Mario Draghi come charaktermaske

Tutto si può dire sui primi esiti della crisi di governo innescata da Matteo Renzi meno che non fosse già stata preparata da tempo la soluzione che oggi ci viene propinata, ovvero quella del ‘salvatore della patria’ impersonato da Mario Draghi. Un esito, dunque, per molti aspetti prospettato e voluto dai grandi giornali che hanno alle spalle le grandi banche e parti importanti delle dirigenze statali. L’impresa a cui si accinge il ‘nostro eroe’ è ormai unanimemente paragonata alle precedenti esperienze ministeriali guidate da Azeglio Ciampi nel 92’ 93’ e da Mario Monti nel 2011’. E’ tuttavia certamente rilevabile alcune distinzioni non piccole che separano le diverse esperienze governative all’atto della loro nascita. I governi Ciampi e Monti sorgono da un contesto di crisi economica grave, che era mondiale e europea e che veniva agitata dalle burocrazie europee e dalle classi dirigenti nostrane per rendere ancora più stringente il cosìdetto ‘vincolo esterno’ in modo da determinare una nuova politica deflazionista nel nostro paese. Il governo Draghi nasce, pur in un contesto reso difficile dalla pandemia e dal forte arretramento del PIL, sulla spinta di un piano europeo di rilancio economico, che dovrebbe farci uscire dalla crisi e col quale vi sarebbero risorse da redistribuire. Draghi stesso sa, come affermò se non vado errato nel marzo scorso[1], che queste nuove risorse sono l’occasione per rinnovare le normali linee di tendenza dell’Unione europea. Occorre oggi stimolare, così ci dicono i bene informati, gli investimenti produttivi, anche pubblici, ripensare al ruolo dello stato come salvatore delle aziende private in difficoltà, usare questo nuovo piano economico continentale per completare quella Unione monetaria con una adeguata unità politica che ancora manca. Rispetto al programma di Monti di dieci anni or sono, che era in fondo molto ristretto e solo teso all’obbiettivo del risanamento finanziario, elemento che sarà comunque sotterraneamente presente anche per Draghi, oggi si tratta di tenere conto di nuovi fattori che non erano ancora presi in considerazione dalle élite nel 2011’ 2012’. Mi riferisco in particolare a due fattori ormai sotto gli occhi di tutti e che caratterizzano la fase geopolitica attuale; l’instabilità dell’ordine liberale anglosassone, che dal secondo dopoguerra ha ordinato il nostro angolo di mondo europeo, e, infine, e collegato al primo fattore di instabilità, la fine del modello vincente di neomercantilismo tedesco che ha segnato il successo delle politiche deflazioniste e ordoliberiste su cui è stata fondata l’UE[2]. Draghi pare essere, di conseguenza, cosciente della necessità di riformare il ‘sistema’, è tuttavia compreso nel suo ruolo di garante di un ‘ordine’ liberale e di una stabilità sociale data all’interno di norme gerarchiche ben normate.

Si innesta qui, dunque una ben più profonda distanza dagli altri governi tecnici che l’hanno preceduto, e una concreta e insidiosa contraddizione nei piani ‘dell’uomo della provvidenza’. Per Ciampi[3] e per Monti, come per Lamberto Dini, la politica era riducibile ad una tecnica, ovvero ad una indiscutibile perizia nel costringere ogni scelta sociale all’interno dei ristretti parametri della politica monetaria gestita dall’insindacabile maestria del banchiere centrale. Posta la difesa della moneta a cui si doveva sacrificare ogni bene sociale, ogni interesse di classe e di sistema e la storia di interi campi partitici e culturali, il resto era compito del mercato condurre la società intera sulla via della crescita. Questo il credo dei tecnici di ieri, di coloro che sono i padri dell’Europa della moneta attuale, questo il credo di Mario Draghi stesso. In questo suo essere convinto della funzione neutra e tecnica in ultima istanza di ogni politica, e nel ridurre la politica dei partiti a marginale velleitarismo, si esprime la vera maschera sociale di Draghi, il suo essere, malgrado tutte le sue inclinazioni psicologiche e personali, la personalizzazione ‘del piano del capitale’. Ecco perché lo possiamo definire schiavo della sua funzione di ‘grande commissario della finanza’; in questo risiede il suo essere inevitabilmente una Charaktermaske, secondo la famosa espressione, o meglio figura, tanto presente in Marx e in Engels.[4]

E tuttavia, la nuova fase nella quale stiamo entrando, fase nella quale come dicevamo tutti i parametri sui quali si è basato il sistema ordoliberista sono entrati in crisi, porta per conseguenza lo stesso Draghi a rivedere la relazione classica che era tipica dei suoi schemi mentali, fra politica e tecnica economico-finanziaria. Se l’Europa, e non solo l’Italia, vorranno sopravvivere come unione monetaria in un mondo che varia così tanto nelle coordinate conosciute negli ultimi trent’anni, sarà necessario che Mario Draghi si trasformi presto in un politico, dismetta le sue vesti della neutralità tecnica e della neutralità economica, e si confronti con le asperità del terreno della politica e della società, e inoltre, con le asprezze tipiche del campo complicato della geopolitica. L’economia, sopratutto le regole ferree dell’economia marginalista, non sono più gli elementi egemonici senza concorrenti dominanti la realtà.  Se qualcosa si dovrà salvare del l’impianto culturale liberale e liberista, Draghi dovrà essere un riformista di tale concezione, dovrà dare spazio a nuovi strumenti economici, porre in forse il credo nel dominio su tutto del mercato, comprendere l’influenza che hanno sulle variabili del sistema delle relazioni fra le classi e libero gioco geopolitico fra i paesi.

Draghi vuole oggi, e deve essere suo malgrado, un riformista – conservatore dell’ordoliberismo, e questa sua nuova opera richiede una ricerca di consenso tra partiti e nella società. Sempre che l’azione riformatrice riesca come salvaguardia del vecchio ordine e non se ne debba constatare un inevitabile scacco determinante nuovi equilibri sociali oggi impossibili da prevedere.

Alessandria 4-02-2021

[1]Per un commento sulle affermazioni del marzo 2020 di Mario Draghi, Emiliano Brancaccio nel coommento radiofonico del 27 marzo scorso, adesso sul blog dell’economista col titolo ‘Mario, sei ridiventato euroscettico?’.

[2]Per una analisi delle politiche di Draghi, confrontare Riccardo Bellofiore, ‘Draghi, lezioni di marxismo dalla BCE’, per la rivista ‘Alternative per il Socialismo’, ore sul sito ‘Sinistrainrete’, oppure Sergio Cesaratto, ‘L’organetto di Draghi’, in ‘Sei lezioni di economia’, Imprimatur 2016.

[3]Per un profilo di Azeglio Ciampi, Piotr ‘ABC, tre lettere per capire Carlo Azeglio Ciampi’, sulla rivista online Micrichip, ora sul sito ‘Sinistrainrete’.

[4]Il termine Charaktermaske è presente in Marx, con varie accezioni, nel ‘18 Brumaio’ e nel ‘Capitale’ e in varie opere di Engels.

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