Al centro del fallimento dell’ipotesi di governo giallo – verde c’è la contrapposizione personale tra i due leader: ambedue ambivano a diventare premier mentre la nostra Costituzione ne prevede solo uno.
Il misero tentativo di Di Maio e Salvini di scaricare sul Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, la responsabilità sul fallimento del governo di centrodestra si scontra con la realtà dei fatti. La colpa non è né di Mattarella né del prof. Savona, sicuramente inidoneo, per le sue posizioni sull’euro e sull’Europa, ad occupare il ruolo di ministro dell’economia, tant’è che la sola designazione, con le motivazioni date da Salvini, è stata sufficiente per far alzare lo spred e far precipitare i titoli delle banche italiane nei cui portafogli sono detenuti oltre la metà dei titoli di stato del nostro debito pubblico. Non c’è stato nessun complotto internazionale. Sono i risparmiatori – investitori italiani e stranieri che si sono ritratti alla sola idea di uscire dall’euro e dall’Europa.
Di Maio ha tentato tutte le strade per diventare Primo Ministro: prima con il forno di destra poi, chiuso il forno di destra ne ha aperto uno con il PD. Renzi in maniera brutale ha stoppato ogni tentativo. Forse era opportuno andare a vedere le carte del camaleontico leader dei 5stelle. Chiuso il forno a sinistra ha subito riattivato quello di destra riprendendo il dialogo con la Lega di Salvini. Ne è seguito un tira e molla che ha portato al conferimento dell’incarico al Professor Giuseppe Conte di area grillina. La buccia di banana l’aveva escogitata Salvini proponendo il Prof Paolo Savona, con la motivazione che essendo egli sostenitore dell’uscita dall’euro e dall’Europa era l’uomo giusto per andare a battere i pugni a Bruxelles. Mattarella alla luce anche delle reazioni dei mercati finanziari, non poteva che opporsi a tale candidatura.
I due galli hanno obiettivi diversi e contrapposti tra loro, l’unica convergenza è puramente tattica: ognuno, ricorrendo a nuove elezioni, pensa di fare il pieno dei voti e di poter governare da solo. La convergenza tattica è data dalla necessità di mantenere alta la tensione politica e di aizzare l’opinione pubblica contro ipotetici nemici come l’Europa. La moneta unica, Bruxelles, la burocrazia, i mercati e ora anche il presidente Mattarella reo d’aver difeso le prerogative del proprio ruolo costituzionale e gli interessi dei risparmiatori, degli investitori e in generale dell’economia e delle regole democratiche sancite dalla Costituzione.
La macchina populista è sempre in azione sia quando è al potere perchè deve dimostrare di non farsi catturare dall’establishment e a maggior ragione quando è all’opposizione che si erige ad “avvocato del popolo”. Si tratta di una pura costruzione ideologica che si alimenta su e da se stessa, i fatti contano poco, anche perchè possono essere facilmente accomodati ad arte. Di Maio ha sostenuto di aver avanzato proposte al Presidente della Repubblica, alternative sul nome di Savona, prontamente smentite, verbali alla mano, dal Quirinale: “Frasi prive di ogni fondamento”. Di Maio è quindi un bugiardo. Ma non ha fatto una piega, pronto a mentire una prossima volta se le convenienze propagandistiche lo richiedono.
Quindi non c’è nulla da rincuorarsi nel vedere i populisti al potere, poiché essi hanno già messo in conto di dover dimostrare, contro le prevedibili previsioni dei nemici di non cadere nel tranello dell’establishment. La tesi dei “popcorn” di Renzi: vediamo cosa sanno fare e come riescono a conciliare proposta tra loro inconciliabili, è sbagliata.
Dobbiamo contrastare con vigore in tempo reale le loro assurde proposte.
La fuga di chi ha investito sul debito pubblico italiano è anche la conseguenza naturale di un progetto esplicito che, ignorando l’entità del debito pubblico, prevede la riduzione drastica delle tasse e contemporaneamente, con la cancellazione della Legge Fornero e la corresponsione del “Reddito di cittadinanza” a coloro che non hanno un’occupazione, un’impannata della spesa e di conseguenza del debito pubblico. Un paese governato da forze che puntano ad erigere muri e a chiudere l’Italia in un soffocante e velleitario recinto autarchico, che puntano al chilometro zero, allo sviluppo zero, all’emigrazione zero, alle infrastrutture zero, può avere una sola valutazione dai mercati. Ed è una valutazione che si avvicina pericolosamente allo zero.
La prossima campagna elettorale sarà dura ed impegnativa senza esclusione di colpi. C’è da augurarsi che il gruppo dirigente del PD corregga con coraggio e determinazione errori ed atteggiamenti sbagliati che hanno portato alla sconfitta elettorale, evidenziando un distacco tra il Partito e la società civile di riferimento. Un gruppo dirigente che metta da parte polemiche e rancori personali e agisca in maniera unitaria coinvolgendo in questa battaglia tutte le forze di sinistra, autenticamente democratiche e progressiste del nostro paese.
Di Maio e Salvini sono due galli nel pollaio che bisticciano per il potere e per l’egemonia. Il gruppo dirigente del PD a sua volta deve smetterla di presentarsi ai propri militanti, ai propri elettori e ai propri simpatizzanti e allo smarrito popolo della sinistra come i polli di Renzo di manzoniana memoria, impegnati a beccarsi tra loro ignari che, così facendo, il proprio destino sarebbe quello di finire in pentola.
Dobbiamo dare la sveglia, il nemico ha ormai occupato il palazzo!
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