum sul Lavoro, promossi dalla CGIL di Landini. Se ritieni che il Lavoro sia un caposaldo costituzionale e un fattore di dignità e realizzazione del cittadino, e non una merce, cioè qualcosa che può essere venduto e comprato anche a poco prezzo sul mercato, devi votare convintamente 4 sì. Se invece ritieni che sia il Mercato il vero e inderogabile principio regolatore degli aspetti principali della società umana, allora sei per il no ed è giusto che voti per il no.

L’economista Emiliano Brancaccio inoltre, ha spiegato molto bene perché dare più diritti ai lavoratori rafforza l’economia e non il contrario, come sostengono invece i detrattori del referendum (fra di essi l’economista bocconiano Tito Boeri esprime le posizioni della Confindustria). Infatti il 90% degli studi sulla flessibilità commissionati dalle principali istituzioni economiche mondiali quali FMI, Banca Mondiale e OCSE, evidenziano come la maggiore flessibilità del lavoro non aumenti in alcun modo i livelli occupazionali. E in ogni caso, se i lavoratori hanno più diritti è dimostrato che l’economia non ne risente ma è costretta a modernizzarsi effettuando investimenti produttivi e non vivendo “di rendita” su quello che hanno già pagando bassi stipendi con contratti precari e mettendo a rischio la sicurezza (e spesso la vita) dei lavoratori sul luogo del lavoro.

E già qui, si capisce che abbiamo una occasione d’oro per andare alle urne domenica prossima a dire la nostra, visto che si vota per dei principi, dei diritti sociali ed economici che riguardano tutti i cittadini, e non per questo o quel politicante. Da battitore libero e (mio malgrado) bastian-contrario, riconosco per primo che tutti gli attuali partiti sono pessimi! Anzi, non sono nemmeno dei veri partiti ma dei circoli ristretti di amici e famigli che pensano principalmente ai loro interessi e che sono riusciti alla fine a prendere il controllo dello spazio pubblico allontanando tutti i “rompiscatole” un po’ più seri, per i quali la politica è fatta dai “molti” e non dai “pochi ma buoni”.

Arriviamo dunque allo scopo di questo intervento, di evidenziare le perplessità e le opportunità fornite dal quinto quesito referendario. Dirò qualcosa che nel centrosinistra “convenzionale” nostalgico dell’Ulivo, a molti non piacerà, ma sono sempre contrario a tutte le iniziative dei Radicali. Certo negli anni ‘70 e ‘80 i Radicali di Pannella hanno sostenuto il movimento referendario per i diritti civili e per l’ambiente, contribuendo a fare evolvere positivamente la nostra società. Ma dagli ‘90 hanno sposato definitivamente l’iper-liberismo dell’economia finanziaria. Ricordiamo il loro slogan di tutti gli anni ‘90 e primi anni 2000: “liberali liberisti libertari”. I Radicali (che oggi si chiamano Più Europa) non hanno niente a che vedere con la sinistra. Sono un partito di destra liberale che si colloca (prevalentemente) nel centrosinistra (ma hanno governato anche con Berlusconi) perché l’attuale destra è sempre più collocata su posizioni estremistiche, neo-nazionaliste e tendenzialmente trumpiane e xenofobe. Per questo un partito dichiaratamente di centro finisce per allearsi spesso con un centrosinistra che definire moderato è un eufemismo.

I Radicali hanno dunque promosso, come è noto, un quinto referendum riguardante la riduzione del numero di anni necessari per i residenti stranieri che lo richiedano, di avere accesso alla cittadinanza italiana. Un tema importantissimo. Ma personalmente penso che sarebbe stato meglio in questa tornata votare soltanto sul tema del Lavoro visto che questo ulteriore quesito referendario tocca un tema delicato come quello dell’immigrazione su cui vi è una potente propaganda di destra e xenofoba, molto forte, che rischia di creare confusione e penalizzare il raggiungimento del quorum.

