Il libro di Ferruccio Cabibbe -Babbo non vuole , mamma nemmeno

Il libro di Ferruccio Cabibbe “babbo non vuole, mamma nemmeno “ – Moretti &Vitali editore

UNA CONTADINA INDIAVOLATA.

C’è sempre un sottile dispiacere quando qualcuno ti dona un libro senza alcuna dedica.

E’ come se mancasse l’ultima pagina, strappata via dall’indifferenza di qualcuno che non sa che i libri piangono di questa mancanza.

E poi, quando è l’autore stesso a donarti il suo ultimo libro – senza alcuna dedica – è ancora più profondo il dispiacere, è come quando ricevi un bacio, in quelle penitenze di gioco adolescenziali con gli occhi bendati, un bacio che non uguale a tutti gli altri, ma non sai di chi è, ma sai che il sospettarne il latore potrebbe essere più piacevole del saperne il nome.

Uso queste metafore -intrise di timidezze ruvide e appassionate- eccitata dal bel libro di racconti“ babbo non vuole, mamma nemmeno” di Ferruccio Cabibbe ( Moretti & Vitali editore), medico chirurgo specializzato in psichiatria, che nei sentimenti ci sa navigare, utilizzando il bisturi – delicatamente – come timone per entrare nei meandri tortuosi della nostra psiche e del nostro corpo, liberando la sottile voce delle sirene che questa volta non ci vuole irretire nel passato, ma solo riportarci nel cuore del nostro presente, consapevoli che non siamo mai lontani da alcun luogo.

Sono infatti, non a caso, 9 i racconti di questo libro: numero che rappresenta il ritorno dal multiplo all’unità, il compimento di un ciclo che segna la trasposizione su un nuovo piano, cifra che contiene in sé il duplice concetto di inizio e fine, morte e rinascita. Nel libro inizi e fini si rincorrono, pur in tempi, luoghi e personaggi differenti; il filo conduttore è la memoria,una memoria continuamente riattualizzata dall’intensità dello scorrere della vita; non è certo la memoria di chi vive chiuso nel suo passato, ma è una memoria erotica e carnale, dove ancora assaggi – e a volte ancora mordi – il frutto proibito del piacere, proibito perchè ancora acerba la pianta della Vita, ma vitale in ogni sua radice, robusta in ogni suo nervo, chè quando tocca la foglia irradia luce anche al cielo.

Il nostro autore è un uomo che sa parlare degli affollamenti delle tante donne che scorrono nella vita di un maschio come dee risveglianti.Gravido di luci e ombre è il primo racconto del libro “borgo sfarinale “, dove due giovani sorelle e la loro madre – l’esultante signora Boffetti – iniziano alla conoscenza l’adolescente ragazzo, aprendolo alla scoperta della disonestà della mediocrità, dove si imparerà a scoprire che non sempre chi viene additato “incontinente” è parte umana da evitare, ma solo da contenere, proprio come il bel seno abbondante della signora Boffetti. S’inanellano gli amori e i tradimenti, le onnipotenze e le cadute, rammentandoci che anche l’anima può diventare palude, ricordandoci che le ambivalenze ci contengono e a volte ci risparmiano l’annegamento: non sempre si devono buttare i salvagenti, non è tanto il saper nuotare, ma il sapere stare “col” mare che ci fa Uomini.

E la natura è sempre presente in questo libro, come si sente lo è nella vita dell’autore. Il racconto che chiude “Il noce” è voce della comunanza umana ad ogni specie; l’azione di dover abbattere un albero interroga il protagonista della storia : vediamo se hai le palle per affrontare lo spettacolo della morte, si chiede, stupefatto di quella domanda arrivata da chissà dove dentro di lui, ma certo non a caso. Sappiamo bene che nulla ci è estraneo; la fine di un noce fa diventare più concreta anche la nostra morte, potremmo, finalmente seduti davanti a noi stessi e circondati dal mistero della vita, tentare di rispondere, non alle grandi domande che non avranno mai risposta adeguata, ma alle piccole e nostre che abbiamo sempre allontanato.

Vorrei indurvi alla lettura di questo bel libro – nostrano – sorretta dalla robusta differenza che l’autore dà tra quelle belle grosse bianche noci americane e le noci – nostrane – che quell’albero abbattuto aveva donato sino a ieri: la differenza che passa tra lo schiacciare le noci americane o quelle dell’Appennino è simile a quella che corre fra l’amoreggiare con una modella anoressica e frigida o con una contadina indiavolata.

Milano, 17 giugno 2018

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