Arturo Benvenuto Ottolenghi nato nel 1887, cattolico ed “ircinconciso”, proveniente da una famiglia storica di ebrei acquesi, laureato in giurisprudenza, si arruola allo scoppio della guerra e, tenente di Artiglieria, viene ferito durante la Prima Guerra mondiale 1). Si iscrive al Fascio dal 1932., ma il suo ruolo in città e nel Paese era soprattutto quello di benefattore di importanza eccezionale in particolare per il mondo cattolico e per il Vescovado di Acqui Terme. Si era sposato nel 1914 a Roma con Herta von Wedekind zu Host ( 1885-1953 ) 2) “di antica, cristiana e ariana famiglia tedesca” che aveva conosciuto in Germania tra il 1912 e il 1914 mentre stava approfondendo gli suoi studi di diritto. Herta Wedekind, scultrice di fama europea, doveva la sua formazione allo scultore e ceramista tedesco Hans Stoltenberg Lerche residente a Roma, era figlia di Paul Wedekind proprietario della Esso Italia 3) – società italiana della Standard Oil di proprietà di Rockfeller – e tra gli altri immobili del palazzo Wedekind in Roma per molti anni sede del giornale “ Il Tempo “ e adiacente a Palazzo Chigi. Acquistato dal nonno Karl Wedekind nel 1879 fu ristrutturato dall’architetto Giovenale 4). In quel palazzo a Roma e poi a Berlino, Hannover e Palermo, Herta Wedekind compie la sua formazione cosmopolita ed artistica. Nel dopoguerra si traferiscono in Liguria nella villa di famiglia a Sorli da dove cominciarono a progettare la Villa Ottolenghi di Monterosso. Una donna cosmopolita e di alta formazione artistica, scultrice conosciuta in tutta Europa, dedicò anche della seconda parte della sua vita al disegno su stoffa e alle su applicazioni industriali. Ammalata di tubercolosi pare fosse donna dal carattere volitivo e questa sua caratteristica risulta evidente dalla sua tenace difesa del marito di fronte al rischio mortale della depostazione.
Nell’aprile del 1939 la Tenenza dei carabinieri di Alessandria esprime meditato parere favorevole alla discriminazione di Ottolenghi indicando tre elementi favorevoli all’esito positivo della domanda:
- Ex combattente, ferito e decorato. Iscritto al fascio dal 1932;
- Benefattore sollecito e largo verso le istituzioni cattoliche ( vescovado, Casa di Riposo di Acqui Terme etc.. ), a favore del fascismo ( tra le tante iniziative donò al Partito un immobile in Alba in occasione della fondazione dell’Impero) , ma anche nei confronti dei giovani artisti senza mezzi e, tra le altre, sostenendo circa 250 disoccupati durante il periodo invernale con legna e refezione.
- Ottolenghi era coniugato con una donna “ di antica, cristiana ed ariana famiglia germanica”. In realtà nel caso specifico i Carabinieri non verificarono documentalmente le ascendenze della Wedekind, probabilmente dandole per assodate.
Delle tre diverse aree legali che potevano consentire la discriminazione solo la terza consentiva di essere classificato come non ebreo, le altre potevano solo consentire delle deroghe, chiamate in modo ipocrita “discriminazioni”, e quindi senza neanche la necessità di dichiararsi ebreo. Il figlio Astolfo, nato nel 1917, a scanso di equivoci e con tradizione cosmopolita, era residente in Oxford come studente.
Già nell’aprile del 1939 abbiamo traccia dello sforzo della Curia acquese di appoggiare in toto le ragioni di Arturo Ottolenghi. La Prefettura di Alessandria infatti trasmette copia di una lettera del Vescovo di Acqui al duca di Bergamo – Adalberto di Savoia-Genova – “ affinchè nell’istruttoria della pratica siano tenute presenti le circostanze favorevoli in esse dedotte”.
