Non è solo una questione di costi-benefici

Risalgono a più di un quarto di secolo le prime discussioni pro o contro il terzo valico[1] .

Nelle ultime settimane il Ministro Toninelli ha annunciato, con una modalità inconsueta, che i lavori proseguiranno. Si sono decisamente arrabbiati i comitati No TAV che avevano riposto le speranze di bloccare l’opera proprio nel M5s.

Dall’analisi costi benefici risulterebbe che il costo dell’opera da ultimare, attualizzato a 30 anni, supererebbe i benefici per una cifra di 1 miliardo e 576 milioni, ma i costi per bloccare l’opera  sono tali che si è deciso di ultimarla.

Non è certo una novità valutare i costi di una linea ferroviaria. Già la legge  n. 2248 del 1865 prevedeva l’obbligo per il richiedente una concessione di  dimostrarne l’utilità  “Art. 244.  Le domande di concessione della costruzione e dell’esercizio di una ferrovia pubblica dovranno essere accompagnate da una dimostrazione della sua pubblica utilità, dalla indicazione del modo col quale s’intenda provvedere alle occorrenti spese, dal calcolo presuntivo dell’importare di sua costruzione e primo stabilimento, e finalmente da quei piani, profili e disegni che sono necessari per potere pronunziare giudizio sulla regolarità tecnica del progetto, e sul grado di esattezza del calcolo suddetto.
Il Ministero, secondo le circostanze, potrà anche richiedere dai postulanti la presentazione del calcolo presuntivo del costo dell’esercizio della ferrovia e quello del suo prodotto lordo, colla esibizione degli elementi statistici su cui questo sarà fondato” .

Lo Stato richiedeva ai privati progetti imprenditoriali che dimostrassero di poter avere i conti in ordine; ma dove l’iniziativa privata non era in grado di presentare progetti economicamente sostenibili, se l’opera era ritenuta di interesse generale, si provvedeva con denaro pubblico. Ad esempio la costruzione della linea “succursale dei Giovi” fu fatta a spese dello Stato e con il contributo obbligatorio delle Province interessate (L. 29 luglio 1879, n. 5002 (Serie 2°). Immaginiamo  come sarebbe la vita dei pendolari fra basso Piemonte e Genova se la fosse attiva la sola vecchia linea costruita all’epoca di Cavour. L’analisi costi benefici non è l’unica cosa da prendere in considerazione. Certo affidare al Cociv l’analisi forse equivale a chiedere all’oste se il vino è buono. Il Governo ha affidato ad una commissione presieduta dal professor Marco Ponti il compito di rifare i conti. A leggere il blog[2] del Professore, senza mettere in dubbio le sue capacità e l’obiettività, si ha l’impressine che non ami le Ferrovie ed i ferrovieri  ma abbia una predilezione per i camion ed i camionisti; si permette anche di lanciare qualche frecciatina alla Svizzera per “l’ambientalismo” severo solo con i camion in transito. Speriamo che i dati che verranno forniti dalla Commissione siano in grado di tacitare le malelingue che lanciano il sospetto che il giudizio sulla bontà del vino sia stato richiesto ad un membro della “Lega della Temperanza”.

Tutto questo non per sostenere che TAV e Terzo valico sono opere da fare. Le scelte vanno fatte certo facendo valutazioni economiche ma dopo aver scelto che tipo di futuro vogliamo. La scelta è “politica”. Si ritiene più importante investire sul terzo valico o su potenziamento e velocizzazione delle linee nel nodo di Genova per favorire i pendolari? senza il terzo valico è possibile spostare il traffico dei container dalla gomma alla rotaia? Come gli alessandrini stanno constatando in questi giorni la costruzione delle linee AV a spinto le FS gestite con criteri “liberisti” a cercare di spingere i viaggiatori ad utilizzare l’Alta Velocità (AV) eliminando collegamenti a media lunga distanza sulla rete storica; la riteniamo una politica dei trasporti giusta? è giusto abbandonare le linee cosiddette “secondarie”? quali sono le priorità? Sono domande più importanti della semplice analisi costi-benefici, domande a cui le forze politiche devono rispondere con proposte concrete e coerenti anziché rincorrere il malcontento riducendo lo scontro politico al solo tentativo di screditare l’avversario.

