Anche questo importante regista americano ha concluso il suo ciclo vitale, sempre sotto la stella di Hollywood.
Lynch è stato un regista molto originale, molto lontano dagli schemi commerciali di Hollywood e forse ne ha pagato anche le conseguenze, come uno dei suoi maestri più lodati , Orson Welles.
Uomo polivalente, scrittore, sceneggiatore e pittore, egli ha trovato la sua strada maestra nel cinema, a partire forse da “Blue velvet”: ha filmato numerose ed importanti pellicole fino ad ottenere unanimi riconoscimenti in vari festival.
Ma io vorrei qui focalizzare il mio interesse su un film, “Dune” (inizio anni ‘80), che ho avuto modo di vedere sia in lingua originale sia in italiano.
È un film di fantascienza, ispirato ad un romanzo di Herbert, ma Lynch lo trasforma in un dramma antico, come se si trattasse di un poema omerico, in cui alla caduta di una città perfetta segue un periodo transitorio di ponderazione, di recuperare forze, sino al riscatto e alla vittoria finale.
È chiaro che un riferimento all’Odissea è probabile, anche se alle onde del Mediterraneo si sostituiscono gli spazi intergalattici.
Ma per il nostro Ulisse (Paul Atreides) il conforto viene dal convincimento che il Fato è dalla sua parte, che, nonostante tutte le difficoltà, il suo destino è quello di portare la libertà agli uomini di Arrakis, i Fremen, schiacciati sotto il peso della servitù alla Spezia, che è la base esistenziale di tutto l’universo.
Giganteschi vermi sotto le dune difendono la Spezia dalla volontà di possesso degli uomini, ma neppure essi possono difenderla, poiché ogni pianeta vuole possedere la Spezia e diventarne padrone, assumendo così il potere assoluto.
Nel film alcuni attori sono sorprendenti, come un giovane Sting più rosso e assatanato che mai, oppure una Silvana Mangano, nel ruolo di una sacerdotessa mantide, ma indubbiamente Kyle Maclachlan, attore feticcio di Lynch, è il protagonista assoluto in questo film tecnicamente perfetto, con una traccia musicale ritmata e convincente e con questo continuo rimbalzare fra un romanzo di fantascienza degli anni ’60 ed una tragedia greca di una vendetta dopo il ritorno.
Paul è un principe decaduto, ha perso tutto se non la vita, ma la sfida del mondo circostante lo riporta al suo ruolo e al suo grado, che è poi quello di ritrovare l’acqua, fonte di vita, sotto le dune.
Nonostante questo film sia stato un flop commerciale, e quindi non molto amato dai produttori, a me sembra la prova convincente di un allora giovane autore, che si pone con piglio ed autorità di fronte ad uno spazio filmico così complicato come la fantascienza, senza cadere in nessun compromesso o intorpidimento.
Lynch realizza un film che è un tutt’uno con la sua carriera futura, ma non si lascia influenzare dalle mode esterne, bensì persegue un filo conduttore ispirato alla ricerca ed al lirismo.
Viator
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