Un attore dinamico, a volte violento, che percorse in modo memorabile gli anni ‘70 del cinema di Hollywood.
Già presente in “Bonnie and Clyde” assieme a Warren Beatty, grande protagonista nel furioso e violento “ French Connection”, protagonista assoluto ne “La conversazione” di Francis Ford Coppola, più tardi, negli anni ‘80 e ‘90, protagonista di film drammatici, sempre con lui al centro, sino a controbattere un ombroso Clint Eastwood nel formidabile “Gli spietati”.
Ma a me piace ricordarlo nel momento della sua maturità artistica, gli anni ‘70, in un film dell’allora mitico Arthur Penn, il film “Bersaglio di notte”: siamo nel 1975, Hackman è l’investigatore Harry Mosby, un disincantato investigatore privato alla Marlowe, che conduce una vita spericolata sul filo di un lavoro che non gli piace del tutto, ma che deve portare avanti, e sul filo del rasoio di un matrimonio che sta andando a rotoli, con una moglie che l’ama e al tempo stesso non sopporta più la vita incontrollata del marito.
Ad Harry viene affidata una missione apparentemente molto semplice, rintracciare e riportare a casa una ragazzina che odia la madre.
Sembra un gioco per l’esperto Harry, atletico ex giocatore di football, ma la situazione si ingarbuglia quanto più si allontana da Los Angeles e si trova coinvolto in un insolito caso di contrabbando di reperti archeologici dal Messico.
Dal cemento di Los Angeles al mare della Florida, Harry non perde il controllo della situazione, è un professionista che deve chiarire i misteri, e lo fa, ma a suo danno: la ragazzina ritrovata muore, la moglie amata sembra abbandonarlo ed infine la recente amante sarà coinvolta anche lei nel caso ed assassinata in un modo del tutto folle.
Ad Harry non rimane altro che abbandonarsi ferito sulla barca, mentre la stessa gira lentamente intorno al corpo di Harry che, forse, sta morendo dissanguato.
Ma non sapremo mai come finisce il film…
Un Gene Hackman contraddittorio, diviso fra la natura razionale del detective e la violenza di un uomo in preda a contrastanti passioni, mentre sembra che la vita gli scivoli via e che lui non riesca a controllarla, preda delle azioni degli altri.
Un Gene Hackman magistrale, che rappresenta molto bene quel cinema americano degli anni ‘70, così duro e così diverso da quel “cinéma du papà” di cui parlava Francois Truffaut nei suoi saggi critici.
Hi, Gene.
Rest in peace.
Viator
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