
Il successo dei Verdi in Baviera, unitamente al non esplosivo risultato dell’estrema destra di Afd, dimostra (conferma) che determinate ansie che si sono manifestate specialmente da noi in Italia, ma non solo, dopo il voto del 4 marzo, su un imminente crollo della civiltà a seguito del successo dei partiti insorgenti anti-sistema e della crisi conclamata della UE, sono ingiustificate. Questo assalto dei barbari alle porte della civiltà democratica e perbene imporrebbe delle coalizioni “repubblicane” con dentro tutto e il suo contrario, in nome di una nuova resistenza. La realtà, lo confermano da ultimi i risultati in Baviera (ma anche in precedenza l’accordo programmatico fra il PSOE e Podemos in Spagna) è che non c’è nessuno s-fascismo alle porte, come alcuni di noi vanno dicendo da un po’ respingendo determinate paure o peggio, strumentalizzazioni. I risultati compositi delle vicende politiche ed elettorali nelle varie aree d’Europa dimostrano invece che se ci sono forti insorgenze populiste e di destra, esistono anche le alternative democratiche e ce n’è per tutti i gusti, sia per gli europeisti incalliti (come i moderati Verdi bavaresi) sia per i più fieri critici della UE, come Melenchon o Podemos. Vediamo infatti anche dai dati della Baviera che il partito di destra nazionalista Afd cresce, ma non quanto sperato dai suoi capi e sostenitori, limitandosi a raccogliere i voti in uscita dai cristiano sociali (che sono praticamente altrettanto di destra) storici alleati-gemelli della CDU di Angela Merkel.
E con la crisi catastrofica dei popolari e della SPD, che scende sotto il 10% e rischia di sparire, è in crisi non la democrazia, ma a cadere sono in realtà quelle élite compromesse dei partiti fautori delle “grandi coalizioni” che giustamente vengono accompagnate all’uscita da un elettorato che non ne può più del sequestro di democrazia messo in atto dai partiti dell’establishment che in questi anni hanno portato avanti le fallimentari politiche austeritarie della UE, rendendo impossibile nei fatti la salutare alternanza e dialettica democratica. La teoria dei barbari alle porte è dunque una scusa per una sinistra europea e italiana senza idee, e con una classe dirigente compromessa che ha fatto bancarotta politica e morale, che molto banalmente deve cominciare a raccogliere i suoi scatoloni e fare posto a facce nuove, possibilmente motivate da sinceri ideali e privi di quel costitutivo cinismo elettoralistico da sopravvivenza di ceto politico, ormai giustamente odiato dagli ex elettori progressisti e che contraddistingue tutte le frange dell’ex centrosinistra italiano.
Mentre sulla sinistra anche la Linke è un fallimento. Anche le cosiddette sinistre radicali, infatti, vengono identificate come corresponsabili del fallimento del progetto europeo, avendo sottovalutato e negato a lungo i contraccolpi negativi che l’architettura fallimentare dell’eurozona e dei trattati hanno portato al lavoro e ai salari, con la deflazione, il dumping sociale, la deindustrializzazione e le delocalizzazioni e la conseguente disoccupazione di massa che crea le destabilizzanti tensioni sociali (ma salutari se incanalate nella dialettica politica) che ben conosciamo. Anche questa sinistra radicale deve riformarsi completamente essendosi nascosta dietro un europeismo retorico esattamente come i partiti popolari e socialisti.
Attendiamo ulteriori dati, ma si sta delineando però un quadro composito che dovrebbe aiutare chi ancora si considera di sinistra a mettere da parte determinate ansie e a fare politica a viso aperto. Se lo si vuole almeno. Senza la paura, da parte della sinistra (specialmente quella italiana, ma non solo) di mettere in discussione seriamente, e con coraggio, l’attuale modello ordoliberista europeo alla radice. Altrimenti poi si va davvero verso una lunga agonia della UE liberista e allora il rischio per la civiltà si farà realmente concreto. Una critica radicale all’attuale architettura europea è necessaria, da parte di una sinistra socialista, ambientalista e democratica che voglia risollevarsi, senza i patetici timori da fine della civiltà che hanno paralizzato una sinistra che in questi ultimi mesi ha perso quasi ogni senso critico e pure il senso del ridicolo. Bene quindi ha fatto la CGIL a invitare l’economista e ministro Paolo Savona alla sua festa, per ricominciare ad approfondire le fondamentali tematiche macroeconomiche. Proprio perché le risorse democratiche, progressiste e antifasciste in Italia e in Europa sono assai forti e radicate nel profondo (si veda la svolta sul caso Cucchi, o le reazioni di sdegno e mobilitazione di fronte agli arresti domiciliari del sindaco di Riace o al caso delle mense scolastiche di Lodi). La civiltà europea non coincide affatto con dei trattati anticostituzionali che classi dirigenti poco lungimiranti hanno sottoscritto, o con l’assurdo (non)funzionamento dell’€urozona, che si possono mettere radicalmente in discussione, disfare e rifare daccapo senza sempre correre a fasciarsi la testa prima di essersela rotta. Se a fronte di turbolenze politico-economico-finanziarie cade questa UE fatta alla rovescia, nemica del lavoro e delle classi popolari, pazienza, sarà comunque un evento liberatorio, gli europei la rifaranno meglio, più rispettosa di quelle costituzioni antifasciste e “socialiste” che non piacciono a JP Morgan.
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