Con la WEEC Italia all’Impruneta per un’esperienza di Educazione Ambientale

Ancora freschi del piacevole soggiorno di fine agosto alla Villa di Impruneta  (Firenze) che fu un tempo della famiglia Bardi e ora, dell’associazione Pax Christi, proviamo a tirare le somme di una esperienza di qualità, vissuta con spirito di servizio e con supporti teorici e tecnici di prim’ordine.

L’attività aveva per titolo “Riprogettare il territorio: cosa ci insegna il passato e come dar gambe ad un futuro più sostenibile”  . Si è partiti da una analisi del territorio in stretta modalità storico-geografica evolutiva, cercando di descrivere i primi insediamenti della zona dell’ Impruneta (e aree vicinali). Sono stati preparati alcuni percorsi introduttivi  (1) più che sufficienti a coprire il lungo periodo di popolamento dalla preistoria al MedioEvo e poi, via via, fino all’età contemporanea. In particolare, dopo accenni alla formazione geologica e strutturale dell’intera zona e ai primi insediamenti  Etruschi e Romani sono state esaminate le variazioni (sostanziali) avvenute a partire dall’XI secolo e proseguite fino a metà Settecento con una progressione lineare. Sempre all’insegna della “ricerca della migliore vivibilità possibile” e di “come addomesticare, senza impoverire, l’ambiente alle necessità umane” (2) . Infine si è provveduto a fornire informazioni (e sollecitazioni) riguardanti le trasformazioni che hanno portato al profilo geo-socio-antropologico attuale, con insediamenti umani,  fabbriche, aziende agricole, artigianali e commerciali e previsioni per il futuro (secondo il locale Piano Regolatore). Il tutto “on line” proprio per guadagnare tempo nelle angustie spazio-temporali legate alla comunicazione in oggetto e, soprattutto, per “dare aria” alle due fasi più importanti dell’attività: la “sperimentazione sul campo” di tutto quanto possa essere degno di nota, dal punto di vista strutturale, storico, agricolo, botanico, ambientale e, ancor di più all’ “interazione fra attività diretta sul territorio e attività mediata dal web con i corsisti in remoto”. Pietre miliari di questa “fase di avvio” sono state le “carte”, sia a carattere geografico che storico-descrittivo.

L’utilità  didattica  del  materiale  cartografico  è (stata) di  tutta  evidenza  anche perché  ci ha consentito  di  attuare  il  passaggio  dal  processo  di  conoscenza  basato  sulle  esperienze  dirette   a  quello   fondato   sulla  concettualizzazione delle stesse,  cioè sull’elaborato  della carta.  In  questo  caso,  poi,  le rappresentazioni del territorio (l’area comunale di Impruneta, Firenze)  nel passato  paiono  di grande  utilità per  riconoscere le diverse  fasi delle  trasformazioni territoriali.  Queste  carte  storiche, cosi belle  nel loro disegno accurato (3),  sono  importanti per  comprendere le modificazioni  operate  dai gruppi umani nel tempo: per studiare  l’evoluzione degli elementi del paesaggio,  il  suo  lento  formarsi  e  trasformarsi  in  relazione  alle  azioni delle  generazioni  passate.  Uno  studio  reso  più  produttivo  se la cartografia  storica viene  confrontata  con carte topografiche,  elaborazioni  informatiche  e se  (come   potrebbe  avvenire  nelle scuole)  verranno  analizzate  serie statistiche,  prodotti web,  fotografie, combinate – ovviamente – visite guidate  del  territori. Così come è successo nella recente “Summer School” organizzata dalla WEEC (World Environment Education Congress) in  Toscana. Un inizio di quanto questo materiale (e queste idee) potranno essere utili sia nella routine scolastica, sia nella c.d. “didattica a distanza”.

Sempre  in  relazione  agli  obiettivi  didattico-operativi,  questa esperienza ha consentito di impratichirsi meglio con gli strumenti cartografici. Quest’ultimo,  è  un  obiettivo,  forse  modesto,  ma assolutamente  non  trascurabile  in relazione  all’arretratezza della  scuola  italiana  nella conoscenza e nell’uso  della cartografia.

Arretratezza  che,  in  generale, è dovuta  al  fatto che  la  scuola  italiana, tradizionalmente, ha  dato  importanza  alla comunicazione scritta  e orale – seguita  a distanza  da quella  numerica –  e ha trascurato, o addirittura non considerato,  la  comunicazione  grafica,  creando   una  sorta  di  analfabetismo  in questo  linguaggio.  In proposito, Andrea  Bissanti  –  geografo  con grande  attenzione alla didattica –  in un  articolo  del  1988,  comparso nel numero  1  di  “Geografia  nelle scuole” scriveva:  “Si  ha l’impressione,  infatti,  che  una  persona   media  ammetta difficilmente di  non  saper  leggere e scrivere   bene,  ma  riconosca  senza   molte  remore   di  non essere   mai andata  d’accordo con  la  matematica’  e non  si ponga  nemmeno il  problema dell’ignoranza  di altri  linguaggi.  Di  qui ad esempio  la  facilità  con  cui tanti  riconoscono di  non  sapersi  orientare  bene,  di  non  saper   leggere una  pianta  o un carta (…)” . (4)

