Le campionesse del volley e i diritti irrinunciabili

L’inizio del campionato italiano di pallavolo femminile, grazie alla smagliante conclusione dei recentissimi mondiali, ha forse fatto registrare un aumento d’attenzione su di un’area solitamente non al centro dell’interesse. E l’annunciato ricevimento al Quirinale delle azzurre medaglia d’argento in Giappone, col selfie collettivo sollecitato al Presidente della Repubblica dalla “concittadina” palermitana Miriam Sylla è sperabile che, almeno su quanto rimane di un’Italia sensibile alla realtà e al diritto/dovere di interrogarsi su di essa, abbia fatto il resto.

L’incredibile quanto indimenticabile prestazione agli antipodi delle ragazze del volley, dopo l’altrettanto imprevista delusione, qualche settimana prima, dei più accreditati e popolari colleghi maschi, aveva avuto una brutta coda inattesa, generante la polemica social-mediatica sull’incredibile inserzione promozionale diffusa dall’acqua minerale sponsorizzante. Facendovi “sparire” -giusto “oscurata” dall’immagine della bottiglia del pregiato prodotto- la universalmente riconosciuta n. 1 dell’intero torneo, quella Paola Egonu, diciannovenne nativa di Cittadella, dall’impeccabile, ove occorra, parlata dialettale patavina e universalmente incontenibile sotto rete, ma col solo torto di avere genitori dall’origine nigeriana, con le inevitabili… conseguenze epidermiche. E nella formazione della foto promozionale, a differenza che nel selfie di gruppo al Quirinale, mancava per fortuna la seconda campionessa, di origine stavolta ivoriana, ma sicula di nascita e lecchese di residenza, proprio l’irresistibile e già menzionata Miriam Fatime Sylla. Che la “trovata” della bottiglia sovrapposta sia frutto di deliberata malafede o scalognata improntitudine, cambia francamente poco: il danno è fatto anche quando  l’uovo, il cristallo o… la bottiglia, appunto, ci cade di mano involontariamente.

Eppure il valore sportivo assoluto dell’esito conseguito delle nostre pallavoliste, sconfitte solo due volte (di cui la seconda purtroppo determinante…) dalla onestamente più forte Serbia in tredici partite consecutive, nel progressivo accrescersi dell’interesse passando a furor di audience dalle dirette di nicchia su RaiSport a quelle di massa per RaiDue, con gli impeccabili commenti della pluriscudettata Consuelo Mangifesta, ha coinvolto e appassionato via via milioni di spettatori.

In queste settimane indimenticabili, dopo l’inattesa delusione del corrispondente settore maschile, vanamente imperniato sul formidabile Ivan Zaytszev (russo nativo di Spoleto…) le ragazze allenate genialmente in pochissimi mesi da Mazzanti, abbiamo imparato a conoscerle tutte, con caratteristiche tecniche, personalità individuale, e via via vita e miracoli. Il “muro umano” ventiduenne Danesi; la serissima e altrettanto determinata Bosetti, figlia e sorella d’arte; la chiaroscurata e umorale Chirichella, veterana e capitana a 24 anni, e la sua impagabile conterranea “libero” Moki De Gennaro; Carlottina Cambi –nomen omen- pazientemente impiegabile in sostituzione quando ci vuole proprio un… cambio di battuta micidiale, e persino la “piccolissima” libera di scorta Beatrice Parrocchiale (che si chiama proprio così…), per non dire di Serena Ortolani, la consorte dell’impagabile neo d.t., che non scende quasi più in campo ma fa da chioccia sapiente in panchina.

Ma non è stato questo l’aspetto saliente dell’incredibile mondiale quasi conquistato. Il tratto umanamente e politicamente determinante è risultato che la nazionale “azzurra” sia arrivata al clou facendo soprattutto leva sulle incredibili sventole/mazzate della “opposta” Egonu detta Paoletta, sulle schiacciate implacabili da sinistra dell’entusiasta ed entusiasmante Sylla, che le compagne di squadra chiamano “Miri”, impeccabilmente rifornite dai palleggi registici,  tanto efficaci quanto poco vistosi di Ofelia Malinov, per tutte le colleghe “Lia”, nativa di Bergamo ma figlia d’arte, come Zaytsev, di una coppia cosmopolita di giocatori anch’essi extracomunitari. Per la precisione: bulgari; ma è difficile tuttora per molti italiani riconoscerli come comunitari (la fanno franca perché poco numerosi: per i rumeni è più dura…).

