Nell’ascoltare l’intervento di Ursula von der Leyen (1), presidente della Commissione Europea, alla Conferenza Internazionale a sostegno della Siria tenutasi a Bruxelles il 17 marzo scorso, viene da chiedersi se si sia domandata chi governi la Siria di oggi e se abbia avuto notizia del contenuto della bozza della Costituzione siriana, presentata il 13 marzo dal presidente ad interim Ahmed al-Shaara. Se l’ha fatto allora è incomprensibile tanto ottimismo.
Dice la von der Leyen, riprendendo alcune parti del suo discorso pubblicate da Swissinfo.ch (2): “Per la prima volta la speranza dei siriani non è in pausa. La situazione resta fragile ma abbiamo visto l’impegno dei siriani ad un governo inclusivo. I siriani hanno bisogno di maggiore sostegno, sia che si trovino ancora all’estero, sia che decidano di tornare a casa. L’Europa farà la sua parte”. Cosa ci dice la presidente della Commissione delle violenze esecrabili che i sostenitori di al-Shaara hanno compiuto nei confronti delle famiglie alawite nella zona costiera di Latakia la settimana scorsa? Risponde che mettono in evidenza che la situazione è ancora “fragile”. Le ha viste le immagini? Le milizie di al-Shaara, le Hts (Hayat Tahrir al-Sham), finanziate dalla Turchia, considerano indiscriminatamente tutti gli alawiti rei di essere stati sostenitori dell’ex presidente al-Assad, caduto in disgrazia politica e fuggito dal Paese a dicembre scorso quando le Hts sono entrate fulmineamente a Damasco. Al-Assad è un alawita e quindi a morte tutti gli alawiti. Non pare proprio essere un’idea di Siria inclusiva. Chi era colluso con i crimini commessi dal governo di al-Assad padre prima e figlio dopo va processato, non ucciso cavalcando l’onda della vendetta.
Prosegue la von der Leyen: “La Siria era una delle potenze economiche del Medio Oriente. E noi vogliamo essere partner per la ripresa e la crescita di una nuova Siria. Nella vecchia Siria, un dittatore controllava tutto il potere politico ed economico. Nella nuova Siria, invece, il potere può tornare al suo posto, cioè al popolo siriano. E questo è il terzo punto in cui possiamo essere d’aiuto. Alle Conferenze di Bruxelles abbiamo sempre ospitato i rappresentanti della società civile siriana, sia all’interno del Paese che in esilio. Alcuni di loro sono stati banditi dal regime di Assad a causa delle loro idee. Ma ora possono finalmente essere ascoltati. Sono orgogliosa di annunciare che quest’anno abbiamo in programma di tenere il dialogo della società civile della Conferenza di Bruxelles a Damasco”. Alla von der Leyen forse sfugge il curriculum vitae di al-Shaara, colui a cui attribuisce la “nuova Siria”. Ahmed al-Shaara, come lui stesso dichiara in un’intervista rilasciata alla BBC (3), si è unito prima a al-Qaeda in Iraq e poi all’Isis, insomma a due organizzazioni terroristiche che hanno fatto tremare persino l’Occidente, dagli Stati Uniti alle capitali europee, seminando morte. Ovviamente guardando solo a casa nostra. Se invece spingiamo lo sguardo oltre, ci accorgiamo delle vittime che hanno fatto in Medio Oriente, in Siria e in Iraq soprattutto, colpendo le minoranze senza troppi sentimentalismi. La von der Leyen ha mai sentito parlare del popolo ezida? Dovrebbe perché anche il suo Paese, la Germania, ne ha riconosciuto il genocidio e lo ha fatto recentemente, nel 2023, non un secolo fa. Perpetrato da chi? Ma dall’Isis naturalmente, quella organizzazione che ha contribuito alla formazione di al-Shaara, il fautore della “nuova Siria”. Nell’agosto del 2014 l’Isis ha aggredito i villaggi ezidi del distretto di Shengal e ha ucciso tutti gli uomini e i ragazzi che ha incontrato mentre ha rapito le donne e i bambini. Le donne sono state vendute nei mercati delle schiave e i bambini sono stati trasformati in soldati al servizio del Califfato, ossia dell’Isis. Ma non se la sono vista bene nemmeno i cristiani, i turkmeni, gli sciiti e la popolazione shabak.