Il podestà Moro di Acqui Terme i 15 novembre 1939 informa con lettera riservata il Questore si Alessandria che su “L’Ancora” stava per essere pubblicato un articolo con il quale si intendeva esaltare l’opera filantropica di Ottolenghi in particolare per il restauro del Palazzo Vescovile. La lettera dà poi conto di una lapide laudativa che avrebbe dovuto essere murata in vista al pubblico invece verrà spostata all’interno del cortile del Palazzo Vescovile.
Le ricerche per trovare Arturo Ottolenghi erano cominciate senza esito già dal dicembre 1943 sia in Acqui, sia in Bogliasco dove lo stesso si era trasferito nella Villa Ceriana, poi occupata dal Comando germanico.
Nel frattempo vengono approntate misure che sembrano non tener conto della sua condizione di coniugato con ariana. Nell’aprile del 1944 il Capo della Provincia di Alessandria decreta il sequestro temporaneo dei beni di Ottolenghi e affida al generale Ricagno l’incarico di sequestratario. Nell’elenco dei solo beni immobili della provincia di Alessandria troviamo porzioni, seminativi, vigne per un totale di 79 ettari e quattro immobili tra i quali la residenza di Monterosso.
Il 10 giugno 1944 Ottolenghi viene arrestato in Acqui mentre si recava dal dentista per mano del tenente Freda. Tre giorni dopo viene trasferito in Alessandria. Non abbiamo ulteriori notizie sulla modalità e cause dell’arresto. Forse casuale oppure un attacco deliberato all’area di impunità che circondava l’ebreo Ottolenghi? L’iniziativa locale del segretario del Fascio di Acqui Terme fa propendere per la seconda ipotesi. Il 18 dello stesso mese il Fascio di Acqui prepara una bozza di lettera, spedita effettivamente al Commissario Federale di Alessandria prima del 22 giugno, per preavvertirlo dell’arrivo di una lettera del Vescovo di Acqui Terme in favore di Arturo Ottolenghi. “ Vi comunico che tutta l’Eccellentissima ….. Curia Vescovile, con in testa l’Eminentissimo Vescovo, è in subbuglio, perché, disapprovando l’arresto, trova che è una barbarie fermare un povero ebreo, benemerito……..loro, e di una parte cospicua della cittadinanza”. Il Vescovo si era infatti mostrato subito contrario all’arresto, così come era stato il precedente alla classificazione di Ottolenghi come ebreo nella fase precedente. Il segretario comunica che in Acqui è voce corrente che l’ebreo Ottolenghi verrà liberato entro poco tempo per l’intercessione del Vescovo e “per altri misteriosi motivi”. Dal tono della acrimoniosa lettera appare evidente che l’orientamento della Curia e del nuovo Vescovo di Acqui era letta dal Partito fascista locale come antifascista , non solo in occasione della difesa di Ottolenghi. Indirizzo che era ampiamente noto, ma il fascio locale riteneva non avere i mezzi e l’influenza per limitarne l’influenza 5).
Il 12 luglio 1944 Herta Von Wedekind si presenta con 4 testimoni presso la Pretura di Acqui Terme per rilasciare una testimonianza giurata nella quale la moglie di Arturo Ottolenghi dichiara di essere di razza ariana,0 “ la perfetta arianità”, e di religione cattolica. In precedenza, il 24 giugno, il comandante della GNR di Alessandria dichiara che Arturo Ottolenghi non può essere tradotto dal carcere di Alessandria al campo di Carpi per “assoluta deficienza militare”. Difatti il 19 giugno era stata redatta un ordine di trasferimento di Ottolenghi verso il campo di Carpi. Quella adottata dal Comandante della GNR era una motivazione di nessun valore giuridico e amministrativo, ma che probabilmente rispondeva alla primaria necessità di guadagnare tempo per dimostrare la veridicità della condizione di coniugato con ariana. In realtà Ottolenghi chiede di essere visitato da un collegio composto dai dottori Manaia e Tomassini ( quest’ultimo noto medico socialista e da sempre antifascista ) 6).
