No, non è un lapsus calami, giacché a mio giudizio proprio di Olim-piedi si tratta, se avete presente come si sanzionano da queste parti i pasticciacci brutti, quelli, cioè, fatti giustappunto “con i piedi”.
Partiamo dagli alloggiamenti dei partecipanti ai giochi, con letti di cartone e materassi di plastica, riciclata, eh, non allarmatevi, ma provate voi a disputare la gara sportiva più importante della vostra vita, dopo aver dormito sopra la plastica, in piena estate e senza impianti di condizionamento.
Proseguiamo con la cerimonia di apertura, talmente brutta, talmente sgraziata, talmente mal fatta, talmente ipocrita da gridare vendetta al Cielo. E che si tratti del Cielo cristiano o di quello greco poco importa, ché, se si trattava di sbeffeggiare l’ultima cena, sarebbe stata mera dirittura morale ammetterlo, senza dar lo schiaffo e poi ritirare la mano, come è stato fatto; e se, al contrario, si trattava di una citazione dei riti dionisiaci, sarebbe stato necessario e sufficiente anche soltanto un anno di ginnasio, neppure di liceo, per sapere che le divinità olimpiche non erano rappresentate con aureole e i simposi greci non avvenivano seduti dietro a un tavolo, bensì adagiati su una κλίνη, una kline, ciò che i Latini avrebbero poi chiamato triclinium. Per non parlar del povero Dioniso che, in tale contesto, appare colorato come un pesce azzurro, nemmeno fosse Poseidone e che peraltro non c’entra alcunché con i giochi olimpici, che avvenivano sotto l’egida di Zeus Olympios e non certamente del dio bambino due volte morto e due volte risorto, divinità aliena e inquietante, di origine tracia e non greca.
Consideriamo anche l’idea peregrina di far disputare una gara di nuoto nella Senna, il fiume che raccoglie gli scarichi di una metropoli come Parigi, con la possibilità nemmeno così labile che ad arrivare primo fosse un grosso e grasso ratto, anziché un umano.
E terminiamo con le polemiche assurde e gli ideologismi che si sprecano ogni giorno su tutto, tranne che sul merito dei giochi olimpici, a tal punto che queste Olimpiadi paiono poste sotto il segno di Eris e di Polemos, la Discordia e il Conflitto, che imperversano e che autorizzerebbero a sostituire i cinque cerchi olimpici con cinque bersagli. Ma esse sono poste anche sotto il segno di Ate, la Dissennatezza, che acceca la mente degli uomini e li induce all’errore e alla hybris, la tracotanza. Cosa, infatti, se non la mancanza di senno, poteva indurre i giornalisti a commentare il bacio post-competizione di Tom Daley al suo compagno e quello di Alice Bellandi alla fidanzata, anziché l’argento del primo nel nuoto sincronizzato e l’oro della seconda nel judo? Nelle Olimpiadi si celebrano i campioni, la loro forza, la loro determinazione, il loro impegno, la loro intelligente strategia, non i loro fatti privatissimi. O no?
Simile, del resto, la bagarre scatenatasi in relazione all’incontro di boxe tra Imane Khelif e Angela Carini, che è diventato il ring dello scontro ideologico di chi si è schierato, senza alcuna considerazione per gli aspetti scientifici e giuridici della questione e neppure per quelli umani, così delicati e problematici e che dovrebbero essere posti al centro di una seria riflessione e della costruzione di una chiara e universale regolamentazione, che consenta agli atleti di gareggiare in condizioni di parità (come peraltro fino a queste olimpiadi è accaduto) e che, al contempo, non escluda alcuno dal diritto alla partecipazione alle gare.
In ogni caso, le OlimpiEdi di Parigi hanno inconfutabilmente dimostrato che la Grandeur della Francia è defunta, che l’Occidente è ben oltre il tramonto di spengleriana memoria e che la Cina sarà ben presto, o forse già è, la superpotenza padrona del pianeta. Fate il confronto tra questi giochi olimpici esangui, litigiosi, pasticciati, confusi e quelli di Pechino, regolati come un orologio dal dispotismo neo-capitalistico del PCC e la cosa vi apparirà di assoluta, incontestabile clarità.
di Patrizia Nosengo
Un pezzo agostano di vera bravura! grazie