Quei milioni di telespettatori, bon gré mal gré, non hanno potuto che prendere atto, di gara in gara e di vittoria in vittoria, della decisiva vivacità e della classe inobliabile delle due determinanti atlete “di colore” (e altre due erano in panchina pronte a entrare…), e sono stati in ogni caso costretti ad entusiasmarsi ai loro colpi imprendibili.

Se si potesse nutrire ancora una minima fiducia in razionalità e  buon senso, sarebbe elementare a questo punto osservare –inutilmente- che qualcosa non quadra. Del resto anche l’”opposto” che ci è stata fatale, Tijana Boskovic, è una bosniaca naturalizzata serba, a sua volta tragica testimonianza indiretta (non era ancora nata, se pure di poco, al tempo delle guerre nell’ex-Jugoslavia) di sanguinose e difficilmente comprensibili contrapposizioni. Sarebbe interessante un sondaggio che rivelasse quale percentuale di tifosi incollati ai teleschermi avesse votato per un certo simbolo il 4 marzo, o anche solo contribuito, negli otto mesi successivi, a raddoppiarne la forza… sondativo/esondativa,  almeno virtualmente. O se le signore dichiaranti in treno o in autobus  di non volersi sedere “vicino a un negro” guardassero o no la pallavolo in tv: certo troppo giovani o troppo ignoranti per sapere che simili rifiuti accadevano solo, garantiti e imposti anzi dalla legge, in Arkansas o in Sudafrica in decenni per fortuna, almeno da questo punto di vista, assai remoti.

Marco Minniti non è stato un ministro degli Interni gradito ai centri sociali: ma almeno fin che è rimasto al Viminale, vedi caso, pubblicamente contro “i negri” non prendeva la parola, o l’iniziativa, almeno in pubblico, nessuno. Con tutta probabilità,  se lo stesso Minniti non avesse avuto la -peraltro non trascendentale- intuizione di cosa covasse -o meglio, forse: venisse risvegliandosi…- nelle viscere profonde dell’elettorato italiano, o se il buon Gentiloni si fosse intestardito a forzare sullo ius soli con un colpo di coda aritmeticamente rischiabile di fine legislatura, il risultato del 4 marzo per Pd e sinistra sarebbe stato ancora più catastrofico. Questa è la realtà italiana odierna, con cui è difficile non fare i conti.

Ciò non toglie che un paio di principi siano irrinunciabili: a cominciare da quello, forse un tempo istintivo, in virtù del  quale se la persona che ti ritrovi vicina appare bisognosa di aiuto, tu la soccorri: «normale», come ha detto nella sua splendida apparizione a Che tempo che fa il veramente straordinario sindaco di Riace Domenico Lucano. [Per inciso. che stupenda accoppiata di neo-senatori a (lunga) vita sarebbero lui ed Ilaria Cucchi, anche alla faccia di Grillo che vorrebbe togliere al Presidente della Repubblica il potere, assegnatogli dalla Costituzione, di nominarli: nel caso, «per aver illustrato la patria per altissimi meriti in campo sociale » (art. 59)]. Per proseguire con l’altro, forse ancora più fondamentale e irrinunciabile, ma ancora per larghissima parte tutto da edificare, genericamente denominabile… ius soli “universale”. In virtù del quale ogni nativo del pianeta Terra dovrebbe acquisire, con l’atto stesso dell’essere venuto al mondo, il diritto di percorrere –insediamenti, ripensamenti e spostamenti inclusi- in lungo e in largo il suo pianeta come gli pare. Dovrebbe insomma esserci posto per tutti ovunque, e non solo per chi si è accomodato prima, alla faccia di tutte le possibile geopolitiche e antropogeografie passate, presento e future. Ma certo una cosa è affermarlo e un’altra ottenerlo: e oggi siamo regrediti a un quadro infinitamente più ingrato, anche sotto questo profilo, rispetto ai decenni immediatamente precedenti.

«Non sono il tipo che urla al razzismo per qualsiasi cosa: credo si stato solo un errore in buona fede», ha alleggerito, anziché… schiacciare da sinistra irresistibilmente come mille volte in Giappone, proprio la Sylla. E tuttavia sia consentito  vivamente augurarsi che, senza pregiudizio per le ormai inevitabili sponsorizzazioni azzurre, nella vita privata, lei come Paola Egonu, avvalendosi vivaddio delle opportunità offerte dal “libero mercato”, almeno in questo… trangugiabile, scelgano di bere un’altra delle troppe  minerali disponibili.

 

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