Raffaele Guariniello sul “Flagello amianto”

 

Con piacere riprendiamo da “Italia libera” (1) il bell’intervento del dott. Raffaele Guariniello che, con precisione e dovizia di particolari, ci ricorda come stanno le cose per l’ “affaire Eternit” quindi per il comparto amianto e, soprattutto, per tutte le lavorazioni di morte che ci hanno afflitto duramente negli ultimi cento anni in nome di uno sviluppo “sempre e comunque” mal concepito e ancor peggio realizzato. Tutto da leggere e meditare. 

 

Flagello amianto: “più sorveglianza, più sanzioni e interpretazione autentica del codice penale”  (1)

La storia della giurisprudenza sulle responsabilità per l’esposizione dei lavoratori all’amianto è un viaggio nella storia industriale non solo italiana, quando in nome del profitto la malattia (quando non è la morte) del lavoratore è appena un incidente di percorso. Sembra esserci ora, dalle ultime pronunce di condanna dal 2022 ad oggi, una ripresa giurisprudenziale- nel riconoscere responsabilità alle condotte omissive dei vari responsabili della gestione delle aziende. A frenare i giudici, negli anni passati, sono state le difficoltà a individuare i tempi di insorgenza della malattia. Per contrastare le morti sul lavoro occorre interpretare autenticamente il codice penale che questo reato lo contrasta, aumentando sorveglianza e sanzioni

 

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Non tocca certo a me dire che il processo Eternit bis costituisce “una pietra miliare sulla strada per i diritti”, e che “l’Italia è l’unico Paese al mondo in cui si fanno cause come queste”. Mi pongo, invece, alcune domande. Ecco la prima: stiamo assistendo allo sviluppo di una nuova tendenza nella giurisprudenza dei Tribunali e delle Corti d’Appello in tema di tumori professionali? Il fatto è che, su questo fronte (e, segnatamente, a proposito dei tumori asbesto-correlati), la Sezione Quarta della Corte di Cassazione – dopo aver confermato per oltre vent’anni una condanna dopo l’altra – dal 2016 non è stata più così implacabile. E non perché fosse in discussione il nesso amianto-mesotelioma, ma perché nella comunità scientifica non si sarebbe formato un sufficiente consenso con riguardo al c.d. effetto acceleratore delle esposizioni successive a quelle che hanno determinato l’insorgenza del processo patogenetico. Con una conseguenza: che i soggetti imputati nei procedimenti penali per tumori da amianto hanno spesso gestito l’azienda incriminata solo per una parte del periodo in cui i lavoratori colpiti da tumore sono stati esposti all’agente cancerogeno presso quell’azienda. Ecco quindi che, a propria discolpa, gli imputati sostengono che non è conosciuta la data di effettiva insorgenza delle patologieE perciò, non essendo accertata la data di effettiva insorgenza delle patologie, le morti non potrebbero attribuirsi ad essi. Di qui numerose, conformi sentenze della Sezione Quarta che non affermano la responsabilità di aziende situate in diversi parti del nostro Paese: ad esempio, uno stabilimento industriale per morti e malattie patite da ventisette lavoratori; un’industria meccanica-elettromeccanica per trentaquattro dipendenti deceduti trentatré per mesotelioma pleurico e uno per adenocarcinoma polmonare; uno stabilimento petrolchimico per lavoratori deceduti per mesotelioma o tumore polmonare; un’acciaieria per sedici lavoratori esposti a una miscela di elementi dannosi per la salute costituita da acidi tossici, apirolo, diossina, amianto, polveri sottili e sottilissime, carbone, silice, ferro, Ipa, metalli pesanti, solidi e inerti, PCB, mercurio, anidride carbonica e fibrosanti e altri quindici esposti ad amianto con un ulteriore risultato: quello di produrre smarrimento tra i Pubblici Ministeri e i Giudici di merito.

Tra il 2022 e il 2023, tuttavia, hanno destato interesse, in particolare, sei pronunce di condanna che sembrano segnare una ripresa giurisprudenziale: Tribunale di Avellino 28 gennaio 2022; Tribunale di Palermo 12 aprile 2022; Corte d’Appello di Venezia 21 giugno 2022; Corte d’Assise di Napoli 22 giugno 2022; Corte d’Appello di Torino 2 maggio 2023; e ora appunto Corte d’Assise di Novara 7 giugno 2023. Una ripresa giurisprudenziale che a ben vedere si sviluppa sull’onda delle sentenze emesse in materia da un’altra Sezione della Cassazione, la Sezione Terza, ove si affaccia un orientamento contrastante con le attuali impostazioni della Sezione Quarta e, invece, coerenti piuttosto con la giurisprudenza della stessa Sezione Quarta dei precedenti vent’anni. Quella giurisprudenza secondo cui la colpa per le morti da amianto deve essere attribuita egualmente alle condotte omissive dei vari responsabili della gestione aziendale susseguitisi nel tempo, anche se per una parte soltanto del periodo di esposizione delle vittime, in quanto tali condotte riducono i tempi di latenza della malattia nel caso di patologie già insorte, oppure ne accelerano i tempi di insorgenza nel caso di patologie insorte successivamente.

