La narrativa italiana contemporanea femminile: Lorenza Mazzetti e tante altre tardive riscoperte

 Da qualche anno avrei voglia di riportare, con la mia personale, anche l’attenzione di cui eventualmente leggesse, su alcune narratrici italiane del Novecento e del … più recente nuovo millennio, meritevoli di una considerazione non sempre e generalmente loro accordata (fino ad ora neppure da me: questo il punto discriminante). E’ l’inutile ma forse anche per questo irrinunciabile lotta contro l’oblìo che alla fin fine risulta il vero, inestinguibile motore di ogni forma di indagine testuale, rilettura e commento. Anche se mai forse la tendenza ad accantonare e dimenticare è stata robusta e prevalente come di questi tempi: il quadro politico interno e non solo, come la sarabanda dei social, ce ne forniscono quotidiana prova.

Debbo onestamente a mia moglie Loretta la spinta determinante a ritessere questo filo. Nei primi tempi del nostro stare insieme riportò in termini molto persuasivi la mia concentrazione su due romanziere italiane (l’una scomparsa da più di trent’anni, Maria Bellonci, oltretutto di famiglia -Villavecchia- d’origine alessandrina; l’altra felicemente vivente e ancora giovane, Melania Mazzucco) che avevo fino a quel momento, onestamente, non solo trascurato ma proprio snobbato. Per la prima aveva probabilmente influito tutto il bailamme, un po’ strumentale e manipolatorio, da sempre tradizionalmente circondate l’ambiente del Premio “Strega”; per la seconda una generale diffidenza, in realtà aprioristica e ingiustificata, per gli esordienti (come a dire: “scrivi pure e pubblica, sostenuto dall’industria culturale: poi vediamo il verdetto del Tempo, e semmai a suo … tempo, appunto, ne riparleremo!”). Mero pregiudizio, com’è evidente, causato anche da una remota e sempre meno motivabile sufficienza.

Negli anni universitari, infatti, per una sorte di quasi scommessa con una compagna di studi che poi sarebbe a sua volta entrata nella mia vita come prima consorte, avevamo stabilito e seguito un folle percorso di autodocumentazione che si sarebbe in realtà rivelato molto utile, ma anche un po’ sviante. Fu un percorso folle ma incredibilmente formativo: selezionando preventivamente su base manualistica dieci titoli l’anno del ventennio 1945-65, leggemmo nel corso del quadriennio universitario qualcosa come duecento volumi -uno la settimana, mediamente…- acquisendo una discreta competenza sulla narrativa nazionale dell’immediato dopoguerra e dei primi quattro lustri della nostra esistenza (e gettando le basi di alcune idolatrice: Pratolini, Calvino, Morante, Gadda in primis). Il guaio è che da allora, per mezzo secolo abbondante, la mia confidenza diretta con gli scrittori (e le scrittrici…) dell’Italia contemporanea si fermò lì!

Grazie alle indicazioni e agli inviti di Loretta, ripresi il filo dal 2014. Per mio conto selezionando Banti e Campo, e furono già due incontri memorabili. Ma grazie alla sua spinta leggendo con incredula ammirazione autentici capolavori, quali Lucrezia Borgia della Bellonci (1939: quindi escluso a priori dalla beneficiata di cui sopra…) e La lunga attesa dell’angelo della Mazzucco (2008), l’uno e l’altro non inferiori certo al pur splendido Artemisia della Banti (1947: questo invece nella selezione primigenia c’era). E’ lo stesso filone/genere storico in cui inscrivere gli altri splendidi, insieme documentatissimi e fantasiosissimi, libri della Bellonci, come altri lavori della stessa Mazzucco, fino all’appena comparso L’architettrice in cima all’odierna lista d’attesa/letture. Ma non ci si lascia più sorprendere da snobismi apiroristici nei confronti dell’attualità: così ad esempio, negli ultimissimi anni, lasciando da parte la pur straordinaria quanto misteriosa Ferrante (di cui ho parlato lo scorso anno all’epoca dell’Amica geniale Rai/HBO, e mi accingo a riparlare dell’imminente Storia del nuovo cognome in programmazione dal 10 p.v.), due libri quali La più amata di Teresa Ciabatti (2017) e La straniera di Claudia Durastanti (2019) hanno rappresentato, pur nella loro analoga durezza e forse anzi proprio per quello, altrettante esperienze straordinarie (come quella garantita dalla straordinaria raccolta a posteriori degli sparsi in giornali e riviste della Banti, quei Racconti ritrovati che Fausta Garavini, già curatrice strameritoria nel ’97 del relativo Meridiano, ha fatto metter fuori nel ’17 alla Nave di Teseo, dove Elisabetta Sgarbi non sbaglia peraltro un titolo a pagarla!). Ma il regalo ulteriore di Loretta è stato l’indicazione di Benedetta Cibrario, ripercorsa cronologicamente dall’esordio di Rossovermiglio (2007) a Sotto cieli noncuranti (2010), dal magnifico Lo scurnuso (2011) a L’uomo che dormiva al parco (2012): pienamente giustificati e comprensibili, dopo di allora, i sei anni di silenzio intercorsi e indispensabili per dare vita a un altro capolavoro del genere “storico”, quel Rumore del mondo che ha costituito la lunga, magnifica lettura clou dell’estate scorsa, assieme a Ciabatti e Durastanti, e che purtroppo mercato e lettori non hanno -per il momento- gratificato quanto meriterebbe.

