Pandemia e democrazia

Dall’interessante dibattito che si sta sviluppando circa gli effetti della pandemia in atto sulla nostra vita pubblica e sulle istituzioni stanno venendo fuori due posizioni fra loro in contraddizione. Una ritiene che la nostra democrazia si stia rivelando inadeguata , incapace di rimanere ‘coerente’ con se stessa e che l’emergenza sanitaria la stia inducendo a restringere la gamma delle libertà pubbliche e individuali in nome di un decisionismo necessario. L’altra, all’opposto, che non sia pronta, per rispetto ad una ritualità formale, alla rapida ed efficace decisionalità che il momento richiede. Contraddittoriamente e contemporaneamente, è formulata sia l’accusa che le troppe e rapide decisioni che si stanno prendendo per combattere il Covid-19 siano fuori da una prassi democratica corretta, e che stiano addirittura violando alcune importanti prerogative costituzionali del cittadino ; sia l’accusa di una titubanza e di una lentezza nelle decisioni che Paesi con meccanismi decisionali accentrati non hanno e che, per questo, si dimostrano più adatti a governare in situazioni di eccezionalità. Questo secondo caso sembrerebbe quasi contenere una certa comprensione per il modello offerto dall’Ungheria di Orban se non proprio l’invito a seguirne l’esempio: sospensione di molte garanzie costituzionali e accentramento dei poteri.

Insomma, problemi peculiari della società complessa vengono addebitati ad una pratica di convivenza, non tra le più alte, ma la più alta, che dovremmo semmai custodire ed arricchire. La povera democrazia, che è la soluzione, diventa così il problema e viene tirata da una parte e dall’altra. Paradossalmente, fior di politologi “democratici”, nostalgici di più decisionismo e verticalizzazione del potere, con la loro neomoderna “democrazia governante” cercano di correggere una democrazia che, ritengono, <<sembra tendenzialmente affievolire la propria forza coercitiva e decidente, inclinando, invece, verso un’ampia fenomenologia di lassismo politico e permessivismo sociale>>. Fior di reazionari e sovranisti incalliti reclamano, invece, più democrazia e allertano il popolo italiano contro le decisioni “liberticide” prese in nome della salute pubblica: rinomati politologi di destra hanno parlato addirittura di <<dittatura sanitaria>>.

Il sistema democratico, col suo patrimonio di garanzie, di procedure, di libertà assicurate, viene, evidentemente, preso a pretesto per coprire limiti politici, pratici e teorici che sono dei singoli, di una politica miope e di uno spirito partigiano risultato della peculiarità della storia e non di un sistema. Per fortuna, qualcuno reagisce in modo convincente e con ricchezza di argomenti e ha spiegato come nei provvedimenti presi dal governo nell’emergenza sanitaria in atto non ci sia stata alcuna violazione costituzionale pur contemplando una restrizione momentanea di alcune libertà personali. Irrituali, per così dire, sono, sicuramente, i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (che non possono essere convertiti in legge), ma hanno sempre comunque la copertura della garanzia della Presidenza della Repubblica. La conclusione è che una democrazia matura ha le risorse interne per attivare meccanismi di auto-riorientamento anche in presenza di situazioni di eccezione senza alterare la propria natura. Nel rispetto delle forme e della dignità del cittadino sa darsi una gerarchia di valori ognuno dei quali pur collocato differentemente costituisce il presupposto essenziale per la tutela del tutto. E’ per questo che essa, nella contingenza data, mettendo al primo posto il diritto alla salute e alla vita piega temporaneamente l’ordinamento alla tutela di un diritto senza il quale non avrebbero senso tutti gli altri. Se una democrazia e uno Stato non riuscissero a tutelare la vita e la salute come bene primario non avrebbero alcuna legittimità e “tenuta”. Noi stiamo ubbidendo alla decretazione fuori dall’ordinario del governo proprio perché mira a garantire tale bene .

Dunque, chi vede nelle cautele della democrazia lassismo politico e permessivismo sociale sbaglia di grosso. Non è certo la democrazia ad impedire anche nelle situazioni critiche la decisione pronta ed efficace. Non credo proprio che la “democrazia autoritaria” di Orban sia più rapida ed efficace della nostra. In un sistema “normalizzato” la scelta è univoca e quindi più semplice. In una democrazia che garantisce il conflitto fra interessi diversi in campo la scelta è sempre più ponderata, più collettiva e, per questo, tendenzialmente migliore . La democrazia ha l’obbligo non solo della rapidità, ma anche della qualità della scelta . Servirebbero, semmai, classi dirigenti all’altezza delle potenzialità e della ricchezza di un sistema democratico. Ma se queste sono scarse non è certo colpa della democrazia.

Proprio la pandemia in atto sta dimostrando che non di meno ma di più democrazia c’è bisogno. Ci sta facendo rimpiangere, infatti, il sistema sanitario universalistico varato negli anni Settanta del secolo scorso e poi stravolto nella Seconda repubblica col concorso di tutte le forze politiche, di destra e di sinistra. Rimpiangiamo un sistema espressione di una cultura democratica che anteponeva il pubblico al privato, il godimento paritario di tutti i diritti alla concessione di antidemocratici e discriminatori <<livelli essenziali>>. Negli ultimi decenni, la democrazia della forma è stata separata dalla democrazia della sostanza e abbiamo piegato ad una logica aziendalistica dimensioni umanistiche fondamentali della nostra vita, come la sanità e la scuola.

L’emergenza Coronavirus ,documentando l’inadeguatezza di un sistema sanitario che ha favorito il privato a danno del pubblico , acuisce il bisogno di una convivenza più giusta e di una democrazia più larga. Bisognerebbe, insomma, archiviare l’intera cultura della Seconda repubblica, l’innamoramento generale per un liberismo d’accatto che con la formula semplicistica “meno Stato, più mercato” ha saputo solo colpire gli interessi generali e i diritti del mondo del lavoro.

Egidio ZACHEO

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