Ecco, quindi, una seconda domanda: sino a quando dovremo assistere al fenomeno di due Cassazioni a proposito dei morti per tumori professionali? Ecco perché mi fa sperare un’iniziativa del tipo prospettato dalla Legge 10 maggio 2023 n. 53, istitutiva di una Commissione parlamentare di inchiesta sugli illeciti ambientali oltre che agroalimentari. Mi riferisco all’art. 1, comma 1, lettera h), che attribuisce alla Commissione anche il compito di verificare l’eventuale sussistenza di attività illecite relative alla gestione e allo smaltimento dei materiali contenenti amianto, nonché il rispetto della normativa vigente e le eventuali inadempienze da parte di soggetti pubblici e privati. Il fatto è che non si è ancora rimarginata la ferita aperta dalla disattenzione in cui è caduta la proposta di legge elaborata dalla Commissione di studio sulla riforma della normativa sull’amianto creata con D.M. 30 aprile 2019 n. 114 e avente per oggetto modifiche alle norme dettate dalla Legge 27 marzo 1992 n. 257 in tema di cessazione dell’impiego dell’amianto.

L’occasione è quanto mai propizia per porre sul tappeto alcuni dei problemi che a tutt’oggi stanno frenando la tutela delle popolazioni contro l’esposizione all’amianto. Purtroppo, non pochi dei meccanismi previsti dalle norme vigenti sono rimasti concretamente inutilizzati: sia per il rinvio a decreti ministeriali non sempre poi tempestivamente emanati, sia per la laboriosità di determinati adempimenti, sia per l’inerzia di alcuni degli organismi deputati alla realizzazione di tali adempimenti, sia per la debolezza dell’apparato sanzionatorio. Non senza contare che nel frattempo si è ulteriormente sviluppato il sapere in materia. Si pensi alla fibra anfibolica di fluoro-edenite, presente in Italia sul territorio del Comune di Biancavilla, riconosciuta dalla comunità scientifica quale causa di mesotelioma attraverso una serie di meccanismi patogenetici analoghi a quelli delle fibre d’amianto.

Si affaccia, in particolare, l’esigenza di irrobustire il regime sanzionatorio. Fa spicco, in proposito, la palese inadeguatezza dell’apparato sanzionatorio allestito a salvaguardia del divieto di estrazione, importazione, esportazione, commercializzazione di amianto, di prodotti di amianto o di prodotti contenenti amianto: una mera ammenda. Ben più efficace sarebbe la pena della reclusione e della multa, magari con previsione di un’apposita circostanza aggravante per l’ipotesi in cui datori di lavoro, dirigenti, preposti, abbiano in uno o più soggetti contribuito a determinare o ad anticipare l’insorgenza di un mesotelioma.

Allarmano poi i comportamenti tesi a depotenziare il sistema di sorveglianza epidemiologica delle patologie da amianto in Italia, sia attraverso il mancato supporto alle attività connesse alla registrazione dei mesoteliomi in alcune Regioni italiane, sia attraverso la mancata notifica all’Autorità Giudiziaria dei casi di patologia asbesto correlata, certi o sospetti. Pressante è l’esigenza di andare in tutto il Paese alla ricerca dei tumori asbesto correlati, e di evitare che restino sepolti negli archivi dei comuni e degli ospedali. Lo scopo è quello di celebrare i processi penali a carico dei responsabili e di far risarcire le vittime e i loro congiunti, ma anche quello di scoprire luoghi insospettati e insospettabili di esposizione a rischi di cancro. In questa prospettiva, appare indispensabile stabilire obblighi di comunicazione dei casi di patologie asbesto-correlate (ma in generale di tumori di sospetta origine professionale) che disancorino l’osservanza di tali obblighi da controproducenti discrezionalità e che siano assistiti da un adeguato regime sanzionatorio.

E poi i processi penali sull’amianto celebrati in questi anni hanno aperto gli occhi. Hanno fatto capire che i rischi ambientali non possono essere confinati dentro le mura delle fabbriche, ma possono espandersi in danno dell’intera comunità. Sino ad assumere le dimensioni del disastro ambientale: e, cioè, di un disastro che – a differenza di un evento come l’improvvisa piena di un torrente – può prolungarsi nel tempo per anni e anni. Non possiamo, non dobbiamo interessarci soltanto dei luoghi di lavoro. Dobbiamo occuparci anche degli ambienti di vita. Dobbiamo tutelare anche la sicurezza e la salute dei cittadini. E a questo scopo s’impone un’interpretazione autentica di norme del codice penale quali gli articoli 434, 449 e 452-quater, onde chiarire che, ai fini del decorso del termine di prescrizione del reato, il disastro ambientale s’intende consumato sino a che non ne cessino gli effetti lesivi o pericolosi per l’ambiente o per le persone, e non — come ha sostenuto la Corte di Cassazione nel primo processo Eternit — solo sino al momento in cui hanno fine le immissioni delle polveri e dei residui della lavorazione dell’amianto.

 

.1. https://italialibera.online/opinioni-commenti/flagello-amianto-e-giustizia-piu-sorveglianza-piu-sanzioni-e-linterpretazione-autentica-del-codice-penale/

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