Il sovranismo -vale a dire il trincerarsi dentro gli sterili confini nazionali nell’età della inarrestabile globalizzazione e della completa interdipendenza-, da sempre ‘valore’ della destra più retriva, populista e incolta, ha contagiato anche parte della sinistra ed è indicato dalla stessa valida prospettiva politico-culturale. Smarrito, ormai senza punti di riferimento stabili, stordito dalla vittoria debordante della destra e dei populisti, a sinistra c’è chi si illude di poter recuperare consenso facendo ‘come la destra’ e ripetendo, così, l’errore, compiuto qualche anno addietro, di credere di poter sconfiggere il populismo spinto di alcune forze politiche con un populismo ‘dolce’ rinunciando a mettere a punto una propria proposta – politica,sociale, economica, culturale- alternativa e autonoma.
Espressione di questo disorientamento politico-culturale deve essere considerata anche la nascita recente dell’associazione “Patria e Costituzione” dell’ex viceministro dell’economia e delle finanze nel governo Letta e uno dei primi fuoriusciti dal PD, l’onorevole Stefano Fassina. Affastellando impropriamente date e simboli storici -come l’8 settembre di 75 anni fa e la “svolta di Salerno” di Palmiro Togliatti- e assecondando un diffuso sentire antieuropeo, Fassina invita la sinistra a “riscoprire il sentimento positivo di Patria e Nazione per rilegittimare e rivitalizzare nelle sue funzioni essenziali lo Stato nazionale”. Senza altre risorse politiche e culturali da mettere in campo, e mischiando i concetti di Patria, Nazione e Stato, con una lettura del tutto sbagliata e fuorviante chiama a suo sostegno la nostra Costituzione (in particolar modo gli articoli 52,67 e 11) : vale a dire, la Costituzione di un Paese che è stato tra i fondatori, sostenitori e protagonisti dell’unità europea soprattutto grazie alla lungimiranza, alla apertura ad ogni integrazione, dei suoi Costituenti.
Infatti, subito dopo l’8 settembre, al culmine del processo dissolutivo del nazionalismo fascista, i Costituenti cominciarono ad operare non solo per ripristinare l’unità e la coesione nazionale, ma anche per mettere a punto strumenti atti a costruire una entità europea sovranazionale per “una sempre più stretta unione tra i popoli d’Europa”. L’Italia dei Costituenti capì bene che l’unificazione europea non solo non confliggeva con la permanenza degli Stati nazionali, ma che, proprio alla luce della tragica esperienza nazista e fascista, ne era ulteriore garanzia. Mentre molti Stati membri dell’Unione, per partecipare alla costruzione comunitaria e per ratificare i trattati, sono stati costretti a modificare la loro Costituzione, l’Italia lo ha fatto con semplici leggi ordinarie proprio perché la sua Costituzione forniva già la copertura giuridico-istituzionale per il necessario trasferimento di quote di sovranità. Essa, infatti, benché scritta e varata molto prima dell’avvio del concreto processo di costruzione comunitaria, con mirabile capacità anticipatrice prevedeva -esplicitamente attraverso l’articolo 11- l’adesione del nostro Paese a tutte le organizzazioni internazionali, anche se questo comportava la limitazione dei poteri dello Stato. Successivamente, ogni possibile dubbio e incertezza sull’applicazione dell’articolo 11 sono stati fugati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 14 del 1964 la quale afferma che “è consentito stipulare trattati con cui si assumano limitazioni di sovranità ed è consentito darvi esecuzione con legge ordinaria”.
Dunque, l’Italia è europeista da sempre: è stata tra i fondatori dell’Europa comunitaria, protagonista nel progetto del primo Trattato Istitutivo dell’Unione, nella creazione della moneta unica, nell’allargamento a ventisette. Mai l’Italia ha fatto sua la politica “della sedia vuota” di De Gaulle né quella ostruzionistica dell’Inghilterra della signora Thatcher. Non bisognerebbe poi dimenticare mai che Alcide De Gasperi, uno dei Padri costituenti più autorevoli, proprio per il suo impegno europeista il 25 settembre del 1952 è stato insignito ad Aquisgrana del prestigioso premio “Carlo Magno” per l’Europa.
Sarebbe perciò proprio il momento di farla finita con il patema d’animo che ci blocca, con le nostre incertezze e i nostri timori di fronte all’offensiva arrogante e volgare, plebea e rozza, della destra leghista e riscoprire ed esibire l’orgoglio della nostra appartenenza ad una grande civiltà da sempre aperta al mondo e all’accoglienza. Non solo Dante o Machiavelli possiamo chiamare a sostegno della nobiltà delle radici del nostro europeismo, ma molte, molte altre figure di prestigio. In tempi più vicini, il grande giurista Gaetano Filangieri individua l’esistenza di un tessuto unitario della società europea ben più forte delle differenze politiche dei singoli Stati, fatto di leggi, condizioni sociali, economiche e demografiche comuni . Dopo Mazzini, altra pietra miliare del pensiero europeista, Carlo Cattaneo parla della necessità degli Stati Uniti d’Europa come garanzia più efficace per assicurare all’Europa una pace non minacciata dai nazionalismi e dai contrastanti interessi economici. Tra le due guerre l’ispirazione europeista riprende slancio con Carlo Rosselli, un politico e intellettuale di sinistra che nell’imminenza del secondo conflitto mondiale e poco prima di essere assassinato dai fascisti scrive: “ La sinistra europea dovrebbe impadronirsi di questo tema; popolarizzarlo fra le masse; prospettare loro sin d’ora la convocazione di un’assemblea europea, composta di delegati eletti dai popoli, che in assoluta parità di diritti e di doveri elabori la prima costituzione federale europea, nomini il primo governo europeo, fissi i principi fondamentali della convivenza europea, svalorizzi frontiere e dogane, organizzi una forza al servizio del nuovo diritto europeo, e dia vita agli Stati Uniti d’Europa”.
Si tratta quasi di un ‘manifesto’ che specialmente una sinistra senza più memoria dovrebbe sempre affiancare a quello più organico di Ventotene di Altero Spinelli ed Ernesto Rossi, estensori anche del programma del “Movimento Federalista Europeo” del 1947, scritto a ridosso del varo della nostra Costituzione e non ignorato dai Costituenti.
Commenta per primo