Da un appunto senza data e firma su carta libera sappiamo che fu ricoverato presso l’ospedale di Alessandria, ma sul retro vi è un appunto del 1 luglio che recita “ appena dimesso ospedale richiamarlo”. Ottolenghi ora è in zona più sicura, una comunicazione della Questura del 23 giugno prende atto del ricovero e sospende temporaneamente il trasferimento a Carpi ordinato il 19 giugno. Il ricovero di Ottolenghi darà tempo a Herta Wedekind di adoprarsi per corroborare con documenti inoppugnabili la sua posizione di ariana. Padre Goretti e l’avvocato Carlo Jachino in ogni caso chiedono di conferire con il Questore di Alessandria “ in attesa del documento dimostrativo di arianità della signora”.
Nel frattempo comunque l’avvocato Carlo Iachini si attiva ed invia alla Questura un promemoria, datato 2 ottobre, che ha lo scopo di anticipare l’arrivo dei documenti della Wedekind allegando due lettere della sorella Julia von Knorr-Wedekind con un serrato ragionamento legale e soprattutto logico.
“Di questa lettera ciò che interessa , non è tanto il contenuto ( che d’altronde è passata al vaglio della censura ) quanto la busta dalla quale appare che la scrivente signora Giulia von Knorr-Wedekind sorella, ripetesi, della signora Ottolenghi, ha potuto scrivere liberamente dalla sua residenza in Egern am Tegersee, [ nota località di villeggiatura ] Germania, Uberfarstrasse 85. Il che significa che essa è perfettamente libera, non confinata, né in carcere, né in campo di concentramento; il che indubbiamente dovrebbe essere, se la medesima non fosse riconosciuta appartenente alla razza ariana ( E’ noto che in questa materia le autorità tedesche sono rigorosissime). Ed allora, se ariana è la sorella della signora Ottolenghi , ariana necessariamente deve essere anche questa…”
L’istanza dell’avvocato Iachino prosegue per rimarcare altri due elementi importanti: il primo è relativo alla lentezza del servizio postale dalla Germania che è la probabile causa del ritardo dei documenti originali relativi alla posizione di Herta Wedekind, il secondo tiene conto che la lettera della sorella Julia è partita prima dell’arresto di Arturo Ottolenghi e può supporre una scelta preordinata delle due sorelle.
Finalmente il 21 ottobre viene inviato l’istanza per la liberazione di Ottolenghi al questore di Alessandria con tre allegati un documento che certifica la piena appartenenza di Herta von Wedekind alla razza ariana e che quindi farebbe definitivamente rientrare, anche per la normativa fascista e nazista, Ottolenghi negli ebrei non perseguibili 7).
- certificato originale con traduzione del notaio Otto Meilly che a richiesta del fratello Oskar von Wedekind lo stesso ha presentato la genealogia familiare
- il certificato di nascita della sorella. Tale certificato, che attesta la sua condizione di ariana, era stato redatto all’impiegato dello stato civile del Comune di Berlino dal padre Paul e datato 22 dicembre 1884.
- Lettera del Vescovo di Acqui Terme Giuseppe dell’Omo su carta intestata:
“ Acqui, 17 ottobre 1944. Eccellenza mi permetto di sottoporre al giudizio di V.E. la presente questione, e se ne vorrà tener conto ed intervenire:
E’ stato arrestato or son 5 mesi e tradotto alla carceri di Alessandria il Sig. Arturo Benvenuto Ottolenghi, accusato di non appartenere alla razza ariana. La moglie del Sig. Ottolenghi è ariana ed appartenete ad una delle più antiche famiglie della Germania: all’arrivo del certificato comprovante tale cosa il Sig. Ottolenghi sarebbe rimesso in libertà senz’altro, ma tale documento tarda e non si sa se potrà giungere. Faccio presente allora all’A.V. che il sig. Ottolenghi fu battezzato già prima del 1938, prima cioè dei provvedimenti razziali, e alleghiamo foglio di battesimo, la madre sua era cattolica, ed egli si è sposato cattolicamente in San Pietro a Roma.