L’apoteosi dell’ottimismo però Ursula von der Leyen la raggiunge quando dice: “La Siria può diventare un Paese in cui tutti possono dire la loro. Con pari diritti e rappresentanza per tutti, uomini e donne, al di là di fede, etnia e ideologia. Un Paese in cui non c’è posto per la violenza settaria. Il futuro della Siria deve essere costruito da tutti i siriani. Quelli che hanno sempre lottato per la libertà e quelli che hanno appena scoperto la speranza. Chi è fuggito e chi è rimasto. Questa deve essere la promessa della nuova Siria. E noi faremo tutto il possibile perché si realizzi”. La presidente non deve aver prestato molta attenzione al contenuto della bozza della Costituzione siriana che al-Shaara ha presentato alla stampa il 13 marzo scorso, ossia giorni prima del suo intervento alla Conferenza Internazionale. La bozza ricorda a tutte le minoranze che abitano nel Paese che l’unica lingua ufficiale è l’arabo e che l’unica legge applicabile è la Sharia. Non l’hanno presa bene i curdi del Rojava che solo tre giorni prima avevano siglato con il neo-presidente un accordo in otto punti che mirava proprio a dare lo stesso riconoscimento politico e sociale a tutti i gruppi etnici di cui quella regione è costellata, che non possono essere ignorati se si vuole davvero una nuova Siria inclusiva e non un altro incubatore di conflitti.
La von der Leyen, davanti a uno scenario siriano che definisce ricco di speranze, grazie a “tutti quelli che hanno lottato per la libertà”, pazienza se erano definiti tagliagole e se su al-Shaara gli Stati uniti avevano messo una taglia, prontamente rimossa da quando sono diventati amici, chiude il suo intervento garantendo il pieno sostegno alla “nuova Siria”. Oltre a continuare a rimuovere altre sanzioni che da più di un decennio colpiscono il Paese, l’UE si è impegnata con 2.5 milioni di euro a partecipare alla ricostruzione e a proseguire con la promozione, attraverso la Conferenza Internazionale sulla Siria, a cui partecipano potenziali finanziatori, della “raccolta fondi” per favorire investimenti miliardari in un Paese distrutto.
Diceva Andreotti che “a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca”. Ecco, viene da pensare che la descrizione un po’ utopistica della Siria di oggi fatta dalla figura più importante dell’Unione Europea sia una deliberata illusione proporzionale alla quantità di investimenti che si intravede all’orizzonte e non abbia nulla a che fare con la reale situazione “on the ground”, come si dice di questi tempi.
La bozza della Costituzione siriana dà un colpo al cerchio, l’Occidente, riconoscendo la “libertà di opinione, espressione, informazione, pubblicazione e di stampa. Riafferma anche l’impegno dello Stato all’unità del Paese e dei popoli nel rispetto delle differenze culturali” (4), e un colpo alla botte, ossia la comunità sunnita, a cui appartiene al-Shaara e che rappresenta la maggioranza nel Paese, vessata dall’ex presidente, attraverso il riconoscimento dell’arabo come unica lingua ufficiale e la Sharia come fonte primaria della legge, in continuità con il deposto al-Assad. In una società così variegata come quella siriana dove le culture, le lingue e le religioni sono molte e diverse, vivere tutti e tutte sotto le regole di una sola comunità non può che favorire la nascita di risentimenti e attriti. Ursula von der Leyen non può non saperlo e allora nel suo intervento alla Conferenza Internazionale per la Siria ha volutamente glissato sulla stortura costituzionale, scegliendo inoltre di nascondere il più possibile sotto il tappeto il grande polverone sollevato dai video che correvano sui social delle uccisioni orrende che i miliziani dell’Hts stavano compiendo a Latakia e nelle zone limitrofe.
La domanda è: perché dipingere un quadro rasserenante quando c’è ben poco da star sereni?
La risposta potrebbe essere quella che accompagna molti altri scenari dove la luce dei riflettori delle promesse di costruzione di società democratiche serve agli Stati e agli investitori per non compromettere la possibilità e l’implementazione di accordi di investimento a cui gli Stati firmatari e i privati non vogliono rinunciare. Lo stesso vale per l’Europa, a maggior ragione in un momento storico in cui si sente orfana degli Stati Uniti e sente il bisogno di costruire sue zone di influenza. E pazienza se la democrazia la si proclama ma non la si pratica oppure se al-Shaara ha un curriculum tanto impressionante di jihadista. Quel che conta è che passi il messaggio che c’è una “nuova Siria”. L’importante è che il neo-presidente siriano si tagli la barba, che ricorda troppo quella dei qaedisti o dei miliziani dell’Isis, dismetta la divisa militare e indossi giacca e cravatta. Al resto dell’operazione maquillage ci pensa l’Europa di Ursula von der Leyen.
1. https://www.youtube.com/watch?v=bcyJTdiTbbs
2. https://www.swissinfo.ch/ita/ue-verser%C3%A0-aiuti-per-2%2C5-miliardi-a-siria/89022664
3. https://www.youtube.com/watch?v=SYhCjXSNUIY
4. https://shafaq.com/en/World/Syrian-constitutional-draft-declared
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