Lei… di una bellezza rara dalle nostre parti: bionda e slanciata, dalla pelle lattea e le forme morbide, non c’era un particolare che turbasse l’armonia dell’immagine femminile, quella che un vero estimatore riconoscerebbe all’istante.
Lui… di una carnalità predatoria che le donne sanno intuire: non lineamenti di perfezione scultorea spesso indice di narcisismo, ma una bellezza virile di chi sa essere più attento all’altra che a se stesso, consapevole di quanto alla propria dedizione corrisponderà un dono tanto grande da abbracciare tutta un’esistenza.
Quando è così non esiste volontà che possa opporsi, l’istante che vale una vita per il quale spenderesti la vita. Beatrice e Federico, la Donna angelicata e un Imperatore, come se l’incontro di due nomi tanto evocativi fosse già un segno inequivocabile.
“Avanti” disse lui una mattina di prima estate che già si presentava folta di appuntamenti.
Era ancora presto per ricevere nello studio medico il primo paziente, e il tono della voce rifletteva il fastidio di essere disturbato proprio nella mezzora che si concedeva per predisporsi alla lunga giornata di lavoro. Ma quando alzò gli occhi dall’agenda degli appuntamenti lui, cosi disinvolto e sicuro di sé, sentì mancargli persino l’abituale buon giorno s’accomodi che ormai gli usciva da solo.
Ciò che vide incorniciato dalla porta era il più bel quadro che mai avesse ammirato nella vita.
Lei, ferma sulla soglia, aveva avuto il tempo di valutare chi poteva essere il suo datore di lavoro semmai l’avesse assunta come assistente, e ciò che vide destò un immediato interesse. Beatrice amava l’eleganza sobria ma l’abito leggero e frusciante pudicamente abbottonato, che ondeggiava ad ogni passo sulle scarpette dal tacco alto, fu come musica all’orecchio di Federico quando la osservò attraversare la stanza.
Lui l’ascoltava a malapena presentare le sue referenze, faticando a nascondere il proprio rapimento: è risaputo che gli uomini sono libri aperti agli occhi delle donne allenate da una millenaria esperienza di valutazione dell’altro sesso per coglierne gli umori e i segreti. Se anziché una brillante esperienza come infermiera specializzata Beatrice gli avesse riferito di un promettente trascorso da trapezista, Federico l’avrebbe assunta comunque non avendo colto nemmeno una parola. Un’ora dopo l’accordo era stipulato. Si sarebbero rivisti l’indomani.
La notte si era rigirato nel letto disturbando colei che gli dormiva accanto: nessuna effusione quella sera e le parve strano, ma il sollievo di un più lungo riposo dopo la giornata occupata dalla cura delle bambine e della casa cancellava ogni punto interrogativo. Mal sopportava la passionalità del marito che assecondava come un dovere. Succede nei matrimoni sbagliati, quando ancora non si sa bene chi si è e come si è fatti e lei, educata dalle suore e da una madre bigotta, era di quelle che “non lo fo’ per piacer mio ma per dare un figlio a Dio”… ma a limitare il numero della discendenza ci aveva pensato Federico fermandosi a due, proprio come Beatrice, la faccia d’una stessa medaglia.
S’era alzato prestissimo, con l’unico pensiero di giungere allo studio. Una lunga passeggiata avrebbe allungato i tempi e schiarito le idee, consentendogli di arrivare all’ora solita. Quando sentì bussare alla porta gli sembrarono i battiti amplificati del cuore. Beatrice, pronta ad iniziare subito la nuova esperienza, portava con sé la divisa completa: non avrebbe mai indossato un camice che non fosse confezionato dalla sarta e il suo, pur nel rispetto della sobrietà, le stava a pennello sopra la sottoveste di seta. Non era un modo intenzionale di sedurre, bensì la disciplina del rispetto di se stessa e della propria immagine femminile.
Abituata all’efficienza delle sale operatorie, e dotata d’una sorprendente intuizione, preveniva le richieste destreggiandosi tra ferri e sterilizzazioni, dimostrandosi abile nel tranquillizzare i pazienti ansiosi. Non poco significava il sorriso rassicurante e la bellezza di Beatrice che ad ogni gesto diffondeva il suo lieve profumo, inconfondibile come lei.
Non ci furono distrazioni, solo alla fine della giornata, e riposto il camice, si sedettero ognuno al proprio posto per commentare l’esito della collaborazione, entrambi stupiti dell’interazione professionale creatasi fra loro. Poi il discorso prese a scivolare su un piano confidenziale, parole e parole senza fermarsi fino a giungere al momento del commiato.
In silenzio raggiunsero l’uscita e fu difficile sciogliere le mani che lui continuava a trattenere. Rimase fermo davanti alla porta chiusa, come sentisse la presenza di lei dall’altra parte. Fu in quell’istante che la porta si riaprì.
Il seguito fu una folgorazione da incenerirli in un amplesso come la creazione del mondo, il loro, che ebbe origine quella sera.
Mai inizio fu più tormentato: anni di fughe, allontanamenti, rinunce e ancora incontri strappati al peso delle responsabilità fino a quando si arresero, e le loro vite presero la strada già tracciata.
C’è la bellezza sfrontata della giovinezza… ma c’è la vera bellezza che non svanisce nel tempo, e quando ancora oggi li incontri passeggiare lungo il Corso tenendosi per mano, l’una attenta all’altro e ciascuno la metà dell’altro, pensi con un sospiro che ancora sia possibile crederci.
Marina Elettra Maranetto
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