Tali atteggiamenti possono essere  visti proprio come  una conferma  dell’ esistenza, almeno  in passato, d’una  gerarchia  di linguaggi. Bissanti  stesso  usa  il  termine   in passato,  forse  non  esiste  più  rigida gerarchia  tra oralità/letterarietà,  numericità e graficità.  Tuttavia  le  competenze cartografiche,  fatte  le  dovute   eccezioni  anche   in  relazione  ad alcuni  specifici  ordini  di  istruzione,  che  la scuola  è  in  grado  di  costruire nelle  allieve e negli allievi  sono  molto  basse. E proprio da questa attenzione al “territorio”, frutto dell’elaborazione teorica di chi ha vissuto direttamente in classe esperienze del genere, derivano gli spunti in oggetto

Un primo approccio pratico, infatti,  è stata l’uscita  per  rilevare  sul campo  la  presenza  degli elementi salienti del  paesaggio:  il   reticolo  degli  assi  viari principali e secondarianse  e meandri  del  fiume,  la distribuzione / composizione del verde, le caratteristiche degli insediamenti rurali e industriali, ecc., prestando molta  attenzione ai  rapporti  spaziali  e dimensionali  tra  i   vari elementi; questa  fase ha reso  certamente più agevole la lettura della cartografia attuale  e ha consentito quell’interpretazione  storica che  vede  solitamente  molto  motivati  i  ragazzi (o educatori, docenti, tecnici, nel caso specifico)  nella  ricerca  di  tracce  e segni  di  ciò che  resiste,  soccombe,  subentra,  muta nel tempo. Tale attività è stata svolta  con  il  confronto  fra  le  carte   dell’Istituto  Geografico Militare (I.G.M.), risalenti al  1922 ed  al  1935,  le diverse edizioni delle CTR (carta tecnica regionale 1993-2007) ed  una delle  tante riprese  aerofotogrammetriche svolte  in questi  ultimi tempi,  ora integrabili con le “google-maps” di patrimonio comune.  Si  è passati,  poi,  all’analisi  comparata –  educationally  correct,  verrebbe  da dire   –  di  tutta  una   serie  di  antiche  carte degli Archivi di Stato (sia dello Stato Unitario italiano che del precedente Granducato, se non addirittura antecedenti)  e di  altri  fondi  che ci hanno permesso  di  osservare  in  modo  diretto,  ii  reale  sviluppo  dell’insieme  del  territorio  dell’ area collinare dell’Impruneta e delle sue immediate pertinenze. (quest’ultimo aspetto, fondamentale, assolutamente da implementare con altri approfondimenti).

La divisione in gruppi (in locale in “remoto”, tramite l’uso dei cellulari) ha reso ancora più coinvolgente, libera ed entusiasmante l’attività. Si sono notate le particolari tessiture delle mura del palazzo Bardi che ci ha ospitato, i cambiamenti e le “aggiunte” che sono state apportate nel tempo, l’uso dei materiali, diversi e sempre di qualità, l’attenzione alla vivibilità e allo spazio di movimento di chi, di volta in volta si è trovato a viverci. Si è tentata anche qualche semplice annotazione geologica partendo dai blocchi costitutivi la villa e le sue mura. Tutto materiale sedimentario, leggermente metamorfosato con intrusioni calcitiche,  che – come forse si sa – sono alla base del “cotto dell’Impruneta”, impasto base di molti coppi, strutture, modanature, scalinate,  vasi, pavimenti, ecc. della casa Bardi stessa (come di molte abitazioni del circondario). Buona anche l’analisi fatta dal punto di vista botanico-zoologico, con una varietà impressionante di piante e animali di ogni genere. Questa osservazione ha permesso di recuperare l’insieme di quella che era l’antica foresta collinare a Lecci, Aceri, Salici, Pioppi, Olmi e Roverelle. Stesso discorso, con approccio il più possibile scientifico, ha riguardato l’analisi del reticolo idrogeografico con “borri”, piccoli rigagnoli e grandi collettori fino al vicino Greve (e poi, a nord) in Arno. Una verifica non secondaria, specie in relazione alle antiche (e, purtroppo, anche recenti) alluvioni/frane che hanno interessato questo territorio.

Per il momento nient’altro…ben sapendo di aver seminato qualcosa di importante (seppure in modo semplice e diretto) con l’ambizione che venga arricchito in altri ambiti di rilievo, a cominciare dalle aule scolastiche (sia in senso tradizionale che multimediale).   plcavalchini

.(1)  –   Sono visibili sul sito:   https://dsfeducation.wixsite.com/impruneta

.(2) –  https://www.laterza.it/indici/9788842114918_capitolo.pdf     “L’espansione Agricola e lo sviluppo urbano dopo  il Mille”. Ed. Laterza

.(3) – Notevole quella  descrittiva del territorio agricolo-forestale dei tempi della famiglia nobiliare Bardi (XVi secolo) visibile sul sito citato

.(4)  – Geografia attiva. Perché e come di Andrea A. Bissanti  (Zanichelli edit. 1999)

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