Legalità, laicità, cittadinanza (2005)

Febbraio 2005

Legalità, laicità, cittadinanza

Quando, nel settembre 2002, pubblicammo il nostro primo documento non era trascorso ancora un anno dall’ insediamento del secondo governo Berlusconi, e noi cercavamo di individuarne alcune peculiarità. Vi si diceva che, nella storia, sia pure tormentata, della nostra Repubblica, «per la prima volta, il governo e la sua maggioranza arrecano gravi lesioni al tessuto costituzionale, abbassandone i livelli di democrazia e mettendo a rischio l’ indipendenza dell’ ordine giudiziario e di molte istituzioni, la coesione sociale e l’ unità del Paese, il carattere universale e pubblico del servizio sanitario e della scuola, il pluralismo dell’ informazione. Il monopolio di fatto delle reti televisive e il conflitto di interessi che lo alimenta infliggono all’ Italia una delle anomalie meno onorevoli. Ma questa è soltanto una delle inedite qualità di questa maggioranza di governo che, più in generale, risulta estranea, quando assolutamente non vi si riconosce, non solo ai più conclamati valori liberali, ma ai fondamenti della Repubblica, che sono l’ antifascismo e il significato storico del binomio di giustizia e libertà». E più avanti si affermava che, circa la giustizia, «consideriamo prioritaria la battaglia contro le pretese riforme garantistiche del governo che, invece di risolvere i problemi dei suoi mezzi, dei suoi organici e del suo corretto e tempestivo funzionamento, mirano a lederne l’ autonomia e a incepparla ulteriormente allo scopo, del resto anche dichiarato, di garantire l’ impunità ad alcuni imputati oggi al potere, con conseguenze devastanti per l’ intera azione dello Stato nei confronti della mafia, del terrorismo e delle altre forme di criminalità che si avvarranno delle nuove “garanzie”».
Quanto è accaduto, nei due anni che da allora ci separano, non ha purtroppo fatto che dipanare e aggravare quelle peculiarità. E le ha dipanate in un crescendo di ingiurie alla legalità repubblicana e all’ uguaglianza dei cittadini di fronte alla giustizia, combinando miscele in cui si intrecciano:
– il rancore nei confronti delle regole dello Stato di diritto, rappresentate come lesive di una libertà che altro non è che accanita salvaguardia di interessi personali, di ceto e di classe;
– il senso di estraneità e di ostilità – da parte di un presidente del Consiglio che ogni anno è deliberatamente assente il 25 aprile, e da parte dei suoi primi alleati, neodemocratici e postfascisti – nei confronti di una Costituzione e di una Repubblica che sono storicamente e inevitabilmente antifasciste, e quindi escludono ogni ricorrente velleità di equiparazione – al di là di ogni dolente comprensione per la tragicità di tanti destini individuali – fra i combattenti della Resistenza e coloro che fino all’ ultimo restarono fedeli al progetto nazista;
– il costante tentativo leghista di ridurre a gazzarra strapaesana il dibattito politico, e di alimentare – anche per conto di chi, come il premier e i suoi sodali, non può spingersi a tanto – gli stessi rancori verso le istituzioni repubblicane, attraverso la criminalizzazione razzista degli immigrati e la martellante delegittimazione della magistratura;
– la pochezza di coloro che fingono, ogni tanto, di dissentire da queste miscele, e ogni volta si adeguano, combinando l’ idiosincrasia per qualunque contatto che sappia di sinistra con la conquista di posti di potere.
La sintesi di queste miscele confluisce nella figura di un presidente del Consiglio che governa la sua coalizione come padrone e lo Stato come aspirante autocrate. Senza la sua consistenza economica e politica, i suoi alleati non avrebbero vita autonoma. E il premier li ha spesso trattati da minori da lasciare sfogare, per poi ricondurli alla sudditanza. Il premier, con la sua facile cultura di imprenditore prima protetto e poi incontrastato, di semplificatore dei problemi in spot pubblicitari, di ilare e canzonettistico campione di invasività televisiva, ha sfigurato il turno italiano di presidenza europea, e ha condotto il Paese a un appiattimento totale nei confronti dell’ Amministrazione Bush, di cui tenta di importare il messianesimo manicheo della lotta tra il bene e il male: mantenendo l’ adesione a una guerra che si poteva e si doveva non fare, dopo aver camuffato l’ invio del contingente militare italiano, oggettivamente in guerra, come missione di pace. Il suo americanismo è in antitesi rispetto alle più ammirevoli tradizioni liberali e democratiche della cultura americana.

