LA MAGIA DEL RITORNO. Sulle tracce del Mago di Oz di Frank Baum.
“ La percezione di tale vuoto è divenuta il paradossale punto di appoggio di quella sublime gratuitàdell’essere che nasce dalla consapevolezza di non avere più nulla da perdere. Tanto ci basta e ci guida, poiché alimenta il bisogno di Totalità e di libertà che non si dà, se non nella desertica presa di distanza da ogni ideologia “.
Così scrive Carla Stroppa in questo suo ultimo nutriente libro: La magia del ritorno, sempre una soglia che ispira e guida nelle pieghe nascoste dell’Anima, dove siamo attesi dell’impensabile.
Ed è proprio il “vuoto” l’utero fertile e misericordioso che porta in vita le inesauste speranze del cuore, dove meraviglia e terrore, disperazione grazia, chiedono solo d’essere conosciute, amate e armonizzate.
La Stroppa, si sa, è un’abile e amabile maga delle nostre profondità, sa accedervi con robusta gentilezza, spazzando via con la sua scopa tutto l’inutile che caparbiamente affastelliamo, paurosi di rimanere soli con quel noi stessi privo d’ogni maschera tentata.
La sua scrittura, tra letteratura e psicanalisi, apre sempre anche alla Poesia, a quel “non so, non so” che Wislawa Szymborska dice alla consegna del Nobel e a cui tutti noi ci aggrappiamo come all’ancora di un corrimano.
Ma forse va abbandonata anche l’ancora di un corrimano, che crediamo sicurezza e , prima di trasformare anch’essa in patologia, lasciamoci andare all’ebrezza della realtà simbolica con un cuore capace di ascolto: Lev Shomea.
E’ Vani “ Voce”, la stupenda dea sposa di Brhama, il dio Creatore, che ci lascia al potere della parola e della poesia, quella parola che nasce insieme a noi e ci stupisce dell’impensabile. Solo da qui la parola nascerà innocente, nel profondo significato del non nuocere, quell’onorare che è dare il giusto peso a bene e al male : è qui che vive la Giustizia.
La Fiaba che Carla Stroppa dipana è quella de: Il Mago di Oz e si sa che, chi osa leggere, trae dallo spazio bianco tra riga e riga quello che nemmeno l’autore ancora sapeva. Emergono tematiche e immagini, intuizioni e illusioni, draghi e fate, illuminazioni e buio.
Le “nostre legioni “ si disarmano mano a mano che Carla ci fa addentrare nel campo di battaglia, incontriamo amici e i nemici li trasciniamo fuori dalla mischia per curarli, per curarci.
Soltanto avvicinandoci alle rive dell’Inconscio, laddove le fiabe sono nate, è possibile comprenderle. In loro si cela una sapienza più grande di qualsiasi scienza, intuizioni che superano qualunque analisi, immagini che, partendo dalla nostalgia delle origini, parlano dei sogni dell’umanità.
“Alla fine del racconto – scrive la Stroppa – tutti i nostri personaggi in cerca d’autore trovano il loro regno di elezione : la psiche si riconnette al suo interno all’insegna di una sostanziale Unità”.
Ma è proprio grazie a quello che l’autrice chiama una: “mia zigzagante ispirazione selettiva “ che i nostri personaggi possono trovare il loro regno d’elezione, riconnettersi con quel Daimon che troppo spesso soffochiamo impauriti.
Questo libro, di agevole ma profonda lettura, è come una foresta, “chiari nel bosco” ci aiutano, animali ci parlano, la Natura si fa viva denunciando il nostro ignorante abbandono. Ma solo se ci siamo allontanati potremo ritrovare la Via.
La magia dell’Inconscio vuole sempre il viaggio di ritorno, quel tornare a casa riconoscendola dopo averla abbandonata, dimenticata, illusa, tradita. Dall’indistinto all’individuo, per riconoscerci Armonia.
P.S. Non mi addentro nelle tante pieghe del libro, Carla è un’affascinante e affascinata affabulatrice di noi tutti, delle nostre storie, ma questo suo lavoro mi ha riportato alla mente una mia poesia del 2000, che sono andata a ripescare…chissà forse viaggiava con me il Mago di Oz ?!
“Quante cose credute perdute / e lasciate per anni meteoriti nell’universo/ stelle senza più alcuna luce / per incapacità di allora / per paura della vera conoscenza /
Improvvisamente / con una volontà di nuovo astronauta/ intravvista la lontana luce dispersa / fu fede e coraggio /
Dentro strette impossibili pareti/ di dura roccia/ allargata in immensi deserti/ di sabbia e arbusti / sommersa da abissi d’acqua / la piccola astronave scomparve all’umano / per andare incontro al diverso /
E spazio e tempo cessarono /
Orizzonti eterni ed illimitati / crebbero come merletti / intorno alla mia anima in attesa / e la resero possibile all’incontro /
Buio Luce / dolore gioia / nello stesso gioco misterioso / del loro mistero accettarono la forza /e nell’impossibilità umana di comprendere / fecero di me l’uomo in divenire.
di Patrizia Gioia
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