Inoltre il Sig. Ottolenghi è stato il più munifico benefattore di Acqui essendo il fondatore e costruttore dell’Ospedale Ricovero dei poveri vecchi e teneva aperta un’Azienda [ agricola ] unicamente per dare lavoro e pane ad operai e famiglie. Se V.E. può fare qualche cosa, mi pare compirebbe opera buona e per nulla contrastante le leggi del Governo Repubblicano. Vogliate perdonare la mia libertà e gradire i miei più rispettosi ossequi.
Giuseppe Dell’Omo Vescovo di Acqui.”
Ottolenghi viene liberato il 7 novembre 1944, la notizia è data a Paolo Zerbino da Giovanni Alessandri, Capo della Provincia, il 14.11.1945. Tale sollecitudine era stata richiesta espressamente da Zerbino per le continue richieste di Ottolenghi “ presso varie Autorità e presso i Ministeri” L’unica motivazione della scarcerazione considerata dal Prefetto Alessandri era l’avvenuto accertamento della arianità della moglie Herta Von Wedekind zu Horst.
Cesare Manganelli
- In ricordo della sua partecipazione alla guerra la stele nella ex caserma Cesare Battisti; il testo recita: “- I COMBATTENTI ACQUESI – IL GRANDE CUORE DEL CONTE ARTURO BENVENUTO OTTOLENGHI”. Ferito nel 1917, fu decorato con la Croce di Guerra e relative medaglie commemorative.
- Si veda il ritratto della carriera artistica di Elena Lago, Herta Ottolenghi Wedekind, Berardi Galleria d’arte, Roma, 2021. La Galleria Berardi ha pubblicato un catalogo delle opere dell’artista. Mostre delle opere di Herta Wedekind si sono tenute a Rovereto e a Roma. Due arazzi della Wedekind sono esposti al Metropolitan Museum di New York nella sala “Textile Study Room”. Cfr. Herta Ottolenghi Wedekind. Il sogno dell’opera d’arte totale, Catalogo della mostra ( Rovereto, 17 dicembre 2021-12 febbraio 2022 ), Edizione italiana e inglese a cura di Giulia Gomiero, Elena Lago, Sabrina Spinazzè Scalpendi, 2021.
- La denominazione Esso viene direttamente dalla lettura americana delle iniziali della Standard Oil in italiano: E-S quindi Esso.
- Dal 1938 al 1943 divenne la sede della Redazione della rivista La difesa della razza diretta da Telesio Interlandi e segretario di redazione Giorgio Almirante.
- Archivio di Stato di Alessandria, Questura di Alessandria, fascicolo ad personam, lettera del 18.06.1944. Sul ruolo attivo del clero acquese nella Resistenza e per salvezza degli ebrei si veda ad esempio la preparazione per la richiesta di nomina di Don Galliano tra “I Giusti” a Yad Vashem. Anche in occasione del passaggio della Divisione San marco in Acqui il ruolo del vescovo fu decisivo.
- Ospedale di Alessandria era stato sempre una zona di sicurezza per gli antifascisti. Il personale sanitario evidentemente garantiva una vasta zona di silenzio e complicità. Già una parte del primo CLN di Alessandria riuscì a farsi trasferire all’ospedale dal carcere (Fadda) e l’Ultimo CLN durante i giorni convulsi della Liberazione aveva collocato la sua sede permanente nei sotterranei dell’Ospedale. Purtroppo non abbiamo documentazione, memorie lettere o altro, solo certificati medici “opportunamente” redatti. Ma nel dopoguerra c’era consapevolezza diffusa della rilevanza avuta dal personale medico e sanitario nella difesa dell’antifascismo, unica testimonianza la targa che recita: “…
- Archivio di Stato di Alessandria, Questura di Alessandria, fascicolo ad personam.
- Regio Decreto , 17 novembre 1938, N. 1728, Capo II, art.8, punto d).
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