La mostra “Spazio Sacro. La comunità Yezida” presso la Chiesa San Giacomo della Vittoria

Fino al 4 maggio prossimo presso la Chiesa di San Giacomo della Vittoria in Alessandria ci sarà la possibilità di conoscere un’isola di spiritualità speciale, un’isola di libertà in mezzo ad un mare di prevaricazioni e violenze. Un’isola ispirata alla vita semplice, all’apertura al nuovo ma, come direbbe il Manzoni “cum juicio”.

Le premesse di questa “ventata di libertà” e di coraggio, sia religioso che vitale, si sono evidenziate in occasione della recentissima presentazione della mostra stessa lo scorso 12 aprile. Pubblico qualificato, attento e rispettoso del luogo particolare della presentazione, attenzione ai contenuti magnificamente presentati dal giovane archeologo siriano (ora residente a Roma) Ghiath Rammo e buona fruibilità dei 14 pannelli ricchi di foto nitide e spiegazioni in dettaglio. “Spazio Sacro. La comunità Yezida” ci riporta all’alba della civiltà, nell’alta Mesopotamia che abbiamo potuto conoscere dai libri di scuola e, per i più fortunati, per viaggi e incontri diretti. Una comunità che si rifà al monoteismo dello Zoroastrismo persiano, che ha addentellati evidenti con altre religioni monoteiste classiche come l’Ebraismo (e, quindi, il Cristianesimo), come pure parti dell’Islamismo e del Buddhismo. Davvero un crogiuolo di  idee, di storie, di credenze, di concezioni religiose e spirituali che hanno nell’autocoscienza, nel rispetto di se stessi e degli altri, nell’equilibrio fra umanità e ambiente, i loro tratti fondamentali.

A coronamento della proposta si è dimostrata opportuna la proposta del libro del piemontese prof. Maurizio Pallante, da sempre attento a modi di vita più consoni alla maturazione dello spirito e delle proprie abitudini, rifuggendo il più possibile le sirene del “consumismo”.

Il suo libro “Liberi dal pensiero unico: la rivoluzione culturale della spiritualità” infatti si incentra su ciò che si può fare veramente per “restare umani”, per mantenere un “afflato di vita” che sia vivo e vivificante e non solo una “vetrina”.  Il nuovo saggio affonda le radici sulla teoria della c.d. “Decrescita Felice” e sulle numerose critiche che nel corso della storia sono state fatte allo sviluppo della società capitalistica.

Il libro si articola in  136 pagine suddivise 7 capitoli più un’introduzione, pubblicata nella collana “Le Gazzelle” delle edizioni Lindau.

Concetto di spiritualità

Gli Yezidi, questo popolo ben  descritto nelle foto sui pannelli, ce lo segnalano da sempre: solo uno stretto legame con l’ambiente umano e naturale circostante ci può far percepire la spiritualità che è in noi e non solo in noi. Infatti, riprendendo una delle tematiche care allo “yezidismo” l’autore ricorda che  tutte le svariate esigenze umane non possono essere soddisfatte comprando merci, non possono essere una rincorsa continua: semplicemente si tratta di  qualcosa di non acquistabile all’infinito. Nel libro non si parla di fede, ma vi è una spiritualità diffusa. Certo, si tratta di due questioni distinte, anche se senza la prima non potrebbe esserci la seconda. Si parte da lontano e si cita, in modo significativo, l’enciclica di papa Paolo VI “Lo sviluppo dei popoli” (‘Populorum progressio’), che prova a favorire un afflato spirituale all’idea stessa  di progresso.

Una vera rivoluzione culturale.

Come per gli Yezidi, pervicacemente attaccati alla loro terra, prima in alcuni milioni di individui, oggi ridotti a 500.000 scarsi, si ha la convinzione che l’adattarsi al vento dominante, prostrarsi a chi comanda in quel determinato periodo storico, ancor di più se con una strumentalizzazione del credo religioso, sia la condanna peggiore per l’uomo e la donna. Un perdita di identità, di significato di vita che porta alla convinzione di aver sprecato il proprio percorso terreno in “cose effimere” senza capire, di fatto, un bel nulla.

