Il nome dell’Europa e il suo equivoco

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Il nome e la cosa; dovrebbe essere a tutti chiaro che tra il nome di una cosa e la cosa reale stessa passa, a volte, una differenza notevole. Tale differenza può aumentare fino al punto che non vi sia più corrispondenza fra oggetto e il nome teso ad indicarlo.

Dunque, che cosa intendiamo veramente quando nominiano l’ entità ‘Europa’ e quale corrispondenza c’è fra nome e oggetto reale? Si ha impressione, sempre più evidente, che fra l’ idea d’ Europa come entità superiore e astratta e il reale processo di unificazione in atto sul continente, ad opera sopratutto di paesi come Francia e Germania, vi sia una tale distanza da porre in discussione l’ ideale con la realtà sottostante.

L’ idea d’ Europa non è univoca, ne è mai stata concepita e presentata dagli stessi soggetti sociali e politici e con scopi affatto omogenei. Tuttavia si può intravedere, dagli esordi delle prime elaborazioni intellettuali di processo di unificazione europea risalenti al primo dopoguerra, una trama comune minima. Tale leggero ordito intellettuale si basa sull’ idea che l’ unificazione europea si sarebbe ottenuta mediante l’ implementazione di un mercato di merci e capitali unico e con lo scopo di por fine all’ immane massacro delle guerre intracontinentali che portarono la civiltà ‘Occidentale’ sull’ orlo del collasso.

Seguendo questo minimo e comune schema concettuale, dal secondo dopoguerra sono due le forze che plasmano il processo unitario europeo: da un lato gli USA con la necessità di far dell’ Europa un alleato – avamposto verso l’ Asia, una Europa che doveva uniformarsi culturalmente al modello politico e sociale americano, dall’ altro il patto franco – tedesco che ha posto fine alle antiche rivalità e inaugurato una nuova politica d’ equilibrio continentale dato il nuovo contesto internazionale.

Sul piano delle culture relative al decisivo terreno della politica economica, prevarranno lungo questi settant’ anni di unione europea il pensiero liberale tedesco, con l’ ossessione antinflazione, e l’ approccio liberale di stampo anglosassone, capace di addomesticare il pensiero keinesiano sposandolo con le impostazioni neoclassiche tradizionali.

Il risultato delle forze che hanno dato vita alla Europa attuale è oggi definibile in questo modo: un mercato unico di merci e capitali basato sulla concorrenza ‘dura’ fra paesi per accapararsi porzioni sempre più estese del commercio intraeuropeo e per conquistare l’ egemonia politica sull’ intero processo di unificazione continentale. Va dato atto a Francia e Germania di aver sfruttato la spinta esterna degli USA verso l’ unificazione economica europea, al fine di porre in essere un loro piano di conquista della egemonia politica e economica sull’ intero continente.

Tale disegno si è rafforzato con l’ istituzione dello SME e con la moneta unica dieci anni dopo la caduta del muro di Berlino. Lo spirito di tale unificazione di mercato e monetaria è sempre stata quella di escludere un processo di Unione Europea basato sul principio di solidarietà e reciprocità fra popoli, stati e classi sociali. Semmai è stato il principio della competitività, spinta via via verso i suoi limiti estremi, che ha prevalso nella storia dell’ unificazione europea, e certamente tale principio è sempre stato centrale per francesi e tedeschi. Il patto franco – tedesco, firmato all’ Eliseo da Adenauer e De Gaulle nel 1963, dopo il fallimento della ‘via politica all’ Europa’ causato dal voto del parlamento francese che affossava nel 1954 il primo tentativo di costruire un esercito continentale unitario, consentiva di mantenere integre le visioni nazionali di Francia e Germania scaricando il peso del loro accordo sugli altri paesi grazie ai meccanismi della integrazione economica.

Con la grande crisi finanziaria degli anni 2007 e 2008, avviene qualcosa di inedito nella storia dell’ Unione Europea che ne sta decidendo ora le sorti, dopo aver lungamente oscillato fra Europa come imitazione degli Stati Uniti o creazione di una Europa ‘Neocarolingia’.

Inoltre, il 1989 non ha come caratteristica solo la fine del sogno del socialismo sovietico, ma è determinato da un evento dai più oggi dimenticato o misconosciuto. Sto indicando l’ avvenuta riunificazione tedesca che è l’ evento che pone in discussione tutte le dinamiche geopolitiche nate alla fine della guerra mondiale. Ritorna di attualità il termine ‘Mittel Europa’, quella vasta area di mezzo nel grande continente europeo a cui sempre la Germania si è rivolta trascinando all’ interno dei suoi continui conflitti etnici caratterizzanti questa, i paesi mediterranei, ( Francia, Italia, Grecia ecc.).

Se aggiungiamo a ciò sopra descritto il dato che è evidente la perdita di forza dell’ impero americano a livello globale accompagnata dalla sua scarsa capacità di governare i processi politici degli alleati europei, ne deriva una nuova natura di ciò che noi chiamiamo ‘Unione Europea’.

Essa non è più il risultato di una Unione sovranazionale costruita mediante processi più economici che squisitamente politici, ma ha oggi raggiunto la natura, sempre presente nei 70 trascorsi dalla fine della guerra come latente desiderio, come potenziale inespresso, di un complesso politico istituzionale di natura non democratica, che sancisce l’ egemonia ‘neocarolingia’ francotedesca sul resto delle nazioni e regioni del continente; dal sud mediterraneo alla vasta regione a nord e a est della Germania.

Rinasce così, è questo il vero nome e sostanza di ciò che noi oggi chiamiamo pomposamente ‘ Europa’, il sogno moderno di un nuovo ‘Sacro Romano Impero’, un ‘Sacro Impero Franco – Germanico’ capace di conquistare egemonia nell’ area centrale del continente, di marginalizzare l’ area mediterranea di esso, di dialogare ed esser freno allo stesso tempo della espansione di Russia e Cina, e infine, di svincolarsi dalla tutela americana e inglese.

In tale quadro, duole dirlo, le vittime del risultato a tratti paradossale del processo unitario europeo sono proprio le nazioni del meridione d’ Europa, in particolare Italia e Spagna. L’ unità tra Francia e Germania non potrà avvenire se non smembrando le nazioni del meridione continentale. E’ così che il sogno europeo delle nostre classi dirigenti, le più attente coltivatrici delle retoriche che ne hanno alimentato l’ ideale vaporoso e etereo allo stesso tempo, possono in realtà ritrovarsi di fronte al dramma nazionale della dissoluzione dell’ Italia e della idea di nazione indipendente ad essa connotata. Un paradosso della storia, se volete destino ‘ cinico e baro’, che però si manifesta indubbiamente quando fra il nome delle cose e le cose stesse nominate passa una distanza troppo grande, distanza che andrebbe sollecitata e indagata dalle coscienze intellettuali migliori del nostro paese.

Le quali, purtroppo, incantate dal sogno europeo, tacciono ignare dei nostri reali destini.

Alessandria, 02-02-2017