Missili in giardino ma… in mès dal mond

Da vogheresi doc che si conoscono dall’infanzia -nel senso letterale: otto anni di scuola nello stesso banco e un felice ritrovarsi, contro ogni calcolo probabilistico, da pensionati- amiamo molto Rivanazzano. Da piccoli, “à la Riva” le nostre mamme ci portavano alle terme per le inalazioni con la “corriera” della non ancora Arfea (la gloriosa ditta Noli, fiore all’occhiello iriense anch’essa…); qualche anno dopo ci andavamo per conto nostro in bici, azzardando spesso il mitico percorso Voghera-“Riva”-Salice con ritorno via Casalnoceto-Viguzzolo-Tortona-Pontecurone, non senza qualche affondo più audace nel profondo della Valle Staffora fino a Varzi e più su. Oggi è diventato luogo gradito e frequentato di incontri familiari: la squisita tavola ospitale di Piera Selvatico, l’eccellente lavoro della Biblioteca, del Teatro e dell’attivissimo Circolo Fotografico, la splendida galleria d’arte contemporanea di Franco Riccardi, le squisitezze della gelateria-pasticceria Albertini e il richiamo della piscina ce lo rendono altrettanto familiare quanto sessanta e più anni fa.

Per tutte queste ragioni personali condivise, siamo rimasti particolarmente colpiti, e almeno in prima battuta esilarati, dalle recenti notizie di ritrovamenti: anche se, pensadoci bene…. Ma cominciamo dal fatto.

Il significato del detto popolare “Vughera l’è in mès dal mond” deriva dal fatto che in un punto imprecisato di piazza del Duomo esisteva, anticamente, una grossa pietra con un buco in mezzo, e che in quel buco il Padre Eterno avrebbe appoggiato la punta del compasso per fare il mondo rotondo. La pietra è sparita, ma il detto è rimasto e noi vogheresi doc lo pronunciamo con orgoglio quando vogliamo esaltare i meriti, le bellezze e l’importanza della terra natale. E se gli interlocutori si dimostrano increduli alla storia del buco e del compasso, l’autentico Tiburino, come scrisse sul «Giornale di Voghera», circa ottant’anni fa, l’allora direttore Umberto Sampietro, ha sempre un’altra freccia al suo arco: quella dei peperoni. Questo fino alla settimana scorsa, perché da qualche giorno, oltre ai peperoni, ha anche un missile aria-aria [e non è aria fritta!]. Ecco infatti che la cronaca ha messo Voghera al centro di foschi scenari di geopolitica internazionale oltre che di sospette trame eversive di estrema destra: un missile di fabbricazione francese, proveniente di soppiatto niente meno che dal Qatar, destinato in Libia per armare un vecchio caccia Mirage, era finito chi sa come in un capannone di Oriolo (frazione di Voghera, che noi sappiamo piuttosto distante dalla Libia). Poi, prima di terminare la sua ingloriosa carriera sparato nella canicola del deserto, è stato mandato a prendere una boccata d’aria buona in cima alla Staffora, in un hangar dell’aeroporto, appunto, di Rivanazzano, sempre lontano dalla Libia. Qui, assieme a un paio di portarazzi adatti ad armare un aereo da addestramento e appoggio tattico di fabbricazione italiana, è stato scoperto e sequestrato dalle forze dell’ordine, sembra a seguito della soffiata di una malefica spia ucraina. A completamento dell’operazione di polizia sono state arrestate, per il momento, tre persone: il proprietario del capannone di Oriolo (un nostro concittadino), il locatario dell’hangar di Rivanazzano (un affarista svizzero) nonché l’intermediario del business, un mercante d’armi italianissimo di Gallarate con idee vicine all’estrema destra, che aveva tra l’altro casa sua imballata di armi da guerra.

Vediamo come andrà a finire, il tempo trascorre inesorabile ma, in un modo o nell’altro, Vughera l’è sémpar lì, in mès dal mond. Il pasticciaccio brutto del missile aria-aria, un vero intrigo internazionale, l’ha confermato, La prossima volta speriamo che sia qualcosa di meglio di un traffico d’armi.

A volerci fare sopra dell’ulteriore filologia pignola, sarebbero possibili alcune aggiunte e precisazioni. Quanti abbiano a percorrere le autostrade Milano-Genova e/o Torino/Piacenza vi scorgono con stupore, compiacimento o indifferenza (a seconda della zona di provenienza, della cultura geografica e della sensibilità personale…) un cartello indicante il 45° parallelo come invisibile ma presentissimo attraversatore della loro (auto)strada. Parecchi vogheresi stessi sono convinti che in questa stupefacente collocazione, esattamente a metà tra polo artico ed Equatore, risieda la spiegazione del proverbiale detto. Non è così, come s’è tentato di illustrare, e chi voglia prendersi la briga di sfogliare il fondamentale Tradizioni popolari vogheresi di Alessandro Maragliano (Le Monnier 1965, esauritissimo come l’intero catalogo  della gloriosa casa franco-editrice risorgimentale: ma entrambi lo custodiamo gelosamente nelle nostre biblioteche) ne saprà anche di più e vedrà che la questione è ben altrimenti complessa. Come del resto sarebbe (stata) anche la faccenda … dei Peperoni, a dire la verità. Un tempo la nostra città era contraddistinta, più o meno (in)gloriosamente, da ben tre P. Ma le altre due sono state spazzate via: una sacrosantamente dalla legge Basaglia, l’altra meno fragorosamente, ma con altrettanta efficacia almeno lessicale, dal prevalere incontrastabile del “politicamente corretto” (lasciamo perdere…).

Abbiamo scelto la chiave del prendere sul ridere la faccenda, perché noi vogheresi siamo per cultura e tradizione inclini, come i mandrogni che qui ci leggono, all’ironia del sottodimensionamento. In realtà, a ben guardare la vicenda, non c’è troppo da scherzare in understatement, anche se osservando nei tg l’emergere del missile dalla bombolona-custodia nel magazzino d’la Riva è obiettivamente difficile, per noi che lì ci abbiamo trascorsa un’iperpacifica infanzia, rimanere in prima battuta seri: attorno alla faccenda s’è svegliata addirittura l’FBI, dal momento che l’indagine avviata dai pm torinesi aveva segnalato, attraverso le perquisizioni, anche la presenza di armi di fabbricazione statunitense! E meno ancora ci sarebbe da rimanerlo quando ci si sente dire, da chi dovrebbe vegliare sulla sicurezza dei suoi concittadini “prima gli Italiani” senza eccezione e distinzione alcuna, che tutta la faccenda sarebbe venuta fuori a seguito di una sua segnalazione di un ipotetico complotto omicida che lo aveva a bersaglio. Càn no magna carne de càn, dicono i veneti, ed è un dato di fatto che nel nostro paese non si sia mai visto tanto nazi-fascismo di ritorno ostentato e impunito, quando non obiettivamente incoraggiato, come nell’ultimo anno. Che faccia anche questo parte “del cambiamento”??

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