Presidenzialismo? No grazie

In un intervista su “Il Corriere della Sera” del 29 il professor Sabino Cassese, eminente giurista e già giudice della Corte Costituzionale, esprime l’opinione che il presidenzialismo abbia lati positivi servendo a consolidare l’esecutivo, fatto che ritiene <un’esigenza fondamentale> visto che <La Costituzione stabilisce quanto tempo durano in carica i ….., ma non stabilisce quanto tempo durano i governi.> (menomale!)

Oltre al professor Cassese anche altri giuristi, visti i risultati elettorali, si mettono in campo rilasciando interviste per esprimere un giudizio positivo sul “presidenzialismo”.

Lungi da me l’idea di poter confrontare le mie scarse conoscenze sull’argomento con le competenze e le capacità dottrinali del professor Cassese, il cui curriculum mette in soggezione, ma da cittadino, che spera di essere chiamato a dire la sua su una scelta cosi importante, esprimo la mia contrarietà ad una preferenza che sembra dettata dalla valutazione che il maggior merito di un governo sia legato alla sua durata. Sono convinto che le buone qualità di un governo dipendano dal suo operato e non dalla sua capacità di sopravvivere, che sembra riecheggiare la battuta di un maestro dei “politici all’italiana” <è meglio tirare a campare che tirare le cuoia>. Qualcuno obietterà che un governo non soggetto al ricatto della sfiducia più o meno costruttiva sia nella condizione di procedere con pochi intoppi, seguendo un progetto e avendo il tempo di realizzarlo per il bene della comunità. Certo per realizzare progetti ci vuole si tempo, ma soprattutto occorre una classe politica di qualità con buoni progetti che, se condivisi dalla maggioranza dei cittadini, costruiscono le condizioni basilari per la durata del governo; in caso contrario la ricerca del consenso per le “prossime (ri)elezioni” produce solo fratture fra le forze politiche e la sopravvivenza “inerziale” dei governi impegnati in una politica uso “panem et circenses”, cosi come succede ora.

Non voglio entrare in una discussione accademica, in punta di fioretto, sui risvolti teorici del presidenzialismo. Mi interessa invece capire se il presidenzialismo, in Italia di questi tempi, produrrà migliori risultati o, come temo, peggiori rispetto al sistema parlamentare in vigore.

Ho molte perplessità sulla possibilità che il presidenzialismo possa funzionare. Già avevo criticato la proposta renziana del “Sindaco d’Italia” argomentando che quand’anche in una grande città venisse eletto un Sindaco inadeguato l’insieme del sistema economico-sociale italiano sarebbe in grado di assorbire e neutralizzare i danni arrecati. I danni del Sindaco d’Italia non verrebbero assorbiti e neutralizzati da nessun altro.

L’elezione diretta del Presidente permette di scegliere il politico che sappia affrontare al meglio i problemi del Paese? In una polis greca i cittadini nello scegliere il politico da eleggere venivano persuasi sicuramente dall’eloquenza con cui il candidato esponeva il proprio programma, ma ne conoscevano la storia (vizi e virtù pubbliche e private visto che non esisteva la privacy), riuscendo in tal modo ad esprimere un giudizio non esclusivamente condizionato dalla brillante esposizione di promesse più o meno populiste. Ora gli strumenti per acquisire il consenso sono molto diversi.

I politici usano consulenti vari per costruir una immagine pubblica non sempre veritiera attraverso i mezzi di comunicazione di massa è un fatto tollerato, le interferenze di altri paesi per influenzare le elezioni italiane un fatto riconosciuto. Un esempio di come i mezzi di comunicazione condizionino gli elettori è dimostrato anche dai personaggi televisivi diventati Presidenti di paesi esteri, o, in Italia Presidenti o ex presidenti di regioni, o dal numero percentualmente rilevante di giornalisti TV divenuti parlamentari.

Tra le argomentazioni che alcuni partiti politici per criticare l’avversario è stato utilizzata il termine di “ministro della paura”. In verità visto come i mezzi di comunicazione ci bombardano (o assillano), oltre che con dichiarazioni roboanti dei politici, con immagini e storie costruite per suscitare emozioni si dovrebbe parlare di un “ministro delle emozioni” che utilizza tutte le tecniche più o meno empatiche che servono a condizionare i cittadini.

Le fluttuazioni elettorali negli ultimi anni ci segnalano che, in una consistente percentuale, il voto degli italiani non sia basato su solide convinzioni, anzi si potrebbe definire umorale. Unitamente alla alta percentuale di astensione è possibile ritenere che un Presidente eletto, con queste premesse, direttamente dai cittadini sia rappresentativo di un “idem sentire de republica”?

Capita di ascoltare discussioni sulla salute mentale di importanti capi di stato di paesi con regimi diversi, può darsi si tratti di malevole dicerie degli avversari, ma anche nel caso in cui un Presidente si riveli inadeguato e nell’interesse collettivo sia opportuno sostituirlo, non è meno traumatico che a deciderne la sorte sia la sfiducia di un “senato” piuttosto che una procedura legale che finirebbe per togliere anche credibilità all’istituzione?

Mi piacerebbe che la discussione sul presidenzialismo non fosse riservata alla discussione astratta fra addetti ai lavori. Questi dovrebbero illustrare le varie posizioni ai cittadini affinché possano formarsi un opinione meditata sulla convenienza pratica della opzione presidenzialista in relazione allo specifico contesto storico culturale. Non dovremmo prendere come esempio altri paesi, ma analizzare la nostra specifica realtà considerando come le medesime leggi producano risultati diversi nelle varie parti d’Italia proprio in relazione al diverso contesto regionale.

Certamente è urgente modificare la legge elettorale, pur essendo convinto sostenitore del proporzionale, sono favorevole a una discussione sull’introduzione del maggioritario a doppio turno che potrebbe indurre le forze politiche a proporre canditati più radicati nei collegi, riattivando un meccanismo che consenta e favorisca la valutazione, da parte degli elettori, delle competenze e delle qualità morali dei candidati. La discussione non è però all’ordine del giorno, visto che ai vincitori non interessa cambiare una legge che gli ha consentito di avere la maggioranza, gli esperti tacciono.

Nicola Parodi

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