A fronte di questa situazione, appare più che mai fondata l’ opinione secondo cui l’ opposizione di centrosinistra non debba semplicemente puntare a prossime vittorie elettorali che significhino un normale avvicendamento di governo. L’ urgenza è quella di ricostruire innanzi tutto lo spirito pubblico, secondo i valori della legalità costituzionale e repubblicana, nonché della laicità dello Stato, unica garanzia di uguaglianza etico-politica. Di parlare al Paese soprattutto per contribuire a un profondo recupero di fiducia e di serietà morale. Di operare alla diffusione di un’ opinione pubblica informata, libera, consapevole e responsabile. Di rinsaldare i fondamenti della democrazia non secondo la nozione di gente, ma quella di cittadinanza, che consideri gli elettori non come passivi consumatori di menzogne, di promesse irresponsabili e di volgari prodotti televisivi, bensì come cittadini; e quindi abbia come obiettivo strategico la crescita culturale, etica e civile dei singoli e della collettività.
L’ esigenza, dunque, è quella di un alto e forte respiro ideale, capace di diventare anche programma. Un governo alternativo a questo attuale dovrà dire tutta la verità, e chiamare i cittadini a conoscerla, e a partecipare ai modi di affrontarla. Dovrà risalire la china del declino economico del Paese e rimuovere i risultati di una politica economica fondata sulle menzogne, sull’ irresponsabilità, sulle misure una tantum, sui condoni fiscali come promozione dell’ illegalità, sui condoni edilizi come incoraggiamento allo scasso ecologico e ambientale, sulla farsa del taglio delle tasse, pagata scaricandone i costi sui ceti più deboli, sui comuni, sulle regioni e sui servizi essenziali. Dovrà ristabilire – e soprattutto estendere alle generazioni più giovani – condizioni di garanzia e sicurezza sociale, privilegiando gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica, nella scuola, nella sanità e nella previdenza. Un governo alternativo dovrà ricondurre il Paese alla sua storica funzione europea; e di qui al contributo all’ ulteriore costruzione di un’ Europa civile e sociale che svolga un ruolo estremamente attivo circa i conflitti e le alternative del mondo più vicino e dell’ intero pianeta. È nell’ Europa e con l’ Europa, – che già ci ha salvati, con l’ Euro, da una rovinosa svalutazione della nostra moneta e, almeno in parte, dalla bancarotta finanziaria – che sarà possibile ricostruire prospettive economiche, sociali e politiche degne di futuro.
Per questo, mentre ci riconosciamo nel patrimonio ideale del socialismo europeo, arricchito dalla vitalità di altre tradizioni progressiste, e dei movimenti ecocompatibili, ambientalisti e pacifisti, uniamo le nostre voci a quelle di tutti coloro che pretendono il massimo di unità, sulla base di programmi solidi e condivisi, da tutte le forze di centrosinistra. La convergenza etico-politica e programmatica dovrà comprendere il più possibile l’ apporto della società civile: le organizzazioni sindacali, le associazioni e i movimenti politico-culturali.
I contrasti all’ interno della coalizione di centrosinistra possono risultare utili contributi alla vitalità ideale e politica di chi non deve rispondere a un padrone. Molti, però, di quelli che abbiamo sofferto in questi anni, non appartengono a questa nobile categoria. Vorremmo, ora, che questa angoscia finisse; che si pervenisse a una leadership solida e sicura, e a un gruppo dirigente ricco delle sue identità, e insieme capace di forte coesione. L’ idea di governare l’ Italia quando sarà scaduto questo governo fa tremare, così pressanti saranno i compiti e le responsabilità. Bisogna averne piena coscienza. Bisogna prepararvisi con la severità più umile e la determinazione più generosa.