“è poco più di una semplice influenza”; “Le statistiche non distinguono i decessi «per Covid» da quelli «con Covid», per cui se muori d’infarto, ma sei positivo al tampone, ti considerano deceduto per la malattia”; “Diffondono statistiche allarmanti per metterci paura e tenerci chiusi in casa: siamo in una dittatura sanitaria”. Nel corso dell’epidemia in atto abbiamo spesso letto o sentito affermazioni del genere, tendenti al riduzionismo o al negazionismo tout court. In particolare si contestano le cifre ufficiali diffuse dalla Protezione Civile con riferimento tanto ai contagi quanto ai decessi, nonostante le ingenti perdite economiche e umane riscontrate nella pandemia non abbiano alcun precedente nell’intero dopoguerra. Ora, finalmente, le statistiche appena pubblicate dell’Istat sulla mortalità italiana nel 2020 pongono una pietra tombale su ogni possibile interpretazione o tesi distorsiva. I dati rilasciati il 5 marzo scorso confrontano la mortalità complessiva media annua del quinquennio 2015-2019 con quella del 2020 in tutti i 7.903 comuni italiani. In tal modo, seguendo una metodologia standard utilizzata anche a livello internazionale, dal confronto si ottiene una stima attendibile degli extra-decessi attribuibili, direttamente o indirettamente, all’impatto della pandemia sulla mortalità della popolazione. Tali valori possono poi essere confrontati con quelli rilevati dalla Protezione Civile al fine di verificare una possibile sottostima della mortalità effettiva, connessa all’esistenza di decessi “fantasma” sfuggiti alle statistiche ufficiali.
Con riferimento all’Italia nel complesso i decessi medi annui nel quinquennio di riferimento sono stati pari a 645.260, contro i 746.146 del 2020: dunque i morti per Covid sono stati ben 100.526, che diventano addirittura 108.178 se si escludono dal computo i mesi di gennaio-febbraio, nei quali la pandemia non aveva ancora iniziato a produrre le sue vittime. L’incremento di mortalità sperimentato nel 2020 è quindi pari al 20,8% nell’ipotesi più verosimile (periodo marzo-dicembre), e tali extra-decessi fanno del Covid la terza causa di morte nella popolazione italiana, dopo le malattie del sistema circolatorio (circa 230.000 morti) e i tumori (186.000). Con riferimento ai decessi per influenza, invece, nel nostro Paese essi ammontano a circa 8.000 l’anno; la mortalità per Covid risulta quindi pari a ben 13,5 volte quella per influenza, smentendo così nettamente il riduzionismo diffuso. Infine, se si tiene conto del fatto che secondo la Protezione Civile i decessi per Covid-19 sono stati 74.130 tra marzo e dicembre, sarebbero 34.048 i decessi “fantasma” sfuggiti alle statistiche ufficiali, con una sottostima pari al 46%.
Con riferimento al Piemonte, i decessi medi annui nel quinquennio di riferimento sono stati pari a 53.748, contro i 66.054 del 2020: pertanto i morti per Covid nel 2020 sarebbero 12.306, che diventano però 13.396 se si escludono dal computo i mesi di gennaio-febbraio. L’incremento di mortalità è quindi pari al 30,9% nella seconda ipotesi (periodo marzo-dicembre), una percentuale nettamente superiore a quella media italiana (20,8%, come detto sopra). Poiché secondo la Protezione Civile i decessi per Covid-19 tra marzo e dicembre in regione sono stati 7.922, sarebbero 5.474 i decessi “fantasma” sfuggiti alle statistiche ufficiali, con una sottostima pari a ben il 69%.
Con riferimento alla provincia di Alessandria, i decessi medi annui nel quinquennio 2015-19 sono stati 6.276, contro i 7.818 del 2020: pertanto i morti per Covid sarebbero 1.538, che diventano 1.691 escludendo dal computo i mesi di gennaio-febbraio. L’incremento di mortalità è quindi pari al 33,4% in tale ipotesi: una percentuale ancora più elevata di quella media regionale. Infine, poiché secondo la Protezione Civile i decessi per Covid-19 tra marzo e dicembre in provincia sono stati 1.214, sarebbero 477 i decessi “fantasma” sfuggiti alle statistiche ufficiali, con una sottostima pari al 39%, inferiore peraltro sia alla media italiana, sia a quella della regione nel complesso.