Penso invece che sia il momento di parlare di Lavoro e di risarcire i lavoratori per i danni che i governi tecnocratici sostenuti dall’Ulivo e dal PD (fino al disastro Renzi che ha abolito l’art.18) unitamente ai governi della destra berlusconiana e meloniana, hanno arrecato al loro benessere e alle loro famiglie, alla sicurezza e alla qualità della vita aumentando la precarietà e non sostenendo l’occupazione e l’adeguamento dei salari che sono i più scadenti d’Europa e fra i paesi sviluppati. La condizione del lavoro oggi in Italia, e da molti anni, è drammatica e tutta l’attenzione andava posta sul giusto risarcimento materiale e morale che spetta di diritto al mondo del Lavoro dopo 40 anni di ubriacatura neoliberista.

Una economia iper-liberista tutta a favore delle imprese e del mercato finanziario deregolato (iniziata con Clinton, Blair, Schroeder e Prodi) che ha danneggiato i lavoratori e non ha prodotto niente in termini di crescita e di produttività: siamo allo zero-virgola, anche se Renzi e la Meloni si affannano a cercare di dimostrare il contrario.

Quindi contrariamente alla strategia dei Radicali e dei liberali del PD, penso anche io che si tratti di ristabilire prima i diritti sociali ed economici del Lavoro, creare di nuovo una buona economia per tutti, e poi pensare a un’estensione dei diritti di cittadinanza. Non perché sia sbagliato in sé, ma perché in conseguenza di queste tensioni sociali, molti elettori sono disorientati e preoccupati per la possibile competizione degli stranieri e stanno meditando di non andare alle urne in preda alla paura che come al solito, si parlerà solo di diritti civili per le “solite” minoranze e a loro non andrà niente. Parliamoci chiaro. Lo so che qualcuno dei soliti circoletti pseudo-intellettuali si scandalizzerà a sentire queste cose, ma questo è quello che pensano molti nelle classi popolari e bisogna prenderlo seriamente e con rispetto.

Da battitore libero mi sento però, nel mio piccolo, di dire loro: non fatelo! Andiamo alle urne, aiutiamo il quorum (e i referendum per il Lavoro) ed esprimiamoci (ognuno secondo la sua sensibilità) anche sul quinto referendum.

Ci sono molte ragioni, infatti, per cui andare a votare i 5 referendum è un’occasione da non perdere per contare e decidere, di quelle che ahinoi ormai si presentano sempre più raramente (perché è evidente che questo ceto politico auto-referenziale, di destra come di falsa sinistra, si alimenta del non voto e della rassegnazione popolare).

Non andare a votare è un errore perché:

1) il voto è partecipazione attiva e rafforza la democrazia. Con la rassegnazione e il tifo per il non-quorum (per fare un dispetto ai Radicali, poi!) si rafforza solo la falsa illusione che limitarsi a protestare sui “social” possa produrre qualcosa. Non produce niente se non sconforto e finire preda dei fantasmi dei social, intrappolati dietro uno schermo nelle peggiori propagande demagogiche. La partecipazione si fa in piazza e nell’urna e non passivamente dietro un monitor.

2) si vota per dei pezzi di politiche legislative importanti, quali i diritti del Lavoro e della Cittadinanza, che avranno conseguenze reali, e non per questo o quel quel partito: sono tutti pessimi e invotabili! E’ vero. Ma qui si vota SI o NO per dei diritti che riguardano tutti e non il politicante di turno che vuole sistemarsi e fare carriera.

3) vi è poi il benefico meccanismo dinamico della democrazia che rimescola sempre le carte. I sondaggi dicono che il quinto referendum è quello che piace di meno e il risultato è in bilico fra il sì e il no.

Ma questo se ci pensiamo è fantastico! Il nostro voto conta! Quando ci ricapiterà un’altra occasione del genere? Poter dire la tua su una legge dello Stato, senza l’intermediazione di nessun politicante!

Il redde rationem sul quinto referendum si fa nell’urna! E non sui social, attendendo passivamente un risultato deprimente per tutti: la vittoria del non voto. Il non voto rafforza solo i potenti, gli oligarchi dell’economia che si comprano i politici quando non si candidano loro in prima persona, come accade ormai sempre più spesso. Qui possiamo dire la nostra! Esprimiamoci e non perdiamo questa opportunità! Certo se si arriva al 50-50 uno vince e uno perde ma hai la soddisfazione di avere detto la tua e la sicurezza che il tuo voto conta. Una volta tanto il nostro voto è decisivo. Quando ci ricapita più una simile occasione?

Filippo Boatti

2 giugno 2025

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