Massimo Cacciari è un importante filosofo italiano, noto per il suo passato operaista e estremo, oggi pensatore più incline ad avvicinarsi alle posizioni moderate e pro sistema, se il termine mi viene concesso. E’ sempre importante leggerlo, i suoi articoli sono pieni di spunti interessanti e danno il senso di cosa si muove sottopelle, di una certa capacità delle élite del pensiero di reagire agli eventi, positivi o negativi. Così è utile segnalare l’articolo del 2 gennaio, a firma del nostro, comparso sulla Stampa di Torino col titolo redazionale ‘ Solo una visione sovranazionale può salvare le democrazie’. Cerco, andando per punti di sintetizzare gli snodi del ragionamento del filosofo veneziano;
- Si avvicina una tempesta, la quale sarà difficile da affrontare, anche se il mondo è stato quasi sempre in tempesta.
- Il problema oggi sono i nocchieri semmai, che non sono in grado di affrontarla. Qui Cacciari si riferisce alla scarsa qualità del personale politico e della classe dirigente in genere.
- La situazione internazionale è contraddistinta da un crescente disordine e dal prevalere di una dottrina del più forte. Chi è in grado di mostrare i muscoli o di porre sul terreno armi vittoriose ridisegna i rapporti internazionali come più gli aggrada. Nasce l’esigenza di ripristinare un diritto anche nelle relazioni fra Stati, ma Cacciari si chiede chi sarà in grado e avrà l’autorevolezza per riportare in auge tale discorso.
- Inoltre vi sono questioni che avanzano e pongono in forse il nostro vivere civile, dentro le nostre società si intende. La Tecnica sta facendo nuovi e esaltanti passi avanti in termini di produttività del lavoro, ma ciò impatterà drammaticamente sui livelli occupazionali, e dunque, sulle condizioni sociali e sulla nostra democrazia. Chi porrà limiti alla tecnica?
- Sarà necessario, se vogliamo salvare le nostre democrazie, non lasciare che la tecnica sia regolata dai principi del libero mercato, ma che sia la politica a porre nuovi principi e che si faccia principio essa stessa oltre il quale la tecnica non può andare. Che tutte le questioni che avanzano potessero essere lasciate in mano a tecnica e al libero mercato, lasciando la politica ad identificarsi con un saper fare burocratico e scientifico, è stata una illusione vanamente coltivata negli anni novanta. Questa illusione, dice Cacciari, va definitivamente lasciata cadere.
- Inoltre, per salvare la democrazia, è necessario ripristinare un ordine mondiale, come sopra scritto, e non rinchiudersi negli stati nazionali, che non saranno più la dimensione adeguata per risolvere problemi di questa portata.
I punti salienti dell’articolo del filosofo e editorialista della Stampa, sono importanti, acuti pur nella brevità dell’esposizione che ragionevolmente un giornale richiede, e credo pienamente condivisibili. E tuttavia, mi pare logico esprimere come il nostro mondo Occidentale faccia fatica a prendere atto della scarsa propensione che ha il suo sistema a dotarsi degli strumenti per risolvere i problemi sopra citati. E’ evidente, a me pare, che le nostre società non sanno risolvere le proprie questioni interne, non sanno dare esempio per risolvere le conflittualità internazionali, e in ultimo, non sono più attraenti come stile di vita e di diritto da imitare altrove. Vi è dunque una crisi di egemonia, per dirla con Gramsci, che è talmente impressionante quanto è stupefacente il silenzio della stampa e della opinione pubblica su questo fenomeno. Le ultime parole dell’articolo di Cacciari mi pare però che identifichino il problema nella sua sostanza:
‘ La storia conosce grandi cicli. L’Occidente e le sue democrazie possono durare nel nuovo soltanto se mostreranno al mondo di essere lo spazio dell’operare libero di ciascuno e dove la stessa felicità della singola persona viene indissolubilmente connessa al perseguimento del benessere universale.’
In questo passaggio finale Cacciari ci mostra come la grande questione delle nostre società e democrazie sia il conflitto fra il collettivo e l’individuo, e fra interno e esterno, dove l’interno sono le nostre società e l’esterno è il resto del mondo che non è solo un’isola da colonizzare e sfruttare, ma luogo di cui avere cura per la crescita del suo benessere, per citare ancora Cacciari. I contrasti nati sul terreno della pandemia, sulla questione dello sviluppo delle tecnologie energetiche per risolvere le questioni ambientali, e sul terreno del sociale e del lavoro, dimostrano che i conflitti crescono senza che le classi dirigenti li sappiano governare. Anzi, a queste spaccature della crosta sociale si risponde con un accentramento dei poteri verso i vertici, con un di più di repressione e di sfruttamento delle forze del lavoro, con un intensificarsi delle tensioni internazionali che portano a guerre che sono distruttive e aggravanti di tutti i problemi. A tutte questioni non si danno soluzioni innovative che sviluppino e integrino nella crescita e nel progresso strati sociali emarginati, semmai si provocano regressi in tutti i campi che determinano nel mondo un minor fascino e attrattiva verso i nostri stili di vita e verso i nostri livelli di civiltà. In questo senso non solo stiamo perdendo una guerra, quella in Ucraina come Occidente, ma forse stiamo perdendo la guerra nel senso più ampio del termine, il confronto anche cruento, con i paesi che un tempo erano nostre colonie o protettorati. Facciamo fatica a prendere atto che non siamo più in grado di sottomettere il resto del mondo, ( e forse questo è un bene), ma inoltre, non siamo più un esempio o un sogno di civiltà per gli altri, ( e forse questo è un male). Dobbiamo renderci conto, se vogliamo uscire da retorica e propaganda che imperterrita ci impedisce di ragionare, che Occidente e democrazia non sono sinonimi, non coincidono, almeno non sempre se stiamo alla storia moderna, e spesso sono stati in contrapposizione pur nel nostro spicchio di mondo. La democrazia di domani dovremo pensarla in virtù di esigenze planetarie, di altri popoli, più universale nei principi, non tarata solo sull’uomo bianco, qualunque idea regressiva si intenda con tale termine. Basterebbe rivolgere l’attenzione ai dibattiti politici intorno all’insegnamento dentro le università USA per comprendere che il mondo è già in casa nostra prima di combatterlo con guerre lungo i confini, che esse siano per procura o meno.
E allora se i nocchieri sono inadeguati per la tempesta, si abbia cura di cambiarli non prima di aver disegnato nuove mappe utili per una diversa e più proficua navigazione.
Alessandria 3 marzo 2024
Filippo Orlando
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