Infatti, e questo ben lo descrive e analizza Pallante, si tratta di trovare la spiritualità come atto di disobbedienza civile al pensiero unico del consumismo che ci incatena a una logica ripetitiva e dannosa non solo per l’ambiente, ma per la stessa società umana. In questo senso, ritrovare la spiritualità rende liberi, fattore essenziale per la propria crescita intellettuale e, di conseguenza per la crescita di una comunità.

Alcune delle ultime fotografie della mostra ci fanno vedere come il “consumismo” sia penetrato a fondo anche nelle desolate lande della regione irakena di Sinjar o lungo i monti Zagros. La chitarra con la bandiera a stelle e strisce, l’abbandono dei vestiti tradizionali, dei riti legati alla preparazione dei cibi e alle musiche, elementi collegati alla occidentalizzazione ormai pervasiva (nelle costruzioni, sempre più simili a quelle visibili in Oman, Abu Dabi, Qatar, dichiaratamente interessati alla “Modernità”, nella tecnologia, nello stesso traffico caotico di centri grandi e piccoli, nei piatti di una cucina povera ma, un tempo, saporitissima…) ne sono avvisaglie tangibili. Si ha quasi l’impressione che le tematiche del libro di Pallante siano ben lontane dalle aspettative “concrete” dei Kurdi Yezidi.

Rilanciare una “crescita felice” con tempi e modalità nuove

La miglior risposta a questo inizio di adattamento al consumismo e al materialismo dovrebbe partire da una analisi della crescita economica, cioè del PIL, non più da considerare direttamente come motivo di benessere. Anzi, a fronte alla situazione climatica attuale il continuo consumo di beni provoca ulteriore inquinamento e peggioramento globale delle condizioni di vita.  La c.d. “decrescita felice” si propone, invece,  uno stile di vita che riduca le merci inutili e faccia ritrovare alla società una ricchezza che esuli dallo scambio mercantile.

Pier Paolo Pasolini lo aveva capito prima di molti altri

“Liberi dal pensiero unico” non è assolutamente una novità, tiene a precisare Pallante nella sua ampia introduzione al libro, ma – fra gli altri – uno degli interpreti più puri e lungimiranti è stato il regista, saggista, intellettuale Pier Paolo Pasolini, specie nelle sue ultime opere “Scritti Corsari” e “Petrolio”. Sempre attento alla verità delle cose, ai piccoli grandi cambiamenti che ci siamo trovati di fronte specie in questi ultimi duecento anni, con la trasformazione (e la perdita ) definitiva di una identità semplice. Legata alla terra, ai cicli delle stagioni, alla convivialità e,  perchè no, ai riti religiosi. Un aggregato sociale gradualmente smantellato e spazzato via dal “pensiero unico” dagli unici modelli ammissibili – in tutti i campi – per poter “essere qualcuno”. Ecco, questo “essere qualcuno”, questa eredità che ci ha lasciato Pasolini e che riprende spesso Pallante, la ritroviamo nella pervicace difesa di atti, abitudini, riti, tradizioni del mondo yezida che cerca in tutti i modi di tenere viva una identità autentica e non mediata.

Pertanto…un caldo invito a visitare, nelle ore di apertura della Chiesa, la mostra in oggetto e a prelevare senza remore i volantini appositamente preparati per presentarne i contenuti e per far conoscere l’opera e il pensiero di Maurizio Pallante. Vi aspettiamo.

Pier L. Cavalchini

  • Sulle colline tra Torino e Asti (ora a Castelnuovo Don Bosco, per lungo tempo ad Alpignano)  da trent’anni l’ex preside Maurizio Pallante riflette e fa riflettere sui fondamenti della società e dell’economia basate sul mercato, sulla fede nel totem del Prodotto Interno Lordo e sull’idea di una crescita all’infinito. Ora ha 77 anni ed è presidente dell’associazione ambientalista Sostenibilità, Equità e Solidarietà (SEquS).  Resta presidente emerito del Movimento per la Decrescita Felice , fondato da lui nel 2007. Prima ancora ha avuto un assidua carriera politica: ha partecipato alla costituzione dei Verdi dal 1985 al 1992 e ha poi Istituito il Comitato per l’Uso Razionale dell’Energia.

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