Già nell’ottobre del 2015 l’associazione CittàFutura aveva organizzato un incontro dal titolo  “Passeggeri e Merci: la Ferrovia dimentica Alessandria?” in cui si illustravano i dati relativi al calo del numero dei treni e si è discusso di cause e possibili inversioni di rotta (documenti incontro).

Il confronto dei fra i treni circolanti nel 2005 e quelli circolanti un decennio dopo ci evidenziava come non solo fossero spariti quasi tutti i treni a lunga percorrenza e i collegamenti diretti verso l’Emilia e la Toscana ma fossero spariti anche alcuni treni regionali al mattino presto o alla sera oltre ai treni sulle linee verso Ovada e Nizza.

Lo Stato liberale, nell’ottica del servizio pubblico, si riservava, per legge, il diritto di fissare gli orari dei treni e di imporre la circolazione di un servizio cumulativo sulle linee gestite dalle varie società private e di approvare preventivamente le relative modifiche di orario[3].

I politici odierni tendono a sfuggire alla responsabilità di scegliere demandando ad altri Agenzie, Autorità ecc. la responsabilità di fare le valutazioni nascondendosi dietro i responsi di organismi tecnici, apparentemente neutri, a cui viene dato come linea guida solo il contenimento delle spese.

Anche la pessima scelta di passare alle regioni la responsabilità del servizio ferroviario di interesse regionale è stata effettuata con il solo scopo di diminuire le spese lesinando i finanziamenti e trasferendo alle regioni l’impopolarità derivanti dai tagli ai servizi. Le regioni non hanno la capacità di imporre alle imprese ferroviarie scelte di razionalizzazione del servizio (e del processo produttivo) come invece potrebbe essere in grado di fare un Ministero dei trasporti nei confronti di una società di cui è proprietario[4].

Questa sera  (27/12) i Consigli Comunali e provinciali di Alessandria e Asti  per unificare gli sforzi e tentare di far ripristinare i collegamenti ferroviari via via eliminati. Sarebbe oltremodo opportuno che le forze politiche che vogliono amministrare e governare si interrogassero anche su come sia possibile che gli interessi dei viaggiatori non trovino nelle Istituzioni locali una rappresentanza in grado di far sentire efficacemente le loro necessità.

[1]  Vedi o cerca articoli sui giornali locali

https://www.giornalidelpiemonte.it/dettaglio.php?globalId=giopiens;1460069;1

https://www.giornalidelpiemonte.it/search.php

[2] Blog Marco Ponti https://www.ilfattoquotidiano.it/blog/mponti/

[3] All E Legge 2248/1865 Art. 282.

   L’Amministrazione superiore e’ in diritto  di fissare, sentiti  i concessionari, gli orari delle corse delle ferrovie pubbliche in modo da conciliarne gli  interessi, e da ottenere quel  bene  ordinato sistema di velocita’ nelle dette corse, tanto pei convogli ordinari o celeri di viaggiatori, quanto per quelli delle merci, che meglio soddisfaccia ai bisogni del servizio ed alle esigenze della pubblica sicurezza.
  Il Governo ha pure facoltà di ordinare un servizio  cumulativo sulle linee ferroviarie dipendenti da diverse societa’, a condizioni da concertarsi fra le medesime. In caso di dissenso, le questioni relative saranno regolate da arbitri.
 Quando il numero delle corse ordinarie giornaliere di una  ferrovia pubblica non sia già fissato e reso obbligatorio dagli atti di concessione, dovrà venire prestabilito dal concessionario; ma tanto il primitivo numero delle corse quanto le  variazioni che ad ogni tempo gl’interessi del concessionario medesimo richiedessero di apportarvi, saranno sempre tali da provvedere a quel servizio pubblico che l’accordata concessione ebbe per iscopo; e sotto questo riguardo  anderanno soggette alla preventiva approvazione del Ministero dei lavori pubblici. Tanto le corse  quanto i loro orari dovranno essere in tempo congruo notificate con regolare pubblicazione.

[4] http://win.cittafutura.al.it/web/_pages/detail.aspx?DOCID=17424

http://win.cittafutura.al.it/web/_pages/detail.aspx?DOCID=18240

 

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