Goliarda Sapienza, non ignota a nessuno dei due, l’abbiamo ripresa insieme. Ma a questo punto la voglia prende la mano, e invita a ritornare sulle narratrici novecentesche: non tanto e subito quelle che il tempo pare per il momento giustamente premiare, dalla Morante alla Ginzburg, quanto altre che viene il sospetto stiano scivolando troppo, e indebitamente, in seconda fila, dalla Manzini alla Ortese alla De Cespedes. Discorsi tutti da verificare e riprendere.

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Se negli ultimi tempi Rignano sull’Arno ha goduto e tuttora gode di una fama politica forse non particolarmente desiderata dalla maggior parte dei suoi abitanti, nei giorni più recenti ha invece potuto affacciarsi alle cronache per ben diversa ragione. La scomparsa di Lorenza Mazzetti, intervenuta a Roma il 4 gennaio a 92 anni, ha infatti riportato alla luce il nodo più stringente della straordinaria esistenza di questa scrittrice, regista, pittrice e animatrice psicoanalitica che -al solito…- non ha potuto riscontrare in vita di tutti i corposi accreditamenti che pure le sarebbero ulteriormente spettati.

Dopo un avventuroso debutto nell’esistenza, sua e della gemella Paola (che sarebbe poi a sua volta divenuta un’assai notevole pittrice-analista), Lorenza ancora infante si ritrovò infatti affidata alla zia Cesarina, sorella del padre Corrado, che risiedeva nel piccolo centro toscano col marito Robert Einstein, cugino del celeberrimo fisico. Fin da allora romanzesca è stata innanzitutto, ma davvero e fino all’estremo, la sua personale esistenza: Lorenza e Paola, diciassettenni, scampano infatti miracolosamente alla “strage di Rignano”, allorché, il 3 agosto 1944, i nazisti massacrano gli zii e le loro figlie Luce e Annamaria nella villa del Focardo in cui risiedevano (il Municipio locale avrebbe conferito la cittadinanza onoraria alle sorelle Mazzetti nel 2015).

Trasferitasi a Londra appena dopo la guerra e mantenendosi lavorando da cameriera nei locali, Lorenza frequenta la Slade School of Fine Arts e riesce quasi in clandestinità (un po’ leggendaria e mitizzante: pellicola e mezzi tecnici sottratti alla scuola…) a realizzare il suo primo corto, K (dalle Metamorfosi kafkiane, 1954). L’esito colpisce tanto favorevolmente l’ambiente cinematografico londinese da farla considerare adatta ad elaborare due anni più tardi, alla pari niente meno che con Lindsay Anderson, Richardson e Reisz, il manifesto dell’English Free Cinema. Ne consegue la realizzazione di un ulteriore film, lo straordinario Together (1956)  che altrettanto e forse più del lavoro dei colleghi di cordata, dimostra e legittima fino in fondo premesse, caratteristiche e obiettivi di quell’ormai storica presa di posizione programmatica.