I dati dell’Istat permettono anche di effettuare una scomposizione mensile dell’eccesso di mortalità conseguente all’epidemia. Nel caso della provincia di Alessandria i dati sui decessi mensili medi del quinquennio 2015-19 (linea blu), dell’anno 2020 (linea rossa), e le relative differenze (istogrammi verdi), corrispondenti ai decessi da Covid-19, a partire dal mese di marzo, sono riportati nel grafico sottostante.
Come si può facilmente constatare, la maggior parte dei decessi si concentra nei mesi di marzo-aprile, durante la prima ondata pandemica, e a novembre-dicembre, nel corso della seconda. I mesi intermedi sono invece caratterizzati da una mortalità in linea con l’esperienza storica e anche da differenze negative (nei mesi di giugno e luglio), dovute al cosiddetto “effetto harvesting”, in base al quale le persone più fragili sono decedute anticipatamente nel corso del primo picco pandemico. Nel complesso i 1.691 morti in provincia nel 2020 a causa dell’epidemia sarebbero distribuiti nelle due ondate secondo la sequenza 944;747, con decessi fantasma pari rispettivamente a 263 e 214, per cui anche nella seconda ondata le statistiche ufficiali non sarebbero state in grado di cogliere tutti i decessi di fatto avvenuti, principalmente a causa del collasso del sistema di tracciamento avvenuto a partire dalla seconda metà del mese di ottobre.
Con riferimento ai Comuni della nostra provincia, i dati Istat permettono anche di individuare le aree più intensamente colpite dalla pandemia. La tabella sottostante riporta, sempre per il periodo marzo-dicembre, nella parte di sinistra i 15 Comuni con il maggior numero di decessi, e nella parte di destra quelli con il maggior incremento percentuale di mortalità tra la media del quinquennio 2015-19 e il 202 (limitandosi per semplicità ai Comuni con almeno 10 extra-decessi).
Come si può osservare, i Comuni caratterizzati dal maggior numero di decessi sono ovviamente quelli più popolosi, con in testa Alessandria che conta per circa ¼ del totale, e poi Tortona, Novi Ligure e Casale Monferrato (tutti intorno al 7% circa del totale ciascuno), seguiti da Valenza e Acqui Terme (4,5% circa del totale ciascuno); nel complesso i 15 Comuni riportati in tabella a sinistra contano per il 68% della mortalità totale. I Comuni caratterizzati dai più elevati incrementi di mortalità sono invece quelli più piccoli, dato che i decessi totali per Covid-19 da loro registrati ammontano soltanto al 15% del totale provinciale. In tali Comuni la mortalità è praticamente raddoppiata, e nel caso di Carbonara Scrivia e Quattordio le variazioni percentuali sono addirittura superiori al 100% (per cui i decessi sono più che raddoppiati). La causa più probabile di tali dinamiche è costituita dalla presenza all’interno di questi Comuni di RSA, le quali come è noto sono state particolarmente colpite dall’epidemia. Alcuni piccoli Comuni non riportati in tabella sono invece rimasti praticamente indenni da mortalità da Covid-19: tra quelli più vicini al capoluogo possiamo ricordare Montecastello, Castelnuovo Bormida, Frascaro, Rocca Grimalda, Fresonara, Bistagno, Borgoratto, Borghetto Borbera e Villalvernia, Comune in cui la mortalità è addirittura diminuita del 69%.
Un’ultima osservazione pare interessante. I valori dei decessi da Covid-19 nel 2020 sopra illustrati e commentati, sebbene nettamente superiori a quelli registrati dalla Protezione Civile, potrebbero ancora sottostimare il numero di vittime conseguenti all’epidemia, in quanto non tengono conto dei minori decessi per incidente stradale dovuti alla ridotta mobilità connessa alle restrizioni governative sui movimenti delle persone. Secondo l’Istat, in effetti, nel 2020 i morti per incidente stradale sono diminuiti del 26%, corrispondenti a circa 825 persone per l’Italia nel complesso. In tal modo i decessi complessivi, direttamente e indirettamente collegati alla pandemia, ammonterebbero nel nostro Paese a circa 109.000, con un incremento della mortalità storica del 21%.
Carluccio Bianchi
Commenta per primo