L’invidia sociale

 

E’ l’ideologia di questa maggioranza di governo.

L’invidia sociale che anima una parte degli elettori grillini è la benzina che ha spinto il movimento alla vittoria ma che rischia di incendiare un intero sistema compreso il buono che vi è dentro.

Dice Giuseppe De Rita: “ L’ardimentoso combattimento dell’attuale governo contro tutti i poteri che hanno contribuito al crescere del rancore collettivo: le strutture bancarie che hanno messo in difficoltà i propri clienti, i parlamentari che si erano dati il privilegio di un vitalizio, i pensionati d’oro etichettati come parassiti, i regolatori del mercato del lavoro che non hanno mai conosciuto il valore dell’equità, i dirigenti pubblici compromessi con le proprie decisioni precedenti meritevoli di rottamazione. Da questa strategia emerge, nelle intenzioni politiche, la vittoria di quell’insieme di “invidia e livellamento” che lo stesso Marx considerava una volgare declinazione del marxismo. E che rischia di sfociare, nel medio periodo, in un appiattimento nell’esistente”.

Una volta rotolavano le teste, oggi i vitalizi e le super pensioni. L’invidia sociale viene così trasferita ai piani bassi contro gruppi o categorie minoritarie impossibilitate a difendersi: Colpire la pensioni dei parlamentari ultrasettantacinquenni, prendersela con gli immigrati, perseguitare i rom, aggredire i nababbi livellando le loro pensioni d’oro a 4 mila euro mensili. Quest’ultima proposta colpisce i dirigenti in pensione del pubblico impiego: comuni, province, regioni, Asl, i medici, i docenti universitari, gli ufficiali delle forze armate, i manager ministeriali e i magistrati. Un disegno anticostituzionale, che pretende di scardinare regole e ordinamenti consolidati nel corso dei decenni, mentre le risorse così recuperate non vengono finalizzate all’aumento delle pensioni minime, ma per finanziare “il reddito di cittadinanza” promessa elettorale di Di Maio e del M5Stelle.

Il “Reddito di cittadinanza” non si configura come un ammortizzatore sociale, bensì come un neoparassitismo “ reddito per chi non lavora”.

Invidia sociale e ideologia dell’economia punitiva sono contenuti anche nel “decreto dignità”, presentato come strumento atto ad eliminare il precariato ed aumentare l’occupazione, al contrario, per effetto delle nuove norme, si prevede la scomparsa di 8 mila posti di lavoro l’anno per i prossimi dieci anni. Di Maio dovendo tallonare la popolarità di Matteo Salvini impegnato a bloccare le navi dei migranti nel Mediterraneo e ad attaccare l’Unione europea, non poteva perdere tempo e ha saltato a piè pari ogni considerazione circa le conseguenze del provvedimento.

L’invidia – scrive La Treccani- “ è un sentimento spiacevole che si prova per un bene o una qualità altrui che si vorrebbe per sé, accompagnato spesso da avversione e rancore per colui che invece possiede tale bene o qualità, per cui non si tollera che altri abbia doti pari o superiori o riesca meglio nella sua attività o abbia maggior fortuna”. Per il filosofo Bertrand Russell “L’invidia è una terribile fonte di infelicità per moltissima gente”. “E’ un rospo velenoso” per Arthur Sehopenhauer.

Per il cattolicesimo l’invidia è uno dei 7 peccati capitali. Per il buddismo è il fattore mentale che porta all’odio. Infine, per l’islam appartiene a chi non professa l’islam. Spesso l’invidia è confusa con la gelosia, l’avidità e il rancore ma è un’emozione ben precisa. Secondo una possibile interpretazione, l’invidia colpisce l’inferiore che non vuole stare al suo posto, il subalterno per status o per possibilità che ambisce a migliorare ma incanala questo desiderio in modo errato. Si cerca giustificazioni ai successi degli altri, ipotizzando possibili privilegi speciali. Ci si sente “sfortunati e criticati”. Insomma si prende un diritto che a molti è precluso e lo si chiama “privilegio” additandolo al pubblico ludibrio.

Secondo Luigi Di Maio e Matteo Salvini non esistendo più la destra e la sinistra e essendo scomparsa la lotta di classe, si tratta di sostituirla con l’ideologia disgregatrice dell’invidia sociale che mira a contrapporre tra loro i vari profili professionali e ceti sociali.

Nel rapporto Euripes 2016, si legge: “L’invidia e la gelosia, se volte in positivo, diventano il propellente indispensabile alla crescita e allo sviluppo. Di fatto, nel nostro Paese ciò non accade. Invidia e gelosia si traducono in rancore e denigrazione. Odiamo e denigriamo il nostro vicino più bravo e, invece di impegnarci per raggiungere risultati migliori e superarlo in creatività, efficienza e capacità, spendiamo le nostre migliori energie per combatterlo.”.

Questo tarlo malefico ha contagiato gli stessi partiti, i quali, anche al loro interno, hanno sostituito il senso di appartenenza, il rispetto e la solidarietà con l’invidia e l’insulto e questo non può che portare alla disgregazione e al loro dissolvimento. A questo andazzo dobbiamo opporci contrapponendo la forza della ragione del buon senso.

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