Raimon Pannikar e il gattone colorato

Era d’agosto e nella sua calura lussureggiante Raimon Panikkar si allontanò dal sentiero visibile, per inoltrarsi in quello che per lui invisibile certo non era.

Le mancanze hanno qualcosa di paradossale, appena qualcuno non c’è più ci assale il vuoto della sua presenza, quella fame quotidiana che l’altro sazia diventa insaziabile, il nostro mondo diviene muto.

Ma poi pare che la mancanza, come un animale feroce sazio del suo pasto, si acquieta, l’altro pare si faccia più lontano, le parole che abbiamo continuato a dirci si fanno sempre più silenziose e a volte non riusciamo nemmeno più a rammentare il volto, quella ruga sottile e quel sorriso che ci facevano stare bene si sono sbiaditi, come una vecchia fotografia arsa dal tempo.

Ma paradossalmente, pur essendo così, anche non è così.

Quella mancanza non si è allontanata, ma si è fatta talmente vicina da essere diventata parte di noi, come una pianta parassita si è insinuata in tutte le nostre pieghe, nei nostri pensieri, nelle nostre quotidiane azioni. Qualche volta infatti ci ritroviamo in quella posa dell’altro che è diventata la nostra.

L’eternità è forse proprio questo.  Un accumularci l’uno sull’altro, pietra su pietra, dopo che si è salita la montagna e la nostra ultima pietra è stata sistemata, pronta per quella prossima dell’altro.

Ma c’è ancora una cosa che mi sconcerta nel rammemorare chi tanto ci ha dato e che oggi non c’è più.

Quel tanto che aveva dato, quel pensiero che ci aveva nutrito e trasformato, ora che è diventato noi, ci ha riportato al nostro compito.

Grazie all’altro la nostra coscienza si è allargata, il nostro orizzonte si è fatto più ampio, ma adesso?

Tocca rimetterci in cammino, tocca nuovamente a me aprire il passo nella giungla del Mistero della Vita, tocca nuovamente a me trovare quel che dentro ha nuove domande, il Maestro mi ha lasciata dicendomi ben chiaro: “E’ bene che io vada “.

Ecco perchè non esiste quiete nell’anima del mondo, la sua continua trasformazione, quell’incessante battito che ci vuole danzatori ha bisogno di noi per trovare la via migliore, quella buona per oggi che , se buona oggi con l’esperienza dell’ieri, farà buono anche il domani.

Quello che ho imparato dai tanti Maestri, dopo avermi riempita, mi ha svuotata nuovamente. La loro mano ha nuovamente lasciata sola la mia, in una solitudine più intensa, ma ancora bisognosa. Non finirà mai questa nostra sete della sorgente e anche se il cammino è sempre verso lei l’insegnamento è la capacità di accettare la sua mancanza.

“Chiari nel bosco”, scriveva Maria Zambrano, ed è così bella questa immagine della nostra vita, sapere di non sapere.

Questa notte ho fatto un sogno. Un bellissimo animale selvatico, una specie di gattone,  era arrivato sino a me, il suo pelo pieno era striato di tanti intensi colori: giallo, azzurro, rosso, bianco, blu. Io desideravo accarezzarlo e lentamente ho allungato la mano e lui si è fatto ancora più vicino, lasciandosi dolcemente accarezzare. Ci stavamo fidando a vicenda. Provavo una gioia infinita, ero felice e continuavo in queste carezze che sentivo piacere all’animale e a me.

Poi improvvisamente, mentre dicevo ad una donna lì vicino, la bellezza di quello che stava succedendo, lei con uno scatto violento ha voluto prendere l’animale  che, naturalmente, con un grande balzo è fuggito lontano, lasciandomi un dolore grande, chesi rinnova anche ora che sto scrivendo.

Ecco, mi piace pensare che questo sia immagine di quello che è stato il lavoro di una vita di Panikkar, la sua grande eredità: il dialogo tra culture, fedi, tradizioni e religioni. Un dialogo necessario ma assai fragile, da costruire passo dopo passo, con passione, tenacia, dedizione e amore.

Come il bel gattone del mio sogno c’è bisogno di addomesticarci entrambi, è mutua la fecondazione e possibile solo se non useremo arroganza e violenza, se sapremo accettare il totalmente altro, se sapremo stare insieme nelle differenze poco a poco la nostra pelle si farà di più colori, le nostre lingue si comprenderennno in silenzio, le nostre menti non penseranno a creare armi ma nuovi luoghi ove vivere in una pace ogni giorno da fare più umana.

P.S. e se il gattone fosse stato Raimundo che rammentava il suo lascito e il nostro lavoro? !!!

di Patrizia Gioia

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