Da uno studio della Confcommercio inerente “Indagine sulla desertificazione commerciale nelle città italiane” risulta che gli italiani vogliono più negozi nelle città, ma ci sono sempre meno negozi di abbigliamento, elettronica e alimentari. Per i cittadini italiani, la presenza di esercizi commerciali nel luogo in cui si vive, è l’elemento che vede la maggiore soddisfazione in assoluto ed è l’unico che riceve una valutazione positiva in tutte le aree del Paese e in tutte le tipologie di Comuni.
Le contraddizioni tra i risultati dello studio e il comportamento dei consumatori sono evidenti. I cittadini vogliono i negozi vicino a casa ma aumentano gli acquisti online.
Dai dati dell’andamento dell’e-commerce in Italia risulta per tutti i comparti merceologici una crescita.
Gli effetti di queste dinamiche sono molteplici e le più evidenti sono: aumento del consumo di suolo per la creazione delle strutture logistiche per effettuare le consegne nel minore tempo possibile; aumento del traffico veicolare per le consegne; riduzione delle entrate nei bilanci comunali inerenti i servizi di gestione dei rifiuti urbani in conseguenza della diminuzione di esercizi commerciali. Quando si verifica la chiusura di un negozio, l’azienda di gestione dei rifiuti urbani perde i servizi “gratuiti” di un “collaboratore esterno”. Infatti prima dell’apertura quotidiana di un esercizio commerciale, il titolare dell’attività si preoccupa della pulizia e in molti casi anche del lavaggio degli spazi antistanti al proprio negozio.
Con la chiusura di negozi ci sono meno utenti soggetti alla tassa rifiuti, senza la riduzione dei rifiuti prodotti perché con l’e-commerce aumentano gli imballaggi necessari per le consegne.
Qual’è l’azione da intraprendere per evitare aumenti della tassa rifiuti? La soluzione è quella di aumentare nei piani finanziari della gestione rifiuti, gli incassi per il flusso degli imballaggi riciclabili soggetti ad EPR (responsabilità estesa del produttore). La voce dei piani finanziari di gestione dei rifiuti inerente entrate CONAI per i rifiuti di imballaggio quali: carta e cartone; contenitori in plastica e vetro che costituiscono in peso il 35/40 % e il 55/60 % in volume dei rifiuti urbani, deve aumentare. Su questa materia il 3 agosto 2023 è stata emanata la deliberazione 387 dell’ARERA (che è l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) inerente la copertura dei costi per la gestione dei rifiuti di imballaggio che stabilisce: I costi necessari per fornire tali servizi di gestione di rifiuti sono posti a carico dei produttori e degli utilizzatori (di imballaggi) nella misura almeno dell’80 per cento. Tali somme sono versate nei bilanci dei Comuni ovvero degli Enti di Gestione Territoriale Ottimale, ove costituiti e operanti nella gestione del ciclo integrato dei rifiuti, al fine di essere impiegate nel piano economico finanziario relativo alla determinazione della tassa sui rifiuti (TARI)”.
Sarà un compito difficile per i Comuni che dovranno contrattare con il CONAI (consorzio nazionale imballaggi) maggiori introiti per gli imballaggi raccolti, al fine di abbattere le spese sostenute per le raccolte differenziate. Quindi nel futuro delle statistiche inerenti le percentuali di raccolte differenziate sarà interessante vedere quali sono le entrate derivanti dalle raccolte differenziate degli imballaggi e in che percentuale abbattono i relativi costi attualmente ripartiti tra tutte le utenze.
Anselmo Rinaldi
18/03/2025
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