Il momentaneo disorientamento al rientro in patria viene superato anche grazie a Cesare Zavattini, che le commissiona due episodi per Le italiane e l’amore (I bambini) e I misteri di Roma. Ma soprattutto la introduce ad Attilio Bertolucci, che sarà determinante, nel 1961, per l’assegnazione dell’allora assai significativo Viareggio Opera Prima a Il cielo cade, il singolare romanzo cui l’autrice aveva affidato la propria rielaborazione autobiografica della folla tragedia sopra ricordata. Il di lui figlio Bernardo, parlando dell’autrice, l’avrebbe definita «un folletto che periodicamente entrava nella mia vita, e anche l’autrice di film che chiedevano di essere fatti». Dopo la prima edizione garzantiana, Elvira Sellerio avrà l’ottima idea di rilanciarlo. Vi aggiungerà nel 2014 il Diario londinese (in cui si dà anche conto della realizzazione di Together). La Nave di Teseo, per parte propria, ha riproposto nel 2016 Con rabbia (prima edizione 1963: è il seguito de de Il cielo cade), facendovi seguire la riproposta del terzo romanzo, Uccidi il padre e la madre (Garzanti 1969) col nuovo titolo Mi può prestare la sua pistola per favore? Tutto questo omettendo le sue reiterate e significative sortite nei campo della psicanalisi, soprattutto infantile, e della pittura. Sulla sua figura e la sua opera Steve Della Casa e Francesco Frisari hanno realizzato il documentario Perché sono un genio! (disponibile in dvd, Tangram).

Non che la scrittrce e regista fosse del tutto accantonata e dimenticata, per la verità: a parte le sopra elencate edizioni e riedizioni, Antonio Gnoli ad esempio le dedicò una bella puntata-intervista del suo strameritorio “Straparlando” per «Repubblica», il 26 gennaio 2014.

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Mazzetti rientra tuttavia a sua volta nel novero, anche lei potenziata nella riscoperta anche dal sempre considerevole contributo del Fattore Postumo, di quelle grandi figure di narratrici-protagoniste avventurose del Novecento che via via vengono riemergendo. Dalla già rammentata Goliarda Sapienza (straordinaria romanziera a lungo misconosciuta, ma anche la ragazza che urla stridula «fuori lo straniero da Venezia!» nell’ouverture di Senso di Visconti, e la compagna di lungo corso di Citto Maselli) ad Annemarie Schwarzenbach, riscoperta, biografata e ripubblicata dal Saggiatore, e che proprio Melania Mazzucco aveva già magistralmente «sottratta all’oblìo muovendosi magistralmente tra verità documentaria e invenzione» (Rizzoli 2000, Einaudi 2012). Per non dire delle poetesse, al di là della giustamente celebrata (postumamente per lo più anche lei) Alda Merini: Antonia Pozzi, come Amelia Rosselli, Margherita Guidacci e molte altre: non a caso, forse, prevalentemente femminili. Per non parlare della più rappresentativa in insieme e schiva di tutte, Cristina Campo, cui si è già avuta occasione di accennare in passato. Realtà importanti, solo parzialmente riconosciute e valutate in vita. Occorrerà appunto tornarci sopra…

 (la sola parte centrale -Lorenza Mazzetti e la sua recente scomparsa- in “Diari di Cineclub”, 80, febbraio 2019)

Opere di Lorenza Mazzetti: Il cielo cade (Garzanti, Milano 1961; Sellerio, Palermo 2003; Con rabbia (Garzanti, Milano 1963; La Nave di Teseo, Milano 2016); Uccidi il padre e la madre (Garzanti, Milano 1969; come Mi può prestare la sua pistola per favore?, La Nave di Teseo, Milano 2016); Il lato oscuro. L’inconscio degli italiani, Tindalo, Roma ; Il teatro dell’io: l’onirodramma. I bambini drammatizzano a scuola i loro sogni, Guaraldi, Rimini 1975; Diario londinese (Sellerio, Palermo 2014); Album di famiglia (in forma di mostra itinerante, dal 2013: possibile futura pubblicazione, La Nave di Teseo).

 Nuccio Lodato

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