Politica e fusioni comunali.

Ad aprile, il Comune di Lu e il Comune di Cuccaro M.to hanno deliberato di intraprendere il percorso di fusione. Di fronte a tagli sempre più robusti dei contributi statali; ormai da oltre un decennio obbligati a far fronte alle spese per la gestione delle amministrazioni inasprendo il carico fiscale e riducendo al minimo i lavori straordinari di manutenzione, il percorso di fusione per i due Comuni appare un metodo efficiente per creare economie di scala e accedere a nuovi finanziamenti. In altre parole, una scelta razionale e, nell’ottica dell’apertura di nuove prospettive ed orizzonti per il nuovo comune, anche ideale.

L’azione amministrativa ha creato reazioni tra la popolazione. A Cuccaro il dibattito si è acceso tra chi guarda con positività al percorso tracciato e chi antepone al ragionamento la paura di una possibile marginalizzazione, legando alla discussione un sedimentato di storie personali. A Lu inizia il chiacchiericcio da bar e le prime interviste sui giornali di sedicenti candidati sindaci, attratti probabilmente dalla prospettiva di gestire direttamente i fondi proveniente dalla fusione ovvero di essere il primo a segnare una pagina di storia. Si apre, quindi, un orizzonte di piccolo mondo moderno che ci racconta ancora come la politica nella realtà concreta dei nostri borghi si leghi ad emozioni profonde e molto schiette.

Al di fuori del ragionamento popolare appare la parte tecnica, legata alle effettive possibilità offerte dall’attuale assetto istituzionale e a quelle che si potrebbero aprire nel nuovo disegno. Il dato tecnico è spesso usato più che da contesto per pensare, quale clava atta a proteggere o abbattere paure e convinzioni: un segno forte della lontananza tra popolazione e vita degli uffici e della regolamentazione che governa il quotidiano.

Confusa, poi, la rappresentazione politica che riproduce per lo più il primato socio-culturale di cariche quale quella sindacale o consiliare, oggi nella realtà dei fatti compresse all’interno di uno scacchiere economico in cui il nucleo fondamentale per la vita delle comunità è l’intraprendenza privata, la difficoltà del sistema statale nell’affrontare i bisogni quotidiani di regolamentazione, ordine e sicurezza evidenziati dai cittadini, l’erosione del prestigio che nella quotidianità i cittadini riconoscono alle varie amministrazioni pubbliche. Un quadro, quindi, che ripropone acriticamente un immaginario attinente, forse, ai primi decenni di vita repubblicana ma che male si cala nel presente.

Questo è il campo di azione in cui si innesta l’azione politica riformatrice che cerca pragmaticamente di guardare al futuro proponendo una cosa inedita, la creazione di un nuovo comune, facendo i conti con una storia ed un presente che non può essere costruito sui “se”, ma che vive la limitazione di un dialogo tra autonomie locali e amministrazione centrale in cui il tema fiduciario è ormai profondamente compromesso da un clima da eterna campagna elettorale che dura da troppi lustri e che alterna elargizioni inusitate a tagli repentini.

In questi giorni più volte mi è stato chiesto da compaesani e amici del territorio quale possa essere il modo di fare amministrazione in questo contesto travagliato. L’unica risposta possibile resta il pragmatismo; una ricetta che deve guardare al bisogno e alle storie individuali della propria gente, alla realtà quotidiana della vita degli uffici, senza perdere la prospettiva di creare qualcosa che risponda al meglio ai bisogni dei nostri cittadini. In una dimensione come quella dei nostri piccoli centri, questa è l’unica realtà; uno spirito ed un modo d’essere che anche le più grandi realtà dovrebbero probabilmente iniziare a far propria.

L’unica preoccupazione, infatti, non si lega all’esito della fusione, ma alla netta e chiara sensazione che il senso di come si sia raffreddata la curiosità e l’entusiasmo verso la novità, il cambiamento, il tentativo di crescere, perché troppe volte in passato le promesse di domani si sono ridotte nelle difficoltà dell’oggi. In questo contesto si sente ancora più marcato l’obbligo civile di ridestare e proteggere ogni fiammella di futuro basato sulla voglia di socialità e allargamento di comunità sapendo quanto può essere difficile proteggerle dalle temperie del presente.

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